Alta cucina: rinnovamento e tradizione


Antonio 23 anni da poco diplomato all’ “ALMA, Scuola Internazionale di Cucina Italiana”; secondo lei oggi il ruolo e l’immagine sociale del cuoco sono cambiati rispetto al passato?

Allora, sicuramente oggi l’idea del cuoco in Italia si sta evolvendo e si sta strutturando su quella che è la linea guida internazionale di stampo francese; la Francia è stata la prima in Europa, probabilmente la prima al mondo, a sviluppare l’alta cucina, che è arrivata in Italia intorno agli anni 80, tramite Marchesi, e sta finalmente prendendo piede. Oggi non abbiamo più l’idea del cuoco da trattoria vestito in maniera un po’ raffazzonata che fa i 4 piatti che gli ha insegnato la mamma o che ha imparato dal precedente chef. Oggi la cucina è ricercata, studiata, rinnovata nel tempo. Il cuoco è uno scienziato a tutti gli effetti. Se vogliamo parlare di una persona che fa la trattoria o la pizzeria è un altro discorso. Per quel che riguarda il vero cuoco, oggi l’idea è cambiata e si è sviluppata in maniera differente. Come ho già detto è uno studioso, cerca metodo, tecnologia, struttura, ma soprattutto cerca di rinnovare la nostra altissima e grandissima storia culinaria invidiata tutto il mondo. Ma come tutte le cose va sviluppata e questo, in Italia, ancora non è ben chiaro. L’italiano “medio” vuole la cucina casalinga, mentre quando si va al ristorante, secondo me, si dovrebbe cercare qualcosa di diverso, di innovativo, tecnologico, chiamiamolo geniale se vuoi, che in casa non puoi trovare. questo è quello che si dovrebbe fare con la nostra tradizione e che l’italiano “medio” dovrebbe cercare. Il problema maggiore resta il prezzo; sfortunatamente se vogliamo qualcosa di innovativo ci vuole uno studio, una ricerca, ci vuole tempo e dei materiali che hanno un costo. In questi tempi di crisi non tutti possono andare al ristorante di alto livello e spendere 250 euro per mangiare; bisognerebbe trovare un giusto equilibrio, un buon rapporto qualità\prezzo, o meglio ricerca\prezzo, chiamiamolo così, è più giusto, perché credo che la qualità debba esserci comunque; dove si possa mangiare qualcosa di ricercato senza spendere una follia.

Parliamo di alta cucina, oggi la strada da seguire è il fusion, la riscoperta delle tradizioni o l’innovazione anche tecnologica?

Allora, la cucina è come la moda, va per periodi, per intuizioni, per mode appunto. La cucina fusion è stata una moda che andava un po’ di ani fa, io non l’ho vissuta perché sono troppo giovane; come è stata una moda la cucina molecolare e come adesso va la cucina nordica, norvegese, con la scoperta di muschi e licheni che tra qualche mese uscirà anche in Italia. Quindi dobbiamo separare la moda e la cucina di tutti i giorni. Diciamo che in Italia la cucina quotidiana è quella casalinga, che può sicuramente essere rinnovata. Tu parlavi di riscoperta delle tradizioni, questa è una cosa che dobbiamo sfruttare di più. L’Italia ha una cucina regionale tradizionale vastissima che  va rinnovata, studiata e rivista in chiave moderna, mi spiego: oggi come oggi non abbiamo più bisogno della tagliatella ipercalorica che faceva la nonna perché il marito andava a lavorare in miniera e bruciava 4000 kcal al giorno, quindi con  4 dita d’olio, strutto, grasso. Adesso facciamo vite molto più sedentarie, dobbiamo rivedere i nostri piatti: fare una tagliatella sempre buona, con un ragù tradizionale ma non più così grasso; una bistecca cotta bene, non la classica 4 formaggi stracotta alla brace. Un cuoco deve conoscere la cottura della carne,  la coagulazione delle proteine, un minimo di chimica, cosa sta facendo e perché avviene. Questa è  la base, quello su cui dobbiamo concentrarci in questo momento in Italia: sviluppare e ricercare la nostra cucina tradizionale. Tutto ciò si ricollega all’innovazione tecnologica, allo studio della cucina. non pensiamo alla tecnologia come alla cucina molecolare, a forni incredibili o cose del genere. Mi ricordo una frase che ho sentito all’ALMA da uno chef che ha detto: “ Io mi vergognerei a sentirmi dire da un cliente: ho mangiato un fantastico agnello, si sentiva che era cotto a bassa temperatura e la cottura era precisa”. Mi vergognerei anche io se un cliente si accorgesse dei miei metodi di cottura, io vorrei che apprezzasse la qualità del prodotto, la sua storicità senza sapere tutte le tecniche che ci sono dietro. La tecnica oggi è obbligatoria; non si può più andare alla ricerca per tentativi, sperando di ottenere più o meno sempre lo stesso risultato. Dobbiamo riscoprire la tradizione in chiave moderna, quindi con l’aiuto della tecnologia.

