Quattro passi nella società del consumo americana


[1] “Tendenza a moltiplicare artificiosamente i bisogni per incentivare la vendita di prodotti”

[2] “Il consumismo consiste nell’aumento dei consumi, sostenuto in gran parte dalla pubblicità, con effetto espansivo sulla produzione e ulteriore bisogno indotto di nuovi consumi.”

Comprare e indurre a comprare, a prescindere dal bisogno.
Se c’è una società che rappresenta lo stereotipo stesso del consumo, è quella americana. È sufficiente entrare in una qualunque casa e osservarne il tipico frigorifero, uscire per strada e notare le auto in circolazione, trovarsi in una città nel bel mezzo del black Friday, provare a riempire il carrello della spesa formato famiglia di dinosauri.

Sul consumismo e su come di questo sia intrisa la società americana si potrebbero scrivere libri e tesi di laurea, e sicuramente ce ne sono. Senza la pretesa di derivare teorie e analisi scientifiche o sociologiche, ci limiteremo qui all’apparenza, a ciò che semplicemente si vede e si percepisce.

Inizialmente potrebbe apparirci tutto simile a quanto siamo abituati a vedere ogni giorno nella nostra Italia, con il martellare della pubblicità sempre più insistente. Ma le differenze non tardano a emergere.

Ecco allora il supermercato. Aperto 24 ore al giorno. 365 giorni all’anno.
Riempito il carrello, l’assistente del cassiere imbusta il contenuto in circa 30 sportine di nylon. Essendo queste sportine leggere sono messe doppie: il totale fa 60. Mezz’ora e più di fila alla cassa, specialmente nel fine settimana, è la normalità.
Volendo risparmiare c’è sempre la possibilità di recarsi ai grandi magazzini, dove ogni cosa è scontata, e dove tutto si vende in grandi quantità. Dal pacco di bistecca da 20 libbre al bidone da 45 libbre di fagioli. E non si tratta di vendita all’ingrosso.

Fermarsi al cibo sarebbe riduttivo, perché la vera società dei consumi, come da definizione, si crea con il superfluo. E come indurre al superfluo? Mossa numero uno: lo sconto. Tutto è (quasi) sempre in sconto. Il prezzo pieno è una parentesi fra il susseguirsi di due sconti successivi. A farla da padrona è la pubblicità, sempre e ovunque, anche e soprattutto attraverso i canali internet. Qui le tecniche di profiling e behavioral targeting permettono ad ognuno, che fornisca più o meno consciamente informazioni personali, di ricevere in ogni momento la pubblicità di ciò che lo interessa, rendendo i messaggi sempre più personalizzati e tarati all’acquirente.

Anche così tutto potrebbe sembrare abbastanza normale: si desidera un prodotto, lo si acquista, e la storia finisce. Come far di più? Si può indurre ad acquistare, e a tornare ad acquistare. Ecco allora che il cliente diventa, o almeno così si vuol far credere, il vero protagonista, al centro della scena, con il potere di scegliere e decidere. E dire «no, di questo prodotto non sono soddisfatto». Infatti negli Stati Uniti moltissimi esercizi commerciali adottano le return policies, il cosiddetto servizio clienti migliore del mondo. Si compra un vestito. Taglia sbagliata? Scordiamoci il reso entro 30 giorni – ovviamente se ancora non si è strappato il cartellino e se in possesso dello scontrino. Compri, provi, usi, rendi. Dopo una settimana, un mese, anni. Nuovo o usato. Solo perché non sei soddisfatto. Scordiamoci anche il buono spesa in caso di reso. Spesso sono restituiti direttamente i soldi nella carta di credito (il contante è ovviamente pressoché inesistente). Da qui sorge subito il pensiero sul valore della merce che può essere usata e restituita (e quindi con grande probabilità non sarà rivenduta) senza essere svalutata. Segno inequivocabile di quanto il valore commerciale si distanzi da quello materiale del prodotto. Intanto il cliente è tornato in negozio, e l’economia ha girato.

Ovviamente questo comporta fatica, tempo, code. Viene allora in salvo l’e-commerce. Oltre alla possibilità di restituzione, come se si trattasse di un negozio vero e proprio, si beneficia di altri servizi quali spedizioni gratuite – o così fan credere – effettuabili in un paio di giorni da un capo all’altro del continente. Migliaia di chilometri. Poche ore. Un click. Il gioco è fatto. Non serve più neppure controllare il numero della carta di credito che rimane memorizzato sul sito.

Inutile aggiungere dettagli sulla quantità di carta che sia spedita a casa a pubblicizzare i vari saldi di questo o quel negozio on-line. Veri e propri libri di centinaia di pagine.
Così si compra. Così si spende. Così l’economia gira. Così la nazione cresce.

In fondo, se l’energia necessaria a produrre la merce, il carburante utilizzato per distribuirla, le materie prime da cui tutto ha origine, la quantità di rifiuto che si crea, facciano parte di un sistema sostenibile sarà un problema futuro.

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