Educare al tempo della tecnologia


«Dalla tecnica non giunge la salvezza ma almeno è garantito l’aiuto».

In un epoca in cui la tecnologia è integrata  in gran parte delle culture mondiali, è utile ricordare come essa da un lato non possa da sola essere l’ancora di salvezza del genere umano ma anche che, usata con la giusta mentalità e conoscenza, può essere un’importante strumento di rinnovamento e problem solving.

Un ambito dove il potenziale della tecnologia non è sufficientemente sfruttato è quello scolastico: nel panorama italiano in particolare non si riesce a rinnovare i curricula formativi, che risultano spesso obsoleti e rigidamente ancorati al classico insegnamento frontale e alle riforme di fine Ottocento e del secondo dopoguerra.

«La riforma dei cicli scolastici è puntata soprattutto a rendere elastica la scuola e a rompere con la statica gerarchizzazione dei programmi da sempre seguiti nelle scuole italiane». Queste sono le parole di Luigi Berlinguer che nel 1997 tentava di rinnovare il sistema formativo italiano augurandosi che fosse in grado di stare al passo col progresso tecnologico variando il proprio modello di insegnamento.

Purtroppo le sue linee guida non sono state seguite da interventi concreti: le prime riforme del nuovo millennio infatti hanno causato numerose polemiche, alcune di queste derivanti dalla scarsa considerazione della tecnologia e dell’informatica, ritenute superflue per la didattica.

Passi indietro che hanno interessato anche l’integrazione di studenti stranieri e disabili. Questi ultimi in particolare sono tuttora notevolmente svantaggiati dalla scarsa presenza di strumenti tecnologici in grado di ridurre le loro mancanze o comunque di rendere gli insegnamenti più accessibili.

Nel nostro Paese si sta trascurando la possibilità di formare tramite la cosiddetta “tecnologia educativa”, che facilita l’apprendimento cercando di migliorare le condizioni di insegnamento attraverso di particolari metodologie, sovente basate sull’impiego di mezzi tecnologici adeguatamente utilizzati.

Sono tanti gli strumenti che potrebbero favorire l’apprendimento: in particolare sta avendo molto successo nel nord Europa l’uso della Lavagna Interattiva Multimediale (Lim) che a differenza di quella tradizionale integra numerose funzioni.

La Lim permette infatti agli studenti di leggere e ascoltare meglio le spiegazioni e di partecipre attivamente all’insegnamento modificandone i contenuti tramite l’uso di diversi accessori. Gli insegnanti hanno invece la possibilità di documentare le lezioni e le performance degli studenti creando un archivio sempre facilmente consultabile.

Altri strumenti di supporto educativo sono i blog, utili per condividere opinioni ed arricchirsi nel confronto reciproco. C’è poi la piattaforma di learning management system (Lms), un potente mezzo di delocalizzazione dell’insegnamento e dell’apprendimento che fornisce agli insegnanti la possibilità di valutare le attività degli studenti e di tracciare percorsi sempre modificabili.

La piattaforma Lms consente inoltre agli studenti di modificare il proprio compito più volte prima di consegnarlo e di confrontarsi all’interno dei forum: una modalità di e-learning già utilizzata in molti atenei universitari (uno dei sistemi più quotati è la piattaforma Moodle).

Strumenti come questi, uniti ad altri sussidi come ad esempio i software didattici, potrebbero offrire un insegnamento ad hoc per ogni tipo di menomazione.

Per le persone con disabilità la formazione rappresenta la chiave per l’inclusione sociale: essa deve essere garantita a tutti i livelli educativi, ed è proprio per questo che l’e-learning può essere una risorsa importante di condivisione e partecipazione attiva.

Al di là delle difficoltà economiche del momento, il sistema scolastico italiano può davvero prescindere da questo tipo di innovazioni?

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