Summit MMT: cinque economisti criticano l’Europa, Parte II


L’Europa, si è detto, si mosse molto male. Infatti, invece di prendere misure contro le banche che avevano causato la bolla e porsi il problema di ripensare la struttura monetaria europea, c’è stato «un cambiamento assoluto nella narrazione dominante: non erano più le pratiche delle banche, che prestavano a tutti, che sbagliavano e creavano dei derivati assolutamente improbabili [ad aver creato la crisi, ndr]; non erano più loro i colpevoli. […] Tutti i cosiddetti esperti dell’Occidente adesso sostengono che la crisi è stata un problema di eccesso di spesa pubblica», afferma Auerback.

Questo pretestuoso “cambio di narrazione” ha quindi distolto l’attenzione dalle vere cause della crisi, additando piuttosto come colpevoli quegli Stati che, loro malgrado, cominciavano a trovarsi in serie difficoltà. Nascono così i PIIGS, le “cicale” del continente: fra questi paesi la Grecia in particolare è stata descritta come lo Stato “spendaccione” per eccellenza. Chiaramente tutto ciò è stato funzionale alla giustificazione (agli occhi degli stessi cittadini greci, ma non solo) della macelleria sociale che poi è stata imposta alla popolazione e che, come si è visto, non ha affatto migliorato la situazione, anzi.

Oltretutto esistono diversi studi che mostrano con chiarezza come in realtà la spesa pubblica greca negli anni precedenti la crisi sia stata sostanzialmente in linea, se non sotto la media, rispetto agli altri paesi dell’Eurozona: si veda http://www.levyinstitute.org/pubs/ppb_113.pdf

Analizziamo infine il cosiddetto “salvataggio” a cui la Grecia è stata sottoposta nel corso degli ultimi anni: misure di austerità sempre maggiori in cambio di finanziamenti europei. Ma, dice Auerback, «voi e i vostri vicini greci non li vedete questi salvataggi, nessuno vi dice che in realtà tutti i soldi sono finiti alle banche insolventi». Ossia, i salvataggi non sono serviti a sostenere le finanze dei cittadini ma a salvare le stesse banche che hanno contribuito ad avviare la crisi.

Alla popolazione sono rimasti solamente gli effetti negativi dell’austerità. Vediamo come.

L’economia era già in crisi: calo della domanda, inizio di deflazione.

Come ha agito il governo? Tagli alla spesa pubblica e aumento delle imposte, al fine di raggiungere il pareggio di bilancio. Contemporaneamente, diminuzione delle tutele dei lavoratori e maggior facilità di licenziamento, per incrementare la competitività delle aziende.

Vediamo gli effetti:

i)        i tagli al settore pubblico e l’aumento delle tasse sottraggono denaro ai cittadini, inibendo la loro possibilità di comprare prodotti;

ii)      la diminuzione dei salari dei lavoratori privati sortisce lo stesso effetto;

iii)    idem per l’aumento dei disoccupati, dovuto ai licenziamenti in nome della competitività.

Risultato: sempre meno persone acquistano prodotti, per cui aumenta la deflazione, si contrae la produzione e di conseguenza diminuisce il PIL. Ne segue che lo Stato non riesce a raggiungere il pareggio di bilancio previsto perché il gettito fiscale diminuisce, e di conseguenza il meccanismo riparte da capo, all’infinito: in quattro parole, spirale di deflazione indotta, che distrugge l’economia interna.

Il problema, spiega Black, è che «l’unico modo per competere sul mercato dell’Euro è abbassare i salari. Così l’Irlanda abbassa i salari per competere con il Portogallo, il Portogallo fa la stessa cosa rispetto alla Grecia, che si comporta allo stesso modo con la Turchia, che però vuole competere con la Cina». Quindi, alla fine, l’unico modo è avere dei salari al livello dello Zimbabwe!

 

I più attenti noteranno subito che le misure economiche appena descritte sono in via di attuazione anche in Italia.

A questo proposito i cinque economisti non hanno alcun dubbio: procedendo in questa direzione l’Italia subirà la stessa sorte della Grecia nel giro di 2 o 3 anni. Ci tengono a sottolineare che, invece, con una moneta sovrana, lo Stato non sarebbe più costretto a raggiungere a tutti i costi il pareggio di bilancio e potrebbe agire in maniera ben diversa al fine di arginare la crisi e far ripartire l’economia.

Ma perché allora l’Europa continua su questa strada suicida? Incompetenza? Testardaggine ideologica? Totale asservimento alle lobby finanziarie e industriali?

Parguez, forte dei suoi studi in ambito storico, risponderebbe che l’Europa è stata accuratamente progettata proprio come strumento di impoverimento della popolazione, al fine di distruggere gli Stati democratici e trasferire il potere nelle mani di «coloro che lo meritano, ossia ad una classe di tecnocrati con pieni poteri».

Ma questa è un’altra storia, troppo lunga per essere raccontata.

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