Tra dominanza e sottomissione


L’anulare di Yoko Ogawa si presenta come un libro innocuo, ma più ci si addentra nella narrazione, più la storia si vela di mistero.

La protagonista è una ragazza di ventun’anni, che lavora in una fabbrica di gazzose.
Il periodo estivo è quello più duro, perché la produzione delle bibite aumenta vertiginosamente e il lavoro si fa più pressante e veloce, tanto che la giovane, un giorno, si schiaccia un dito fra la cisterna di raccoglimento della bibita e il giunto del nastro trasportatore, perdendo così la punta dell’anulare (da qui il titolo del romanzo), che finisce dritta nella cisterna a galleggiare tra le bollicine.
In seguito all’incidente, va in città alla ricerca di un nuovo impiego e, dopo aver girato in lungo e in largo, giunge in un quartiere tranquillo, con giardini curati e case signorili. Qui si ritrova di fronte a un edificio dall’atmosfera lugubre, sul cui portone è affisso un cartello con la scritta: “cercasi assistente”.
Il palazzo è imponente, ma a dare una sensazione di fatiscenza è tutto ciò che fa parte di esso, come gli infissi, le antenne, i muri esterni.
Nonostante l’ambientazione da film horror, la giovane non si lascia intimorire: suona il campanello e si presenta al colloquio. Ad accoglierla è il futuro capo, il signor Deshimaru, che non si perde in formalità e le spiega subito in cosa consista la sua proposta di lavoro.
Egli si occupa della preparazione di “esemplari”, ovvero oggetti che i clienti, per questioni personali, scelgono di tramutare in qualcosa da cui potersi allontanare in modo definitivo, sia fisicamente – lasciandoli per sempre all’interno dell’edificio – sia emotivamente.
Un lavoro inusuale, in cui, citando Deshimaru, “ciò che conta davvero è la coscienziosità.Per quanto piccolo e insignificante possa essere un oggetto, non si deve mai trattarlo senza rispetto”.1
Dal momento che le richieste di esemplari sono numerose, egli avrebbe bisogno di una segretaria in grado di fissare gli appuntamenti e gestire l’archivio.

Passano i mesi e la ragazza si trova sempre più a suo agio all’interno di questa sorta di museo dei ricordi, in cui ben presto intreccia una relazione col capo.
Non si tratta di una romantica storia d’amore, bensì di un rapporto ambiguo, in cui il dolore e il piacere fisico si fondono: tra le braccia del suo superiore, la giovane si sente stretta in una morsa.
I due formano una coppia sbilanciata in cui, dal punto di vista sessuale, vengono ricalcati gli stessi ruoli di capo e dipendente che i due ricoprono quotidianamente e in cui si affermano la dominanza dell’uno e la sottomissione dell’altra.
La ragazza ha fin da subito un atteggiamento succube: durante il loro primo appuntamento, il signor Deshimaru le regala un paio di scarpe e le fa promettere di non toglierle mai; ella non si sottrae all’assurda richiesta che le viene fatta, ma obbedisce prontamente. Il cambio di calzatura avviene come fosse un rito d’iniziazione e alcune scene descritte nel libro riportano all’immaginario feticista: “I miei piedi nudi erano nelle sue mani. Mi stringeva talmente forte i polpacci che non riuscivo più a muoverli. […] Alla fine mi ritrovai nuda. Avevo addosso solo le scarpe nere di pelle”.2
Il dono in questione è, dunque, il simbolo della supremazia che il signor Deshimaru esercita sulla donna e raggiunge il suo livello più alto quando ella sta portando verso la scrivania una scatola contenente i tasselli della macchina da scrivere e inciampa per uno sgambetto fattole dal suo capo, il quale la costringe a raccogliere carponi ogni singolo tassello, dando inizio ad un gioco sadico e surreale: “la cassetta vuota in mezzo alla stanza, con la bocca spalancata,faceva pensare all’entrata di una profonda caverna. La reception […] mi appariva deformata e spaventosa”3. E, nella pagina seguente: “Lui mi osservava, io avanzavo strisciando a terra”.4
La sequenza descritta sembrerebbe la trasposizione di un incubo, ma è la realtà lavorativa della protagonista.
Molti misteri avvolgono l’ex pensionato femminile: la scomparsa delle segretarie che hanno preceduto la protagonista, l’avvertimento di una delle due vecchiette che vivono nell’edificio, l’incontro con un calzolaio, che rivela alla giovane il potere occulto delle sue nuove scarpe, che finiranno per risucchiarle i piedi, divenendo parte del suo corpo. La natura invasiva delle calzature pare alludere alla capacità che il signor Deshimaru ha di ridurre la sua segretaria in un essere privo di volontà.

Una caratteristica del romanzo è l’evanescenza: nonostante la protagonista narri le proprie vicende in prima persona, le sue impressioni restano quasi sempre nascoste. Ella rivela i fatti, ma non le emozioni.
Giunti alla fine del libro, ci si aspetta che la ragazza segua il consiglio del calzolaio e si sfili le scarpe che la tengono ancorata a quel deposito di oggetti abbandonati. Tuttavia, si assiste impotenti alla sua trasformazione in una donna-oggetto, che verrà trasformata nell’ennesimo esemplare del signor Deshimaru.

L’episodio dell’anulare era solo l’inizio di una graduale perdità di sé.

 

1,2,3,4: Yoko Ogawa, L’anulare, 2007, Adelphi Edizioni, Milano (pp. 20, 38/50, 79, 80)

3 Commenti

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  1. Sara Murgia

    Grazie, sono contenta che la recensione abbia suscitato curiosità verso L’anulare. È un libro davvero enigmatico…buona lettura!

  2. Andrea Magnaghi

    Un libro di non sentimenti , non vita, non emozioni, la rappresentazione del grigio , dell’inazione, dellla sopravvivenza senza valori, un libro perfettamente inutile

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