Martin Luther King, Barack Obama e il significato del Sogno Americano


Il 28 agosto 1963 a Washington, in uno stralcio del suo celebre discorso Martin Luther King pronunciò queste parole «Io ho davanti a me un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere. Ho davanti a me un sogno, oggi!».

Chi meglio di Barack Obama, primo presidente afroamericano nella storia degli Stati Uniti, può dire di aver realizzato in pieno quel sogno, dopo soli 49 anni? E cos’è questo sogno, di cui si sente parlare spesso, tanto da essere diventato un vero e proprio mito nel corso della Storia?

Il Sogno Americano rappresenta la speranza che attraverso il duro lavoro, il coraggio e la determinazione sia possibile raggiungere un migliore tenore di vita e la prosperità economica. Questo fin dai tempi della guerra di indipendenza americana era ciò che si auguravano i padri fondatori della nazione oggi più potente al mondo.

Il problema nasce nel momento in cui ci si ferma a riflettere su dove abbia portato questo sogno. Alcuni sostengono infatti che esso sia all’origine del primato esclusivo del benessere materiale come indicatore del benessere e della felicità individuale.

In tempi più recenti, nella campagna elettorale del 2008 per la corsa alla guida degli Usa, nel suo famoso discorso Yes we can (disponibile anche nella traduzione italiana) Barack Obama ha ribadito quello che è lo spirito che rappresenta il Paese, lui che più di ogni altro è stato protagonista di quel sogno.

Andando a leggere la biografia del primo presidente afroamericano della storia scopriamo infatti che, figlio di una donna bianca e un padre nero, a lui quasi sconosciuto, Obama è diventato l’uomo che è oggi nonostante un’infanzia difficile.

A distanza di quattro anni dall’elezione, il presidente e la sua famiglia sono consapevoli di aver realizzato più di quanto molti si possano aspettare dalla propria vita. Tenendo comunque a precisare che, come ha detto pochi giorni fa Michelle Obama, «il successo non si misura con la quantità di soldi che fai, ma dalla capacità di cambiare la qualità della vita delle persone».

Dai discorsi citati si può dedurre come entrambi i personaggi mirino a superare le sfide a loro contemporanee spronando tutti – bianchi e neri negli anni sessanta, americani e ispanici oggi – verso la realizzazione di quel Sogno Americano da tutti condiviso e bramato.

Alla base della fama e della fortuna di Barack Obama come di Martin Luther King, arrivate mentre inseguivano i loro sogni, non c’è la semplice predestinazione, ma ma un’enorme quantità di sacrifici che costellano la storia delle loro vite, compiuti per arrivare dove sono arrivati in un percorso tutt’altro che privo di difficoltà.

Questo è ciò che più dovrebbe essere apprezzato: l’impegno e il coraggio di persone che, nonostante le inevitabili sconfitte della vita, sono riuscite a realizzarsi. D’altra parte alla base dei sogni c’è sempre l’ottimismo e la fiducia in un futuro migliore anche se il presente non sembra promettere o garantire nulla di buono.

Uno sguardo sempre volto al futuro, nonostante tutto, che evidenzia la ferma convinzione che tutto possa cambiare, senza troppa paura di dover lasciare il vecchio per il nuovo. Questa mentalità, a ben guardare, è alla base del progresso: così si spiega il successo degli Stati Uniti.

Citando nuovamente Martin Luther King: «Uno dei più angosciosi problemi della nostra umana esperienza è che pochi, se non nessuno di noi, nel corso della propria vita riescono a veder realizzate le proprie più vive speranze». Oggi viviamo in una società consumistica, in cui il progresso scientifico si è oramai scisso dal progresso morale, e all’interno della quale «siamo propensi a giudicare il successo in base ai nostri salari o alla misura delle nostre automobili, piuttosto che in rapporto alla qualità del servizio da noi reso all’umanità e alla nostra relazione con essa».

Allora è giusto interrogarsi su che cosa rappresenti veramente il Sogno Americano oggi. Possibile sia solo questione di fama, potere e soldi? Questa è rimasta l’unica strada per la piena affermazione di se stessi nel mondo? Quali sono i fini ultimi del Sogno Americano di ciascuno di noi? E quali i mezzi leciti per raggiungerlo?

4 Commenti

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  1. Fabio Pirola

    Il vero sogno americano, inteso come sogno DEGLI americani, dovrebbe essere una democrazia vera, con la possibilità di influire concretamente sulla scelta dei candidati alle elezioni, e la fine di un bipartitismo monolitico che secondo me è indice di assenza di effettiva libertà politica.

    • Davide Melucci

      Caro Fabio,
      credo sinceramente che l’unica forma di democrazia vera sia una democrazia partecipativa (sparsi nel mondo sono stati fatti vari tentativi vedi porto alegre in brasile) ma su larga scala sono di difficile realizzazione, almeno al momento. Oggi la politica è spinta da interessi economici, sono le lobby private che finanziano le sontuose campagne elettorali dei candidati ed è impossibile negare la loro esistenza e influenza dall’oggi al domani. Rimane il fatto che 250 milioni di americani sono divisi + o – in 2 partiti politici mentre gli italiani che sono 65 milioni sono divisi in un infinità di partiti che oggi c sono e domani non + e che certamente non fanno gli interessi degli elettori ma solo i loro una volta eletti. E’ questo il problema vero della nostra democrazia…almeno negli Usa una volta eletti i politici devono rispondere a qualcuno e necessariamente fare qualcosa per loro. Poi che quel qualcosa sia giusto o sbagliato ognuno può avere una sua opininione ma almeno si va avanti..le cose cambiano…mentre in Italia no…anzi quando ci troviamo alle strette e c’impongono di cambiare, preferiamo guardare sempre indietro..a qualcosa che già c’è…e allora spiegami..a quel punto i sogni a cosa servono????

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