Mancanza di fame e mancanza di amore


Questo mese parlerò di un problema che mi sta molto a cuore, perché colpisce nel 90% dei casi proprio noi donne. Si tratta del cattivo rapporto con il cibo.

Cogliamo così l’occasione per parlare e discutere dei problemi alimentari, dato che il 15 marzo è stata la prima Giornata Nazionale del “Fiocchetto Lilla”, a Genova. Nella stessa giornata sono state organizzate tante iniziative, in tutta Italia, per la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sul problema dei Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA), promossa dall’associazione “Mi Nutro di Vita”, il cui presidente è Stefano Tavilla, padre di Giulia, una ragazza di soli 17 anni morta l’anno scorso per bulimia. La vice presidente è Ilaria Caprioglio, ex modella e scrittrice, caduta anche lei da giovane nell’anoressia, che avverte che i DCA sono diventati una sorta di epidemia sociale: in Italia rappresentano la prima causa di morte fra le giovani di età compresa fra i 12 e i 25 anni e ne sono colpite circa 200mila donne.

Vediamo quindi cosa sono i Disturbi del Comportamento Alimentare. Di solito si suddividono in anoressia nervosa; bulimia nervosa; disturbo da alimentazione incontrollata, che consiste in abbuffate di cibo senza però le conseguenze tipiche della bulimia, che dopo vedremo. Poi obesità e picacismo, caratterizzato dall’ingestione continuata nel tempo di sostanze non nutritive (terra, sabbia, carta..).

Ma ce ne sono altre, generate e alimentate da paure incontrollabili. Come la fagofobia, causata dalla paura di deglutire. La ortoressia, dovuta a una paura, quasi maniacale, di ingrassare o di non essere in perfetta salute, che porta a una forma di controllo esagerato per le regole alimentari e quindi nella scelta dei cibi. Poi esiste l’emetofobia, una paura ingiustificata di vomitare o di vedere persone rimettere, con la conseguenza di studiare scrupolosamente quello che si mangia, e  con ossessioni per l’igiene. Per tutti questi tipi di paura, si inizia a mangiare sempre di meno e a non saper più vivere con felicità i pasti.

Le forme più diffuse di DCA tra le ragazze, come tutti sappiamo, sono le prime due elencate. L’anoressia è una perdita di appetito e quindi di peso, accompagnata da una percezione di vedersi comunque grasse. È una drammatica ricerca della magrezza, dove vengono messe in atto strategie per rifiutare il cibo o nutrirsi solo di alimenti selezionati.  La bulimia è caratterizzata, invece, da grandi abbuffate di cibo, seguite poi dall’eliminazione totale attraverso il vomito indotto. Questi momenti sono alternati, poi, da periodi di digiuno e/o eccesso di attività fisica, oppure assunzioni di lassativi, per ripotare il peso al valore ideale stabilito dalle ragazze.

I fattori che predispongono, scatenano e mantengono i disturbi alimentari sono di vario tipo, tra cui generalmente, si dice, la mancanza di autostima associata ad un perfezionismo esasperato della propria immagine e del proprio peso. Che spinge a sottoporsi a continue diete estremamente restrittive, non equilibrate.

Uno dei luoghi comuni tipici è dare la colpa a modelli femminili proposti dalla tv. Questo può essere uno dei fattori ma, a mio parere personale, secondario. Per questo sarebbe interessante andare un poco più a fondo delle solite risposte. La domanda che mi pongo è: perché una ragazza con una bassa autostima arriva ad avere questa brutta relazione con il cibo? Come si scatenano realmente l’anoressia e la bulimia? Qual è l’origine?

Ho trovato una risposta interessante nella rivista “”Psicologia contemporanea” di Anna Oliverio Ferraris, di cui vorrei parlare perché conferma l’idea che io mi sono fatta in base alla mia piccolissima esperienza personale, fatta di paure, di persone che soffrono di anoressia e bulimia, di letture.

Quello che credo sia all’origine di queste problematiche sempre, o nella maggior parte dei casi, è una mancanza di amore. O meglio, un forte bisogno di amore. Un forte bisogno di essere visti, e amati per quello che si è. Con i propri pregi e limiti.

