Arte e performance nel Giappone del Dopoguerra: ecco a voi il Gruppo Gutai!


Gutai è un gruppo di artisti giapponesi nato nella provincia di Osaka a metà degli Anni Cinquanta attorno alla figura di Jiro Yoshihara. Si tratta di un movimento di avanguardia che, pur nascendo in un momento particolarmente critico per il Paese del Sol Levante, si collega (o addirittura anticipa) alcune tendenze dell’arte contemporanea occidentale. In altre parole, Gutai ha stabilito un ponte tra Oriente e Occidente con la proposta di una nozione di arte che rigetta la tradizione e invoca la libertà dell’artista, la sua interazione con lo spazio e con il pubblico.

Il Secondo Dopoguerra segna a livello mondiale un momento di sconfitta: la violenza bellica e la tragedia atomica innescano il pressante desiderio di recidere i legami con il passato. In campo artistico ci si riallaccia alle Avanguardie di inizio secolo, Dada e Surrealismo in primis. Pittura Informale, Action Painting e, successivamente, Neo-dadaismo sono le nuove tendenze dell’arte europea ed americana.

La nascita di Gutai testimonia l’internazionalizzazione del concetto di arte figlio delle Avanguardie storiche occidentali, ma allo stesso tempo si coniuga alle specificità si quel preciso contesto culturale (basti pensare all’influenza su questi artisti della filosofia zen e della calligrafia, non tanto nella sua pratica codificata, quanto nelle sue manifestazioni più moderne che sottolineano l’unicità del gesto e la bellezza della macchia o dell’imperfezione). Jiro Yoshihara, artista autodidatta, è stato la vera anima del gruppo. L’incontro con l’artista Fujita gli insegna l’importanza dell’originalità e della libertà nell’espressione artistica, concetti cardine dei successivi Manifesti Gutai: “Non imitare gli altri”, “Creare un’arte che non sia mai esistita prima”.

Nel 1954 nascono l’associazione e la rivista Gutai, termine giapponese che significa concreto, scelto dagli artisti in opposizione al binomio astratto-figurativo. Infatti, per gli artisti riuniti attorno a questa testata, nelle opere è fondamentale riscoprire la “cosa in sé”, cioè la materia e il rapporto che si instaura tra materia grezza-artista-opera d’arte. Come nella contemporanea Action Painting (Yoshihara fu estimatore di Pollock) il fuoco si sposta dall’opera quale oggetto finito all’azione creatrice dell’artista che plasma la materia.

Nella prospettiva di Yoshihara lo spirito umano e la materia, pur essendo in reciproca opposizione, protendono l’uno verso l’altra. L’azione artistica è dunque espressione libera e disinibita dello spirito creativo e l’opera che ne scaturisce è spontanea, unica e preziosa tanto quanto il processo che l’ha creata.

Le opere degli artisti Gutai si caratterizzano proprio per due aspetti ricorrenti: da una parte un nuovo modo di dipingere, dall’altra l’aspetto performativo. Il primo punto, apprezzato e promosso dal critico francese Michel Tapié in relazione alle tendenze della pittura informale, si manifesta nell’abbandono delle tecniche pittoriche tradizionali. Kazuo Shiraga utilizza tutte le parti del corpo, piedi in primis, come pennelli e, nel 1955, si esibisce nella celebre Sfida al fango. Shozo Shimamoto spara cilindri e bottiglie di colore direttamente sulla tela per recuperare la forza espressiva della materia cromatica e, in uno scritto del 1957, denuncia come “tragedia del colore” l’utilizzo del pennello.

A parere della maggior parte dei critici è l’aspetto sperimentale-performativo di tali opere d’arte a rendere Gutai imprescindibile per lo sviluppo di alcune tendenze artistiche occidentali. Allan Kaprow, in un suo celebre testo del 1966, cita Gutai come pioniere dell’Happening. In effetti, ripensando agli anni d’oro del gruppo (fino al 1958), si intravede già il modus operandi che sarà tipico della performance e anche della Land Art. Lo spazio è agibile e mutevole grazie all’intervento artistico e il pubblico “vive” l’opera come esperienza legata al momento della realizzazione più che come prodotto finito. Ad esempio, nel 1955 viene organizzata nel parco pubblico della città di Ashiya la “Mostra all’aperto di arte moderna sperimentale, per sfidare il sole di mezza estate”, riproposta l’anno seguente come “Mostra all’aperto Gutai”. Qui lo spazio stesso con luci, colori e materia vivente diventa parte integrante dell’opera, tanto quanto il pubblico che lo percorre. Shimamoto realizza un’opera intitolata Prego, camminate qui sopra, una sorta di percorso fatto di gradini traballanti che si muovono quando lo spettatore li calpesta: l’opera insomma è apparentemente passiva e inerte, ma capace di prendere vita nel momento in cui il pubblico la fruisce. Sadamasa Motonaga appende tra i rami delle sacche di poliuretano riempiendole di colore che, colpito dal sole, si trasforma in fonte luminosa.

Dopo questa prima fase feconda Gutai subisce rallentamenti e trasformazioni fino allo scioglimento definitivo nel 1972, anno della scomparsa del fondatore. Gli artisti del gruppo sostengono che questi diciott’anni hanno costituito per loro una scuola in cui, grazie al carisma di Yoshihara, è stato portato alla luce qualcosa di più del talento del singolo: gli artisti si riconoscevano in un gruppo la cui identità contava più delle singole individualità. Secondo Koichi Kawasaki le azioni di Gutai, aldilà del carattere artisticamente innovativo, sono arrivate ad una certa universalità proprio poiché rappresentano il tentativo comune di dare forma concreta ad un’espressività quanto più possibile libera e incondizionata.

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