Il gol di Mahmoud Sarsak


Venticinque anni fa nasce a Rafah, villaggio situato nella parte meridionale della Striscia di Gaza, Mahmoud Sarsak. Sin da bambino mostra una grandissima passione per il gioco del calcio e, notato dagli osservatori della squadra locale, il Rafah Sport Club, inizia la sua carriera di calciatore diventando ben presto la stella del club. In pochi anni, anche grazie ai numerosi gol segnati, si guadagna la maglia da centravanti titolare nella nazionale palestinese.

Il suo status privilegiato di sportivo ad alti livelli gli consente, a differenza dei suoi amici con cui giocava in strada da piccolo, di uscire dalla Striscia di Gaza e quindi poter viaggiare tra Egitto, Qatar, Iraq e Norvegia, dopo all’età di 17 anni partecipa a un torneo giovanile.

Il 22 luglio 2009 tutto cambia: Mahmoud viene arrestato dalle autorità israeliane mentre stava si apprestando ad attraversare il valico di Erez (che consente l’entrata a Gaza dall’Egitto). L’accusa è di essere un combattente illegale jihadista e per questo viene sottoposto al regime di detenzione amministrativa, pratica per cui è lecito incarcerare chiunque sia sospettato di costituire una minaccia per Israele senza la necessità di fornire alcuna prova. Il provvedimento può essere reiterato all’infinito dal Ministero della Difesa israeliano. A Mahmoud viene rinnovato per sei volte, per un totale di tre anni di prigionia.

Al momento del sesto rinnovo lo scorso 19 marzo il calciatore palestinese ha cominciato lo sciopero della fame che è durato ben 92 giorni. Durante questo periodo Mahmoud ha perso 30 kg e i suoi organi hanno subito danni irreversibili che non gli permetteranno più di tornare all’attività agonistica.

Lo scorso 3 giugno, con gli Europei alle porte, Sarsak ha lanciato un appello e il mondo del calcio, o almeno una parte di esso, ha risposto: hanno chiesto la sua immediata liberazione il sindacato internazionale dei calciatori professionisti FIFPro e il presidente della FIFA Blatter, che ha inviato una lettera ufficiale ai vertici del calcio israeliano. A loro si sono aggiunti alcuni giocatori spagnoli (Gurpegui, Parades, Lopez e Puñal) che hanno scritto una lettera aperta sul Diario de Navarra. Si è mobilitato anche Eric Cantona, che insieme al regista Ken Loach e al linguista Noam Chomsky si è rivolto alle autorità britanniche e alla Uefa.

Il 14 giugno Amnesty International chiede che Mahmoud venga trasferito in ospedale o rilasciato viste le sue precarie condizioni riguardo alle quali aveva espresso preoccupazione anche Anat Litvin, portavoce dell’organizzazione dei medici israeliani in difesa dei diritti umani. Nello stesso momento la Palestinian Football Federation (PFF) chiede alla UEFA di vietare alla nazionale israeliana di partecipare agli Europei Under 21. La richiesta viene però bocciata dal presidente Platini, appoggiato nella sua scelta da Blatter e Jacques Rogge, presidente del Comitato Olimpico Internazionale.

Ma ormai il caso di Sarsak aveva acquisito grande visibilità a livello mediatico e le autorità israeliane sono state costrette ad “arrendersi”: il 10 luglio scorso il calciatore palestinese è stato rilasciato e subito trasferito all’Ospedale di Shifa di Gaza City dove ha potuto riabbracciare la madre. Ad accogliere successivamente Sarsak al valico di Erez centinaia di persone che lo hanno definito “il miglior calciatore del mondo”.

Tante dunque le voci che si sono unite nell’appello per la liberazione di Mahmoud, ma anche un silenzio assordante, quello della nazionale italiana, che ha perso la grande occasione di schierare i propri giocatori per la partita della vita e della libertà giocata in questi mesi da Sarsak. Una partita in cui l’attaccante palestinese ha segnato il suo gol più importante.

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