Sono tantissimi gli studi (per esempio Delogu, Tortolani e Zavattini 2003, come riporta la rivista) a dimostrare che i disturbi alimentari sono causati da una mancanza di sintonizzazione emotiva tra genitori e figli.

Vorrei quindi entrare proprio nello specifico, riportando la teoria di “Psicologia contemporanea”.

Di solito le ragazze anoressiche hanno un padre assente, e una madre emotivamente distante, che spinge la figlia verso una precoce autonomia e indipendenza affettiva, senza soddisfare i bisogni di cura e di accudimento di cui ha bisogno. Spiegano Ester D’Onofrio, Viviana Guerriero, Giulio Cesare Zavattini, gli autori dell’articolo “Ossessione del cibo”.  Cosa succede così?
Accade che la ragazza cercherà a tutti i costi di essere autosufficiente, minimizzando i suoi bisogni naturali di accudimento, di affetto, di attaccamento. E nascondendo quindi, invece, un forte bisogno di dipendenza.

Essendoci un rapporto distanziante tra genitori e figli, in quest’ultimi risultano carenti le competenze emotive  e le capacità riflessiva. La famiglia infatti è il primo nucleo di amore, o tale dovrebbe essere, in cui un individuo impara ad esprimere le proprie emozioni, a capirle, a distinguerle e dove i genitori trasmettono le modalità riflessive, importanti per poter elaborare quello che si prova.

Se questo importante canale di comunicazione intimo, viene a mancare, può succedere che i figli, non essendo capaci di esprimere e controllare le proprie emozioni, non trovino altra via di espressione, se non il corpo. E allora diviene proprio questo lo strumento di potere, che crea nella mente della ragazza la sensazione di poter sostituire la sofferenza e le emozioni negative, o una situazione non controllabile, con un’altra da lei invece controllabile. Ovvero il sintomo alimentare. Così l’atto nutritivo diviene una manifestazione di autoregolazione. Ma dietro si cela il desiderio di rimanere una bambina bisognosa di cure e di affetto.

E, infatti, è così che forse può finalmente essere vista e amata dagli altri. Soprattutto dai suoi genitori che, vedendola sempre più magra, cercheranno di starle accanto più che possono.

La ragazza bulimica invece di solito ha una madre assorbita dalle proprie preoccupazioni, che spesso riversa sulla figlia. La quale, anche lei, non sente soddisfatti i propri bisogni. Non si sente vista, amata, accudita. Non riesce a differenziare le proprie emozioni, da quelle della madre, e non riesce ad esprimerle.
Infatti, sono ragazze che di solito parlano poco delle proprie emozioni con gli altri. Così, anche in questo caso il corpo diviene l’unico strumento di espressione. Mangiare di tutto e di più, assume l’equivalenza di provare tante emozioni tutte insieme, che, sapendole controllare, vengono eliminate tutte in una volta attraverso il vomito. Questo, dicono gli autori.

Per avere un altro riscontro, ho chiesto alla psicologa Susanna Murray, che tiene anche un’interessante blog “Io mi piaccio”, se è vero che nelle famiglie si trova sempre la causa determinante dei problemi alimentari . La dottoressa ha specificato che non esiste “la” causa, perché ogni storia è a sé. Che non serve trovare dei colpevoli, poiché talvolta nemmeno esistono. Ma ciò che va invece fatto è una ricerca sul presente, su cosa rappresenta per noi il cibo, il corpo, quale sia la nostra identità e lavorare per imparare ad ascoltare i nostri desideri autentici e le nostre emozioni.

Così il mio pensiero oggi va alle famiglie e ai loro figli che hanno vissuto o vivono con questi problemi.

Io credo che la guarigione si possa trovare nell’amore e nell’instaurazione di una comunicazione autentica, intima, tra genitori e figli. O comunque con le persone che davvero ci vogliono bene. Perché è l’amore che fa venire voglia di mangiare. Che vince tutte le paure. Che libera dal pensiero malato di voler essere perfetti. Forti. Indipendenti da tutti.

Essere amati per quello che si è e amare gli altri per quello che sono è il più regalo da dare e da ricevere.

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