E ora chi è la bestia?


«Per decidere che è sbagliato tenere gli animali nei circhi è sufficiente pensare al terrore che devono provare quando sono catturati, il togliere loro la libertà, la possibilità di muoversi, di fare parte di un branco».

(Milady Orfei, figlia di Paolo Orfei, primo fondatore del celebre circo)

«Durante l’addestramento gli animali vengono addomesticati con scariche di corrente, per non parlare dei forconi e degli uncini usati per far fermare gli elefanti: sulle gambe e su altre parti molto più sensibili. I metodi crudeli vengono utilizzati dall’addestratore proprio per far capire all’animale chi è che comanda, cosa impossibile con un semplice premio a fine esercizio».
(Paride Orfei, figlio di Nando Orfei e fondatore di un circo senza animali)

Alzi la mano chi è riuscito a trattenere le lacrime guardando Dumbo. La scena in cui il tenero cucciolo di elefante, nel buio della notte, piange la mamma in gabbia è probabilmente una delle scene più tristi e commoventi dell’intero panorama cinematografico.

E se quella scena non fosse frutto delle  abili mani dei disegnatori Disney, ma  fosse reale?

In Italia più di 2000 animali sono detenuti nei circhi, e il Paese vanta il record del numero più alto di imprese circensi, con circa 100 diverse compagnie. Nel resto del mondo, sono 24 i Paesi che hanno vietato, totalmente o parzialmente, l’utilizzo degli animali nel circo.

Come mai questi paesi hanno deciso di eliminare gli animali dai loro spettacoli?
Le condizioni di vita, o forse sarebbe meglio dire di sopravvivenza, di questi esseri che ogni anno vengono esportati dal loro paese e dalla loro libertà, legalmente o meno, non sono al limite della decenza. Sono ben oltre.
Gli animali arrivano a passare fino a 23 ore al giorno in gabbie striminzite nelle quali spesso non possono nemmeno stare eretti, dividendo la loro vita fra estenuanti viaggi, crudeli allenamenti e umilianti spettacoli. Per stravolgere completamente il loro istinto e renderli docili, è necessario ricorrere alla violenza. Per far alzare alternativamente le zampe ad un orso, una volta si utilizzavano braci ardenti, oggi sostituite da “più civili” piastre elettriche, mentre per far “sorridere” un pony lo si punge ripetutamente sul muso con una grossa spilla. Per far si che un elefante stia in verticale a testa in giù, col peso dell’intestino che grava sul cuore, lo si immobilizza con degli uncini.
Ma cosa succede se uno scimpanzé, animale col quale condividiamo il 98% del patrimonio genetico, decide di evadere da questa prigionia e tenta di ribellarsi? I denti gli vengono strappati con una pinza, senza anestesia, causandogli impossibilità di mangiare per giorni e un dolore tale da fungere come ammonimento. “Da qui non si scappa”.
Durante gli spettacoli, gli animali vengono travestiti e  costretti a compiere numeri contro natura: le tigri sono costrette a saltare in cerchi di fuoco (proibito dalle linee guida CITES, in quanto i felini sono soggetti a una forte pirofobia), gli elefanti vengono truccati da clown dopo aver passato la giornata in mezzo alla neve (caso Orfei), i falchi, rapaci notturni, vengono forzati a volare sotto i fari accecanti dei tendoni. Qualcuno obietta che gli animali, in quanto tali, siano incapaci di provare vergogna e imbarazzo per la loro condizione di mezzo di intrattenimento per l’uomo. Eppure la fretta smaniosa con  la quale escono dalla pista al termine del loro numero è agghiacciante: persino la reclusione delle loro gabbie è preferibile all’agonia dello spettacolo.

Gli animali si allontanano dalla loro natura e diventano così automi spaventati, tristi burattini comandati da burattinai bramosi di incassi.

Esseri viventi considerati inferiori dall’uomo, che li costringe a vivere in condizioni umilianti in campi di prigionia, a lavorare per lui in cambio di un pezzo di pane e una ciotola d’acqua, soggetti al caldo e al freddo,  torturati e puniti se tentano di ribellarsi.
Sembrano parole prese da un libro di storia sul Nazismo. Eppure stiamo parlando di una cosa tristemente definita “spettacolo”, che succede ogni giorno in ogni parte del mondo.

