Lotta alla mafia e studenti si incontrano a scuola


Antimafia e legalità: un binomio inscindibile. E che necessita impegno. Impegno nel sovvertimento della situazione attuale, e nell’educazione al rispetto delle regole e dei diritti degli individui, all’equità e alla lotta alla corruzione intesa in senso lato.
Ecco perché combattere la criminalità organizzata non significa solo portare avanti indagini e inchieste giudiziarie o fare informazione attraverso i mass media. I metodi classici non bastano, come dimostrato dal XIII rapporto di Confesercenti e Sos Impresa Le mani della criminalità sulle imprese, che rileva come la criminalità organizzata abbia maturato nel 2011 un fatturato complessivo di oltre 137 miliardi di euro, con un utile superiore ai 104 miliardi. Violenza di strada e ricatto mafioso si abbattono soprattutto sulla piccola e media impresa: filiera agroalimentare, turismo, servizi alla persona, appalti pubblici. Dunque per combattere la criminalità organizzata è necessario agire già dal basso, dalla realtà di ogni giorno, formando le nuove generazioni all’antimafia e alla legalità.

Dal 1995 Libera si occupa proprio di questo: con i suoi presidi, i campi di volontariato e i prodotti di Libera Terra cerca di portare la lotta alla mafia nel quotidiano. Don Luigi Ciotti e i “suoi ragazzi” giorno per giorno si impegnano perché la lotta alla mafia non sia retaggio di pochi, ma pratica comune, diffusa soprattutto tra i giovani. E il fatto che il lavoro di Libera sia fondamentale è dimostrato anche dall’ampia partecipazione a eventi come la XVII giornata della memoria e dell’impegno per dire no alla mafia, alla corruzione e all’indifferenza, tenutasi il 17 marzo a Genova.
Più di 100mila persone, tra parenti di individui uccisi dalla mafia, giovani, giornalisti, insegnanti, studenti, tutti in marcia per la città, per ricordare le 900 vittime della mafia. Da Emanuele Notarbartolo (ucciso nel 1893 a Termini Imerese) a Vincenzo Liguori (ammazzato nel 2011 a San Giorgio a Cremano), passando per Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Giuseppe Fava, Giuseppe Impastato, Mauro Rostagno, Giancarlo Siani.

«Parliamo di mafie da 150 anni – ha affermato don Ciotti sul palco, a chiusura della manifestazione – e non riusciamo a sconfiggerle. E questo anche perché oltre alla lotta alle mafie serve partire da noi, dal nostro modo di essere, di comportarci». Anche far parte di quella zona grigia che convive con la mafia, secondo il fondatore di Libera, è favorire la mafia. Educare alla legalità e all’antimafia i ragazzi delle scuole è uno dei metodi per combattere anche quello che è definito “l’atteggiamento mafioso”.

Più volte è stata lanciata l’idea di introdurre l’ora di antimafia nelle scuole, attraverso proposte di legge di iniziativa popolare, finora non andate in porto. Nonostante ciò, però, sono molti i volontari dei presidi locali di Libera che si occupano di questo, spesso in maniera totalmente gratuita o inseriti nei progetti di formazione delle scuole.
«La speranza sono i ragazzi – afferma Giuseppe, volontario del presidio di Libera di Scandicci, parafrasando il giornalista Giancarlo Siani – Loro potranno sconfiggere la mafia dalla base. Per questo è importante parlare di criminalità organizzata e di legalità a scuola. La mafia ha paura della cultura, della formazione. La mafia ci vuole docili e indifferenti. Ed è contro questa indifferenza e docilità che bisogna combattere nel nostro piccolo».

Mafia nelle scuole dunque, non solo al sud, ma anche nelle Regioni del centro e del nord, dove ormai da qualche anno è sempre più palese che la mafia esiste.

«La mafia – continua Giuseppe – va dove c’è possibilità di guadagno, dove ci sono interessi economici. Per cui parlarne in Toscana diventa fondamentale: è qui che spesso la mafia ricicla il denaro sporco, dunque anche qui bisogna illumunare, informare. Affinché i giovani si rendano conto che la mafia non ha nulla di esotico. Non è qualcosa di lontano, ma è una presenza purtroppo costante e nascosta, in molti ambiti».

Dopo la sorpresa iniziale di molti ragazzi che si ritrovano per la prima volta nella loro vita a parlare di infiltrazioni mafiose e criminalità organizzata nella loro regione, il tema che di solito più tocca gli studenti è il rapporto tra mafia e lavoro. «Noi cerchiamo sempre di far capire a chi ci sta di fronte – racconta il volontario di Libera – che la mafia interviene nel mondo del lavoro con favoritismi, appalti truccati, raccomandazioni, corruzione. E questo apre un dibattito acceso nella classe, fra coloro che, pur considerando il compromesso con la mafia per motivi lavorativi un atto riprovevole, non negano che in un contesto di disoccupazione e necessità di denaro sarebbero disposti a scendere a patti con la mafia, e coloro che invece ritengono la cosa inaccettabile. Ma è importante anche questo – conclude Giuseppe – che i ragazzi dicano quello che pensano apertamente. Che non abbiano paura di confessare le loro perplessità e debolezze. La mafia ha paura di chi ha il coraggio di parlare, mentre invece nasce, fermenta e cresce nell’indifferenza, oltre che nell’illegalità».

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