In questo periodo molti cuochi sono diventate vere e proprie star. Oggi per far funzionare un buon ristorante basta la cucina? Che ruolo riveste l’immagine nel suo lavoro?

Nell’immaginario collettivo, alta cucina significa: piatti  strani, complicati, poco conosciuti e di alta qualità; con i tempi che corrono, con la crisi, la pubblicità è un elemento necessario; il fatto che i cuochi adesso vengano visti come star è un effetto contingente: bisogna pubblicizzare il prodotto e il ristorante. Farsi conoscere per far capire cosa si fa, se la gente vede  gli chef come dei poeti, dei profeti, dei miti o delle leggende perché fanno cose che normalmente non ci si sognerebbe mai di fare, questo secondo me è un “di più”. Al di la di questi miti, queste star, ci sono lavoratori incredibili, questo si, è da mitizzare: chi fa alta cucina spesso lavora, come minimo, 14 ore al giorno, è gente che si spacca la schiena, che non ha paura di bruciarsi sabati, domeniche, feste, capodanni. Oggi di persone che hanno voglia di lavorare così tanto ce ne sono poche. Pubblicizzare il ristorante, far vedere come lavora, prima del cuoco, per far conoscere l’alta cucina, è questo che crea il mito. Il sig. Marchesi è diventato una leggenda perché è stato il primo a introdurre l’alta cucina in Italia, lui è una vera leggenda. Tutti questi programmi che stanno andando di moda con personaggi internazionali servono per farsi pubblicità, esasperando un po’ il mondo dei ristoranti. Non che sia molto differente, il clima della cucina è molto particolare, c’è un livello di tensione abbastanza alto. Secondo me la pubblicità serve per far vedere il ristorante, non il cuoco, poi che  sia bravo è un altro discorso. Forse non bisognerebbe puntare tanto sulla sua immagine, ma mostrare quello che fa; è la sua cucina che rende il cuoco importante, non l’atteggiamento, il fatto che si mette a urlare davanti alla gente, quello è un effetto collaterale, succede, però non ci si fa neanche caso.    

Com’è oggi il mercato del lavoro nell’ambito della ristorazione?  La congiuntura economica ha influito o si trova ancora lavoro? 

Il mercato della ristorazione in Italia fortunatamente è ancora funzionante; da noi la cucina è storia,   si è formata in 1700 anni, è diventata parte di noi, è un settore importante. In più c’è da dire che in questo mestiere ci sono tante ore da fare, è molto faticoso, farsi una famiglia è difficile, il tempo libero è limitato,  le feste lasciamo perdere. C’è poca gente che vuole lavorare nel nostro campo; inoltre si sta sempre di più cercando qualità e personale formato, che ha studiato, per cui questi tre fattori fanno si che in Italia sia un settore ancora sfruttabile ed espandibile. Per fare questo mestiere sono convinto si debba avere una grande passione, debba piacere a livelli inumani, si deve essere innamorati del proprio lavoro. Tutto il resto deve venire dopo, se questo sia giusto o sbagliato non lo so, in questo momento se devo scegliere tra la famiglia e il lavoro, devo dar retta al secondo; spostarmi, girare, se si ama quello che si fa non pesa, se invece si vuole dare importanza alla famiglia, agli amici, ai divertimenti, è meglio lasciare perdere, non fa per te.   

Per concludere: quali sono i suoi progetti professionali per il futuro?

Come neo-diplomato, quindi nuovo nel settore, anche se sono 2 anni che vivo questa realtà che mi affascina, mi aspettano 5 anni di gavetta: il progetto è girare l’Italia per almeno due anni e fare gli altri 3 all’estero. Poi inizierò a cercare di sviluppare una mia idea professionale. Ora devo guardare un po’ quello che propone il mercato, trovare chef di alto livello che mi facciano vedere come lavorano, come si sviluppano e come crescono. Dopo aver visto tante facce, tanti metodi e tante strutture lavorative diverse potrò avere una mia idea, una mia opinione su questo mondo e creare uno stile personale, un mio modo di fare, una mia linea di piatti e un modus operandi, questo è tutto. Questo lavoro è esperienza e non si smette mai di imparare, neanche a 90 anni.

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