Ninja e tecnologia: l’equipaggiamento del guerriero ombra


Nell’approccio ninja alla guerra era essenziale usare al meglio qualunque oggetto a portata di mano. Il vero ninja era pieno di risorse e versatile, potendo utilizzare di fatto ogni cosa a lui vicina a proprio vantaggio o come arma.

Un ninja era inoltre pronto per ogni evenienza e in grado di sfruttare una sorprendente varietà di attrezzature, spesso tecnologicamente molto sofisticate.

In base ai principi ninja, era necessario un equipaggiamento tecnologicamente avanzato, adattabile, portatile ed occultabile. I guerrieri ombra dovevano muoversi rapidamente e in silenzio, oltre a svolgere molteplici funzioni nel corso di una missione: scomparire, muoversi furtivamente, restare immobili (a volte per ore), arrampicarsi, correre, saltare, nuotare e combattere.

Questi guerrieri potevano portare con sé soltanto ciò che erano in grado di tenere addosso. Di conseguenza, i ninja tendevano a privilegiare oggetti atti a più scopi.

Il primo strumento in dotazione al guerriero ombra era il suo abito con cappuccio e maschera sul volto (shinobifuku, “costume segreto”), che nonostante la classica iconografia ninja non era necessariamente nero. Il modello consisteva in una camicia con maniche aderenti e una giacca simile a quella utilizzata oggi nelle arti marziali, infilata dentro ai pantaloni lunghi sino al ginocchio, con ghette di stoffa avvolte attorno ai polpacci.

Un cappuccio veniva invece calato sulla testa, lasciando visibili soltanto il volto o gli occhi: molto spesso le parti scoperte venivano nascoste con uno strato di “trucco” nero. Il costume permetteva di muoversi facilmente in tutti i modi, senza attirare l’attenzione, riducendo le probabilità che la luce rivelasse le parti di pelle scoperte e attutendo i rumori. Non presentava, dunque, orli striscianti, risvolti o lacci che potessero impigliarsi.

Questo abbigliamento era più complesso di quanto sembrasse. Il tessuto e altre parti della divisa potevano servire a molteplici scopi: come salvagente oppure come tenda o amaca quando ci si accampava. I pantaloni potevano essere double-face e avere risvolti di colore diverso per mimetizzarsi meglio. Il cappuccio o zukin, veniva spesso bagnato in una specie di resina antisettica per farne una vera e propria benda, oppure utilizzato come filtro per depurare l’acqua sporca e quindi poterla bere.

Il cappello di carice, l’amegasa, veniva comunemente elencato come uno dei principali elementi dell’equipaggiamento dei ninja. Era utile nella stagione delle pioggie e poteva inoltre far passare più facilmente un ninja per un innocuo contadino.

Ai piedi i ninja indossavano i tradizionali tabi – calzini che separavano l’alluce dalle altre dita del piede – insieme ai waraji, sandali di paglia di forma simile. Questi ultimi potevano essere chiodati come le scarpe dei moderni velocisti o rampinati, per facilitare la trazione e la capacità di arrampicarsi. Potevano inoltre avere suole dalla forma bizzarra (orme di animali, zoccoli equini, oppure piedi di una persona anziana, zoppa o grassa) per lasciare tracce che ingannassero eventuali inseguitori.

Esistevano anche waraji “al contrario”, per creare impronte dirette all’apparenza verso la strada sbagliata. Anche se non avrebbero ingannato un perlustratore esperto, queste false tracce potevano far guadagnare al ninja momenti preziosi.

Il guerriero ombra indossava inoltre una cintura che sosteneva vari oggetti. Legate intorno alla vita c’erano l’uchitake, una canna di bambù impermeabile riempita di polvere da sparo, trucioli di metallo e pepe (un mix per accecare gli avversari, come l’attale spray al peperoncino) e la scatola contenente l’esca, l’acciarino e la pietra focaia. Alla cintura poteva essere appeso l’inro, una scatola finemente decorata per le erbe medicinali, le pozioni, i veleni e altre sostanze.

Un altro strumento in dotazione ai ninja era il seki hitsu, una sorta di kit da scrittura con una matita di ardesia utilizzabile per prendere note a scopo informativo o per lasciare segnali su roccia o legno. In caso di emergenza, la matita poteva essere lanciata come uno shuriken, un coltello da lancio presente anch’esso nell’armamentario. Sulla cintura o sulle spalle venivano invece avvolte il kaginawa e la shinobigatana. La prima era una corda con un gancio per arrampicarsi, sfruttabile per far cadere le persone e in particolare i soldati, mentre la seconda si presentava come una variante della katana dei samurai, più corta e dritta ma non per questo innocua.

Grazie a questa tecnologia avanzatissima, i ninja hanno occupato per secoli una posizione di primo piano nella cultura giapponese, a metà strada tra folklore e realtà, facendo conoscere i principi che erano alla base della loro arte di combattimento, il ninjutsu, e le leggende che ancora oggi li circondano.

8 Commenti

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  1. Anonimo

    Lilli, il tessuto poteva essere di un qualsiasi colore o materiale, dal lino, alla seta, al cotone ricamato, molte volte erano “duble-face” per sviare l’attenzione dei passanti camuffandosi da contadini o da civili, sotto alla veste, c’era l’onnipresente kusari katabira (giaco di maglia) una “t-shirt” di piccoli anellini in ferro.

  2. Enrico Mambelli

    Lilli, I ninja potevano avvalersi di un qualsiasi di vesti di ogni tipo o colore, (lino, seta o cotone ricamato) molte volte erano “duble-face” per sviare gli inseguitori(ovviamente se il ninja doveva affrontare un terreno umido o addirittura nascondersi in acqua, il tessuto veniva cerato).
    sotto alla veste c’era l’onnipresente kusari katabira (una sorta di giaco di maglia) formato da tanti anellini di acciaio, legato da nastri di bamboo.

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