Perché viaggiare?


«Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuovi mondi, ma nell’avere nuovi occhi».
Marcel Proust

Perché viaggiamo? Qualche volta siamo obbligati a farlo, ma la maggior parte delle volte viaggiamo perché lo vogliamo (nel 2008 solo il 30% dei viaggi superiori alle 50 miglia di distanza sono stati effettuati a scopi lavorativi). Viaggiamo per centinaia di motivi diversi: perché ci sentiamo stressati, perché siamo annoiati dai soliti paesaggi, perché abbiamo sempre desiderato vedere la Tour Eiffel, o semplicemente perché il biglietto aveva un prezzo talmente basso che “non potevamo non comprarlo”. La destinazione, infatti, non è sempre così importante: ricerche scientifiche dimostrano che ciò che veramente desideriamo, quando prenotiamo un viaggio, è interporre chilometri tra casa nostra e un luogo qualunque.

Ma perché abbiamo questo bisogno radicato di volerci allontanare dal nostro “porto quiete”? E quali vantaggi effettivi procurano i viaggi?

Innanzitutto, dobbiamo sfatare un clichè: viaggiare per scappare dalla realtà quotidiana e per non pensare ai problemi. Infatti, paradossalmente, quando fuggiamo dal luogo in cui passiamo la maggior parte del nostro tempo, la nostra mente si “risveglia”, divenendo improvvisamente conscia di tutte quelle idee erranti che avevamo precedentemente messo da parte o addirittura eliminato. È infatti più facile riuscire a risolvere i problemi che quotidianamente ci affliggono proprio mentre siamo in viaggio in una città diversa dalla nostra, perché riusciamo ad esternarci e ad osservarli da fuori, e quindi a valutarli con più razionalità e a trovare una soluzione efficace.

La distanza diviene così mentalmente liberatoria, purificatrice; ma la distanza non è certo l’unico aspetto positivo del viaggiare. Stando agli studi pubblicati da Robert Reid di Lonely Planet (nota casa editrice che pubblica guide turistiche), i viaggiatori avrebbero numerosi vantaggi rispetto ai sedentari. Innanzitutto, pare che il viaggiare renda più giovani, anche se solo percettivamente: visitare posti nuovi, infatti, rallenta la nostra percezione del tempo, facendo sì che un giorno sembri più lungo. Il viaggiare, poi, ci rende più produttivi, perché al ritorno siamo più carichi e motivati: lo dimostrano le statistiche nelle quali i paesi con più giorni di ferie sono anche i più efficienti dal punto di vista lavorativo. Un altro vantaggio “postumo” del viaggiare è il fatto che questo ci renda più attraenti: quale motivo di conversazione con l’altro sesso è più affascinante dei propri viaggi intorno al mondo e delle relative esperienze?

Infine, Reid assicura che viaggiare ci rende anche più intelligenti; la stessa cosa certificano alcuni ricercatori dell’Insead e della Kellogg School of Management di Chicago, i quali hanno dimostrato che studenti che avevano trascorso un periodo all’estero avevano il 20% in più di possibilità di risolvere con successo la simulazione di un classico test psicologico, il problema della candela di Duncker, rispetto agli altri studenti che non avevano mai soggiornato all’estero. La correlazione tra le due cose è semplice: sperimentare un’altra cultura ci munisce di una maggiore apertura mentale e ci porta a comprendere che una cosa può avere più significati, che ci sono diversi modi di interpretare il mondo, e che essi sono tutti egualmente validi. Questo rende il viaggiatore cosmopolita, lo porta a stimare i valori e le tradizioni delle culture diverse dalla propria e in questo modo anche ad amare quelle del suo paese, poiché esplorando le usanze straniere scopre il valore storico delle proprie usanze locali. Secondo la terminologia di Zygmunt Bauman, sociologo polacco, il viaggiare porta alla glocalizzazione, ossia ad avere la capacità di essere cittadini del mondo come del nostro quartiere, a saperci relazionare all’estero parlando una lingua straniera e ugualmente parlando il dialetto con i concittadini nel nostro paese.

Assorbendo la diversità attraverso il viaggio diveniamo quindi capaci di apprezzare maggiormente la nostra quotidianità e a migliorarla. «Non cesseremo di esplorare, e la fine di tutte le nostre esplorazioni sarà di arrivare dove siamo partiti e conoscere quel luogo per la prima volta». (Little Gidding, T. S. Eliot)

SITOGRAFIA

Robert Reid, How travel makes you smarter, sexier and more productive

3 Commenti

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  1. Simona

    è proprio vero… quando si torna dopo un viaggio (non solo in una cultura diversa, ma semplicemente allontanandosi per un po’ dalla nostra quotidianità) si guarda tutto con nuovi occhi, le persone i luoghi abituali… vedere la propria vita da una diversa angolazione, credo si chiami… apertura mentale.

  2. Anonimo

    Non sono mai riuscito a comprendere in pieno il concetto di “confini”, tutta questa importanza a delle linee immaginarire non la capisco…il mondo è uno solo ed è di tutti…
    La vita stessa è un viaggio continuo…bellissimo articolo!

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