Ma la legge cosa dice?
Il CITES dal 1973 (in Italia dal 1980) proibisce l’importazione della maggior parte degli animali che oggi troviamo nei circhi: leoni, tigri, scimpanzé, canguri, pinguini, dromedari. Ma la stessa legge venne modificata, in Italia, nel 1998, consentendo ai circhi di detenere animali pericolosi solo se “dichiarati idonei dalle autorità competenti in materia di salute e incolumità pubblica, sulla base dei criteri fissati previamente dalla Commissione Scientifica”. Non solo: l’attività circense è regolamentata in Italia dalla Legge 337/68.
Qualche sindaco, come quelli di Alessandria e di Modena, hanno cercato di migliorare la situazione adottando alcune ordinanze che definiscono norme, inoppugnabili in quanto basate sulle raccomandazioni CITES, che i circhi devono obbligatoriamente rispettare, come la disponibilità di spazio, le condizioni igieniche, la temperatura idonea. Tuttavia, nessun Comune può vietare in maniera totale l’attendamento dei circhi, poiché non è concesso loro vietare ciò che a livello nazionale è del tutto legale.
Negli ultimi anni, però, gli incassi dei circhi si sono ridotti notevolmente, e proporzionalmente sono aumentate le proteste e i rifiuti ad assistere agli spettacoli, anche quando gratuiti. Eppure le compagnie sono ancora lì. Ma com’è possibile? Come possono permettersi con degli incassi esigui di mantenere animali che necessitano di cure e cibo, oltre agli addestratori e agli altri addetti?
Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ogni anno elargisce agli spettacoli circensi cifre elevatissime dal Fondo Unico per lo Spettacolo. Per il 2010 lo stanziamento riservato ai circhi è stato di quasi 4 milioni di euro. Ma i circhi sopravvivono anche grazie alla collaborazione delle scuole, che danno ai circensi il permesso di distribuire agli studenti biglietti ridotti o gratuiti. Questi spettacoli vengono quindi inseriti tra le attività extra-curricolari sotto forma di “opportunità educativa”.
Ma cosa ci può essere di così educativo in un circo? Quale messaggio può trasmettere ai bambini? Che applicando la legge del più forte si può ottenere qualunque aberrante obiettivo? Che la schiavitù, quando ha come finalità l’intrattenimento umano, è una cosa contemplata? Oppure vogliamo fargli credere, andando contro qualunque legge della natura, che la scimmietta che danza in tutù sulla schiena della tigre si sta veramente divertendo?
Inoltre, oltre 600 psicologi hanno firmato un documento LAV nel quale si esprime « motivata preoccupazione rispetto alle conseguenze sul piano pedagogico, formativo, psicologico della frequentazione dei bambini di zoo, circhi, sagre in cui vengono impiegati animali (…) in quanto sollecitano una risposta incongrua, divertita e allegra, alla pena, al disagio, all’ingiustizia» .

In attesa di nuove proposte di legge (presentate numerose volte in Parlamento, ma sempre respinte), un’alternativa al circo animale esiste: lo dimostrano alcuni dei circhi più famosi del mondo, come l’australiano “Flying Fruit Fly Circus” o il canadese “Cirque du Soleil“, i quali mettono in luce le incredibili doti di giocolieri, trapezisti, clown, comici e contorsionisti senza costringere alcun animale a schiavizzarsi in favore dell’uomo.

Senza gli animali, il circo è più umano. In tutti i sensi.

12 Commenti

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  1. Elena Ramilli

    Se i tutti i genitori smettessero di portare i loro figli al circo, questi non avrebbero più ragione di esistere. Per cui credo che l’unico modo per fermarli sia parlarne, far conoscere alla gente cosa accade all’interno di questi circhi, sensibilizzare le famiglie e mostrare loro la realtà, che è tutt’altro che divertente. Complimenti per l’articolo, bisognerebbe farlo girare tra le scuole! Se un bambino sapesse cosa succede agli animali del circo non vorrebbe più metterci piede, ne sono convinta.

    • Chiara Tadini

      Grazie Elena, sono d’accordissimo, purtroppo è un problema che viene molto sottovalutato, anche se ultimamente c’è sempre più gente che si rifiuta di andare o portare i loro figli al circo!

  2. ROSSANA

    sono d’accordissimo anch’io, bellissimo l’articolo. Ora ne aspettiamo uno sui cagnoloni grossi che vengono tenuti su balconcini minuscoli, o in appartamenti piccoli. Brava!!!!

  3. Anonimo

    Non sono vegetariano ma non posso fare altro che essere d’accordo con l’articolo…

    Sono stato sempre contrario verso l’utilizzo di animali nei circhi come sono stato sempre contrario alle gare ippiche o alle corride…

  4. Giulia Guizzardi

    Assolutamente contraria al maltrattamento degli animali, al loro “uso” imporprio e lucroso. Sono anche contraria allla vendita “di razza”, ma quello è un altro discorso.
    Bell’articolo Chiara, molto sensibile e attento.

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