Turchia, un ponte tra oriente e occidente


Quando si parla di ponte, ci si riferisce a un oggetto di piccole, medie e grandi dimensioni, che unisce due estremi separati generalmente da un corso d’acqua o da una valle. Non necessariamente questo sostantivo viene usato per un’architettura: è la giusta parola per definire elementi che tendono ad unire.

Nella geografia dell’Europa, la definizione di ponte può essere data all’ odierna Repubblica di Turchia. Il territorio su cui si sviluppa è da sempre luogo di incontri, e talvolta scontri, tra diverse culture: da un lato l’influenza dell’Asia occidentale, caratterizzata in passato da grandi e vasti imperi, come quello Persiano; dall’ altro la cultura occidentale, culla delle civiltà greca, romana e passata attraverso l’avvento del cristianesimo.
Le prime avvisaglie di scontri si riscontrarono tra le Polis greche e l’impero persiano, che all’epoca era molto grande e affamato di territori da conquistare; dal medioevo fu l’avanzata da Oriente della religione islamica a generare feroci battaglie, e allo stesso tempo una fusione tra due culture differenti.
Ai giorni nostri, le battaglie non sono più di natura territoriale, ma sono in atto scontri culturali che vedono anteposti i conservatori islamici da un lato, e dall’ altro una Turchia più laica, che vede nella separazione tra religione e stato una possibilità di crescita.
Per capire le dinamiche dello scontro è utile una panoramica della situazione e storia di questo paese.

Nei primi anni venti del XX secolo, l’Impero Ottomano, che all’epoca dominava la Turchia, perse progressivamente potere, oberato dai grossi debiti nei confronti degli stati europei e dalla sconfitta nella prima guerra mondiale. Quindi, sotto la guida di Ataturk, i Turchi riuscirono a ottenere la totale indipendenza e con la deposizione del sultano venne fondata l’attuale Repubblica di Turchia (1923).

Ataturk fu un lungimirante visionario e grazie alle riforme effettuate sotto il suo governo, che durò fino al 1938, anno della sua morte, trasformò la Turchia in un efficiente stato laico di stampo occidentale, con la separazione netta tra religione e stato. Sue disposizioni furono l’abolizione del velo obbligatorio per le donne – era addirittura proibito indossarlo nelle cerimonie ufficiali – la chiusura delle scuole coraniche e la riforma dell’alfabeto, con l’eliminazione di quello arabo, sostituito da quello latino per scrivere il turco.

Alla morte di Ataturk, i politici che subentrarono non vollero mantenere la direzione di cambiamento da lui inaugurata, e lentamente molte cose legate al passato furono ripristinate.
Arrivando alla storia più recente, da ormai dieci anni lo stato turco è governato dal partito Akp, capeggiato dal primo ministro Erdogan, il quale rema senza esclusione di colpi per una totale islamizzazione della Repubblica, cercando di riportare la situazione al periodo precedente l’avvento di Ataturk; realtà dimostrata anche dai numerosi manifesti sparsi per varie città, sui quali affianco del candidato primo ministro appare il numero 2023, data che potrebbe sancire la scadenza della Turchia laica, a favore della Turchia islamica.

Tra i vari provvedimenti, questi anni di governo Akp hanno ripristinato il velo obbligatorio per la donna, anche nelle rappresentazioni ufficiali, sia politiche che sportive, e hanno portato una riforma della scuola ancora in fase di attuazione che prevederà un probabile riavvicinamento alla scuola coranica di molti studenti, e una distribuzione sempre più efficace di uomini di fiducia all’interno degli organi che dovrebbero tutelare la democrazia del paese.
Non è una novità che la Corte Costituzionale possa infastidire un governo dalle tentazioni autarchiche: è successo nei primi anni di governo del partito Akp, quando questo non rispettava alcune norme costituzionali; per rimediare, Erdogan piazzò una buona dose di suoi fedeli all’interno sia dell’organo garante della Costituzione che del corpo dell’esercito.

Un’ ulteriore conseguenza è l’influenza sui media: le censure si manifestano nei confronti delle immagini via televisiva di alcolici o vizi in genere, per esempio, che vengono sfumate in quanto offensive della religione islamica; multe per canali che trasmettono programmi offensivi all’immagine di Dio o della religione, come “I Simpson”; delle manifestazioni di protesta degli ultimi mesi c’è poca traccia tra i vari TG locali.

