Dalle maschere alla persona: Marcel Mauss


C’è un vecchio articolo di Marcel Mauss pubblicato nel 1938 con il titolo Une catégorie de l’esprit humain: la notion de personne celle de “moi” che mi è venuto immediatamente in mente quando mi è stato riferito il tema del mese: le Maschere. Articolo di storia sociale più attuale che mai, a mio parere.

 

In questo articolo l’intellettuale francese ripercorre la storia della parola “persona” e dei significati che si sono associati a questa facendo così una genesi comparativa e diacronica della sua definizione. Non vi è di certo civiltà sprovvista del senso del proprio corpo e della propria individualità spirituale e materiale, tuttavia nel corso della storia le diverse società hanno dato significati alternativi e dissimili a questo senso si sè.

Per gli Indiani d’America, così come per gli indigeni Australiani e le antiche civiltà Cinese e Indiana, il nome aveva una funzione indicale. La serie di nomi con cui si configura un soggetto serve più che altro a determinarne il clan, la famiglia, e l’età (di fatti il nome cambia con la maturità e l’anzianità del soggetto o a seconda del legame matrimoniale che contrae). Si nomina un individuo quindi non tanto per distinguerlo dagli altri quanto per rendere noto il suo posto nel gruppo. L’individualità esiste, sostiene Mauss, ma essa si perde nel gruppo. Per di più, in tali società l’idea di reincarcazione o presenza degli antenati è fondamantale e nella stringa di nomi di ogni soggetto si celano le coordinate che lo mettono in continuità con un passato antico e tuttavia onnipresente, determinando il tracciato entro cui le forze degi spiriti familiari o clanici devono ritornare ad agire. Questo tipo di nominazione, per concludere, oltre a disperdere l’individuo in un gruppo lo eternizzava riferendolo al suo passato lignatico, ma in una dimensine senza-tempo nella quale io sono me, il mio defunto padre, nonno, bisnonno, la forza totemica che da sempre ci protegge ecc. Il soggetto è composito verso l’esterno, quindi.

Mauss procede facendo notare come in epoca latina la nozione di persona acquisisce una concezione giuridica. Sono i romani infatti a trasmutare il termine personae, che in origine significava “maschera” (un presunto prestito etrusco), in quello di persona civile, esteso alle gentes ma non agli schiavi. La persona civile veniva riconosciuta proprietaria dei propri antenati, di un nome, di certi beni ed infine, del proprio corpo. Al contempo l’influenza stoica dell’equivalente greco πρόσωπον (“persona”, “maschera”, “carattere”) apportò una probabile ulteriore innovazione all’idea di persona fornendo una nuda essenza al di sotto dell’aspetto superficiale – la maschera, appunto – costruendo così l’idea di intimità o coscienza.

È con il Concilio di Nicea però che avviene secondo Mauss un inversione di marcia fondamentale: il carattere sino ad allora composito ed artificiale dell’idea di persona riceve il dono dell’unità: «Unitas in tres personas, una persona in duas naturas» affermerà il concilio, sancendo la natura una e trina della persona di Cristo e riflettendo questa inseparabile unità su tutti gli uomini. Sull’onda di tale formulazione Cassiodoro – citato dallo stesso Mauss – affermava nel VI secolo che la persona è una sostanza razionale indivisibile.

Successivamente, tramite la filosofia ed il dialogo attorno alla sostanza dell’anima, si attrubiscono al concetto di persona un pensiero individuale, poi una coscienza, ed un proprio Io ingenerato ma fondante se stesso, proprio come lo intendeva Johann G. Fichte. Viene perciò a scavarsi un tunnel all’interno del concetto di persona ove si radica un insieme di significati che lo isola dalla collettività, che diviene poco a poco il rumoroso contorno del soggetto. L’Io è incentrato giroscopicamente entro ogni singola individualità.

Mauss, che morì nel 1950, conclude chiedendosi quali altri progressi l’intelletto umano avrebbe ami raggiunto su tale argomento alla luce delle scoperte di nuove discipline quali la psicologia e la sociologia. In un certo senso queste due discipline hanno restituito socialità al concetto di persona pur rimanendo ben salde al binario che dirige gli sforzi intellettuali verso l’interno dello stesso individuo anziché verso l’esterno. La psicoanalisi ha nuovamente scomposto la persona e l’Io si accompagna ora con due fratelli minori: un Es concupiscente ed impulsivo ed un Super-Io, il cosiddetto sguardo censurante dei genitori. Al contempo, la coscienza di ognuno deve confrontarsi con un inconscio ed un subconscio. La psicoanalisi freudiana insomma frammenta il soggetto che diviene oltre che solo anche disunito, molteplice, multi-vocale, praticamente schizofrenico. La sociologia dal canto suo, con Emile Durkheim ed il concetto di coscienza collettiva, situa tutto il potere coercitivo della normatività sociale entro l’individuo che riconosce se stesso nella condivisione con altri di simboli e valori, i quali, se per inconsapevolmente, scandiscono i tempi del suo agire ed edificano lo statuto di ciò che è permesso e ciò che è proibito.

 

Marcel Mauss, Teoria generale della magia e altri saggi, Torino: Einaudi, 2000.

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