Italia, digital divide e società della conoscenza


Cosa succederebbe se domani ci svegliassimo senza più la possibilità di navigare su internet? Come cambierebbe la nostra vita? Sicuramente, ad esempio, non si potrebbe leggere questo articolo. Pensandoci bene, però, le cose che non potremmo fare sarebbero molte di più.

Oltre una media-teca e uno strumento per scambiarsi le informazioni, infatti, oggi su internet è la sede esclusiva per effettuare molte operazioni burocratiche, visto che l’accessibilità alla Rete è data per scontata. La tecnologia informatica ha velocizzato e facilitato moltissimo l’accesso alle informazioni, contribuendo di fatto a un miglioramento dei rapporti tra istituzioni e cittadini. Operazioni come l’iscrizione ai corsi universitari, la richiesta di disoccupazione o la gestione dei conti bancari possono essere svolte attraverso internet.

In realtà, però, sono molte le persone che ogni giorno si svegliano senza l’opportunità di accesso diretto e immediato alla Rete: molte più di quante immaginiamo, in particolare in Italia. Digital divide è il termine con il quale si indicano le disuguaglianze nella possibilità di accesso, ma anche di utilizzo per mancanza di conoscenze, delle tecnologie digitali in generale e quindi anche di internet.

Esso rappresenta una nuova forma di discriminazione nata con la rivoluzione digitale avvenuta alla fine del XX secolo. Non riguarda solo i Paesi del Nord/Sud del mondo, ma intere categorie sociali (anziani e disabili in particolar modo) anche all’interno dei Paesi più sviluppati. Basta pensare al sessantenne di oggi, che non ha mai avuto a che fare per lavoro con un pc: difficilmente sarà in grado di accedere autonomamente alla Rete senza che nessuno glielo abbia insegnato, anche se per un trentenne questa operazione è così semplice da sembrare scontata.

Per non parlare poi delle nuovissime generazioni (dette Generazioni C), che utilizzano la Rete per creare contenuti di qualsiasi natura – audio, video o testi digitali – esprimendo così la propria creatività e utilizzando magari i social network o i blog, neologismi che per molti sono ancora incomprensibili.

I dati riferiti all’Italia parlano chiaro: al 2010 una famiglia su due non ha un collegamento internet e solo una su tre si connette alla banda larga, mentre il numero di italiani del tutto privi della copertura necessaria a navigare è pari a 2,3 milioni. Quasi 3 milioni di cittadini, inoltre, sono in una situazione di divario digitale di base, cioè non possono accedere ad una connessione di almeno 2 MegaByte, mentre il 39% della popolazione tra i 16 e i 74 anni non si è mai collegata alla Rete né fissa né mobile.

Siamo addirittura agli ultimi posti in Europa per velocità media di download: ll Sole 24 Ore, infatti, segnala che in nessuna delle variabili che misurano il grado di digitalizzazione e alfabetizzazione informatica l’Italia è in linea con la media europea. Nel settore business il Paese continua a zoppicare: si registra un 19° posto per imprese connesse a banda larga. In generale, l’Italia risulta essere al 21° posto nella Ue per diffusione dell’accesso a internet e per qualità della connessione.

Nella società contemporanea le possibilità di sviluppo dipendono più dalla qualità dei saperi posseduti e dalla loro diffusione presso l’intera popolazione che dalle materie prime a cui si ha accesso diretto: non a caso, il Consiglio Europeo di Lisbona del 2000 ha definito la società attuale “Società della Conoscenza.

Se non vuole rimanere fuori dal Villaggio Globale, l’Italia dovrà impegnarsi nel prossimo futuro per recuperare terreno rispetto agli altri Paesi europei. All’interno della società attuale, infatti, il sapere e la conoscenze sono nuove forme di capitale, elementi strutturali dell’economia e dello sviluppo sociale. La Società della Conoscenza è una società in cui si deve sostanzialmente sapere di più per produrre e consumare meglio degli altri.

Per questi motivi nei prossimi anni gli investimenti del Belpaese dovranno essere concentrati in una duplice direzione: da una parte dovrà essere garantita a tutti i cittadini un’alfabetizzazione informatica, dall’altra dovranno essere create infrastrutture adeguate alla diffusione di internet. Del resto, ora la competitività delle nostre aziende nel mercato globale si gioca su questo “terreno virtuale”.

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