Memoria


Specie quando un anno volge al termine e un altro si appresta a succedergli, capita di trascorrere un pomeriggio di nebbia a domandarsi: quo vadis?

Mentre alla radio si collezionano i buoni propositi degli ascoltatori e sui social si recitano interminabili litanie di desideri ai quali dovrebbe provvedere un Babbo Natale qualsiasi, nel silenzio del mio io questo interrogativo continua a picconare.

Subdola e viscida, l’ansia suona al citofono, accompagnata dalla pesantezza di stomaco. Come gli spettri del Natale di dickensiana memoria, il tintinnio delle catene fa scorrere lungo la schiena i brividi delle rate da pagare, degli esami da passare, del lavoro da trovare, dei chili da smaltire e dei rapporti da curare. Il tutto condito dalla televisione che propone solo melensi cartoni Disney.

E sprofondando lo sguardo nella nebbia fuori dalla finestra e i calzini nelle pantofole, sospiro al desiderio di trovarmi davanti ad un bombardino in uno chalet ai piedi di una seggiovia, con gli scarponi da sci che mi fanno camminare come i robot di Guerre Stellari. Afferro al volo un paio di sci e lascio ansia del futuro e pesantezza di stomaco a trastullarsi col fondo del mio bombardino.

Salgo sulla funivia dei ricordi con i suoi fili che puntano dritti verso il cielo, ma si perdono nel grigio di una nuvola. Mentre la funivia si mette in moto, mi affaccio dal finestrino e vedo una casetta di campagna e tanti parenti seduti ad una lunga tavola. Sento il profumo delle rosole e del moscato, il suono dei sorrisi e dei canti in gregoriano. Alle pareti ci sono le foto del mare, della sabbia e di una piscina in giardino.

La casetta di campagna diventa sempre più piccola mentre la funivia si alza e ammiro i paesaggi di montagna, le vette conquistate e le marce sotto ai temporali, il profumo degli abeti e il ruvido del granito. Il sole che sorge dalla neve illumina il sorriso degli amici, mentre la musica delle parole di uno di loro scandisce: «Sono momenti che rendono una vita degna di essere vissuta».

Mentre la funivia sale vedo le luci della città, le tante persone che vedi una volta e non rincontrerai mai più, la fretta e la disattenzione. E mentre cerco negli sguardi dei passanti un viso amico, ecco che la funivia entra nella nuvola.

Ci sono cassetti che avevo chiuso a chiave , nella speranza di non doverli riaprire mai. Sento la delusione dei giorni persi, l’amarezza dei fallimenti, l’invidia per i successi altrui e l’ambizione di riscattarsi. Ci sono gli amici che non ho più avuto il coraggio di chiamare e le persone con le quali hai trascorso un pezzo di strada prima di ci rendessimo conto che non si è fatti per stare insieme. Ci sono i giorni trascorsi nel letto con la febbre e le malattie delle persone a cui vuoi bene ma per le quali non puoi fare niente. C’è perfino il baule con tutti i buoni propositi che non hai mai realizzato.

Vorrei non essere mai salito sulla funivia, anche se mi ha fatto vedere tante cose che credevo di aver dimenticato. E proprio quando la nuvola grigia si insinua anche negli alveoli dei miei polmoni, ecco che la luce de sole spalanca le mie pupille e mi acceca. Porto un braccio sopra gli occhi e scendo dalla funivia.

Sulla cima c’è proprio quello che ti aspetti. E cioè: niente. Un niente tutto bianco come la distesa di neve che si spalanca sotto ai tuoi piedi. Un niente come l’assenza di nuvole da un cielo di un azzurro più intenso di quello della pianura. Un niente come il mare di nuvole che riempiono le valli dal quale affiorano i denti delle cime innevate. Un niente di luce accecante del sole, che non è gialla e neppure azzurra, ma solo bianca, e che proietta l’ombra della croce alle tue spalle a fianco dalla tua.

Il domani è come quella cima: bianca, vuota, pura e accecante da quanto è illuminata.

Me ne sono reso conto solo grazie a quella funivia che si chiama memoria.

E ora che ho capito posso rimettermi gli sci ai piedi e tornare a valle.

E non ho paura di passare per le nuvole e per il grigio.

E non ho il timore di non trovare le cose come le ho lasciate.

Perché so che in una casetta giù a valle c’è qualcuno che ha acceso il fuoco nel camino e ha una sedia anche per me.

Questo mese discorriamo di ricordi, memorie e passato, perché i buoni propositi dell’anno nuovo affondino le radici in un po’ di umiltà e un pizzico di saggezza.

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