Inoltre, è in atto un allontanamento sempre più forte nei confronti dell’occidente e un progressivo avvicinamento alle potenze economiche orientali. Non è un segreto che la Turchia faccia l’occhiolino alla SCO (Shangai Cooperation Organisation), un’iniziativa anti Nato capeggiata da Cina e Russia, sicuramente ben lontana dall’UE.

Le manifestazioni odierne non hanno una stretta relazione con la primavera araba che ha coinvolto larga parte del nord Africa, in quanto la Turchia è un paese più avanzato politicamente ed economicamente. Infatti, va precisato che, sotto la guida dell’attuale governo, il paese ha avuto un forte sviluppo industriale, diventando un appetibile luogo di investimento per i paesi più industrializzati, compresa l’Italia: si consideri che FIAT è uno dei marchi più venduti nel settore automobilistico locale. Parimenti, la Turchia è entrata all’interno del G20, aumentando lo spessore politico relativamente alle altre potenze del mondo.

Certamente, ciò che chiede il popolo sono risposte concrete a una forte richiesta di cambio di direzione.
In piazza non sono scese solo alcune classi sociali: la rivolta si estende in maniera trasversale a tutti i ceti, coinvolgendo intellettuali e operai, fazioni più vicine alla sinistra, ma anche di destra, tutti con la stessa volontà di cambiamento.

Il mio recente viaggio in Turchia è stato accompagnato da un’esperta guida, Bora Aydemir, che vive direttamente e sente molto forti i problemi politici e culturali del suo paese. Oltre ad avermi aiutato alla stesura di questo articolo, segnalandomi siti e articoli di approfondimento, ha gentilmente accettato di rispondere ad alcune mie domande, allo scopo di rendere più chiaro il pensiero di chi in Turchia ci abita.

– Le contestazioni nelle principali piazze turche sono state parecchie negli ultimi mesi. Hanno avuto qualche influenza su opinione pubblica e governo, oppure sono state completamente ignorate?

Senz’altro c’è stata un’influenza positiva sull’opinione pubblica, perché adesso nessuno ha più paura di esprimere il proprio pensiero. Il governo invece non si aspettava una reazione così forte e dopo queste contestazioni si sono verificate gravi ripercussioni, anche nel mondo.

Quale futuro si prevede per la Repubblica di Turchia? Questo “regresso” culturale può pesare sulla crisi, che colpisce ormai tutti i paese industrializzati?

Lo scopo del governo è cambiare la costituzione e cancellare la parola “laicità” dalle sue pagine, per modificare il sistema. In sostanza: tornare indietro. Anche qui c’è crisi, però è ancora sensibile la circolazione di soldi: si continuano a costruire strade, autostrade, ponti, moschee, blocchi di grattacieli e centri commerciali dove lavorano migliaia di persone. E al contempo c’è ancora disoccupazione. Tenga presente tutto ciò che vi ho raccontato.

– La Turchia ha un enorme patrimonio artistico-culturale: da parte dei governanti c’è la volontà di potenziare questo aspetto, oppure le priorità rimangono altre?

Ha ragione: noi abbiamo un enorme patrimonio artistico – culturale. Per questo motivo, dappertutto in Turchia si fanno scavi dove lavorano anche persone italiane. Nonostante questo, la priorità del governo è la religione.
In questi giorni tutti parlano dell’Egitto e della Syria, ma prossimamente ci comunicheranno la città che ospiterà le Olimpiadi del 2020, e su questo punto il governo si è già espresso: “Se perdiamo l’Olimpiade, la colpa sarà delle manifestazioni realizzate nel parco di Taksim!”

 

Alcuni link utili per comprendere meglio la situazione attuale turca:

http://www.e-turchia.com

http://showdiscontent.com

http://temi.repubblica.it/limes/la-turchia-e-lue-dopo-piazza-taksim/50014

http://temi.repubblica.it/limes/anteprima-di-limes-613-i-figli-del-sultano/49323?photo=1

http://it.danielpipes.org/12973/buone-notizie-dalla-turchia

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