Shale gas: ultimatum USA per l’indipendenza energetica


L’obiettivo ha una scadenza: gli USA raggiungeranno l’indipendenza energetica nel 2030. I sensazionalismi in merito dilagano sul web. Gli Stati Uniti superano l’Arabia Saudita per esportazione di combustibili. Gli USA non importeranno più gas dall’Algeria. Nuovi scenari geopolitici si delineano all’orizzonte.

Il merito di questa rivoluzione energetica americana è attribuito allo sfruttamento dello shale gas, termine che per antonomasia ha finito per indicare gli idrocarburi non convenzionali, petrolio e gas naturale che non era conveniente estrarre prima di recenti innovazioni tecnologiche. In realtà gli idrocarburi non convenzionali sono presenti in molte forme e ognuna di queste forme necessita di tecniche estrattive differenti. Tuttavia la tecnologia più utilizzata vede la combinazione fra trivellazione orizzontale dei giacimenti e la fratturazione idraulica (fracking): semplificando ai minimi termini si tratta di iniettare una soluzione di acqua e sabbia (e in misura dell’1% additivi chimici) nel sottosuolo, anche oltre i 3 km di profondità, per spingere verso l’alto i combustibili intrappolati in formazioni argillose (shale) della crosta terrestre.

Questa tecnica permette di recuperare idrocarburi in giacimenti noti ma non economicamente sfruttabili in precedenza e di anno in anno viene perfezionata per limitane gli impatti ambientali, come la dispersione di una percentuale di gas che non viene intercettato e i rischi legati ai dissesti geologici.

Giacimenti Shale Gas (Fonte EIA)

Gli Stati Uniti hanno rinvenuto grandi giacimenti di idrocarburi non convenzionali situati nel centro del continente e hanno avviato una serie di importanti investimenti per il trasporto dei combustibili estratti verso le coste. Frank Verrastro, Senior Vice President del CSIS (Center for Strategic and International Studies, Washington DC), il 21 febbraio a Milano, in un convegno organizzato da Energy Lab ha illustrato La Rivoluzione Energetica Americana. Consiglio di consultare le slide della conferenza (in inglese) dove vengono illustrati i principali giacimenti ed evidenziati pro e contro della nuova linea strategica USA e di leggere l’intervista redatta dal Sole24Ore.

I rappresentati italiani del mondo accademico e industriale hanno apprezzato la reattività dell’amministrazione USA che ha saputo cambiare strategia energetica: incentrata sulle fonti rinnovabili nel primo mandato di Obama, si è rapidamente convertita allo sfruttamento di questa nuova opportunità.

E in Europa? La professoressa Termini, vicepresidente del consiglio dei Regolatori Europei dell’Energia. spiega che anche in Europa esistono dei giacimenti e che sarebbe importante per la comunità Europea che paesi come Francia, Germania, Polonia, Romania e Bulgaria si adoperino per sfruttarli. In realtà molti di questi paesi, Francia in testa, hanno vietato l’utilizzo della tecnica del fracking.

Parlare di idrocarburi in termini geopolitici è sempre molto complesso, ma un concetto chiave è che per il petrolio, economicamente trasportabile, esiste un mercato globalizzato, mentre è assente per il gas naturale, che viene trasportato via metanodotti o pressurizzato su costose navi cisterna che necessitano di porti di rigassificazione Il mercato degli idrocarburi è una leva molto influente sulle relazioni internazionali, specie perché legano grandi potenze con radicali differenze politico-culturali. Se gli USA dovessero tagliare l’ambizioso traguardo che inseguono da oltre mezzo secolo, questi giacimenti potrebbero alimentare il già bollente scacchiere internazionale.

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