Art Nouveau. Ornamento delitto e innovazione


Seigradi è una rivista online ideata da tre giovani architetti, per accrescere insieme le nostre conoscenze applicando la teoria dei sei gradi di separazione alle materie culturali. Un progetto per tutti, realizzato da tutti. In che modo? Alessandro, Marta e Filippo, gli ideatori, pubblicano il primo articolo, di architettura. Poi i collegamenti con le cinque materie successive vengono proposti sulla pagina facebook della rivista da chiunque voglia partecipare al gioco. Il pdf del numero zero può essere indispensabile per apprenderne le regole. E ora, pronti ad accettare la sfida?
Intanto, per non tradire il principio del fare conoscenza, ecco il loro contributo al nostro tema del mese.

I bambini sono amorali, e –secondo i nostri standard- anche i Papuani. Se un Papuano uccide il nemico e poi lo mangia, ciò non fa di lui un criminale. Se un uomo moderno invece uccide qualcuno per poi mangiarlo, deve essere per forza un criminale oppure un degenerato. I Papuani si ricoprono di tatuaggi, decorano le loro imbarcazioni, i remi e qualsiasi altro oggetto abbiano a portata di mano. Ma un uomo moderno che si fa dei tatuaggi viene considerato un criminale oppure un degenerato. Vi sono prigioni dove l’ottanta per cento dei detenuti  è tatuato e gli individui tatuati che non sono in prigione sono dei delinquenti latenti o degli aristocratici degenerati. Se avviene che un uomo tatuato muoia in libertà, significa semplicemente che non ha avuto il tempo di compiere il proprio crimine. Ma ciò che è naturale per i bambini e per i Papuani è una manifestazione degenerata nell’uomo moderno. Ho coniato quindi la seguente massima, che desidero promulgare al mondo intero: l’evoluzione della cultura marcia con l’eliminazione dell’ ornamento dall’oggetto d’uso” 1.

Papuani?
Bambini?
Perché tutta questa veemenza?
Come si fa ad essere moderni?
Per rispondere a queste domande dobbiamo tornare indietro di una decina d’anni, fino al 1890 quando nell’Europa fin de siècle rimbombava una solo grido: CAMBIAMENTO.

“Nieuwe Kunst”, “Liberty”, “Jungend Stil”, “Modern Style”, termini diversi, diversi approcci formali, architetti e seguaci di ogni nazione accomunati da un solo credo: la repulsione dei deboli e arbitrari reimpasti del passato e delle forme culturali ormai morte. Voglia di nuovo.
Art Nouveau appunto, che tra il 1893 e il 1905 attraversa la sua fase più creativa con le architetture leggere, ariose, luminose in vetro e acciaio di Victor Horta.
L’architettura di Horta, con la sua forte ispirazione naturale, fa da sfondo alla ruggente borghesia di fine secolo, costituendo, con la sua atmosfera di delicato estetismo, esotismo, freschezza e decadenza,  lo scenario perfetto entro cui svolgere la vita borghese.
Ma l’enfatico utilizzo dei nuovi materiali industriali, ferro e acciaio, non è speso solo per le numerose abitazioni private costruite soprattutto a Bruxelles; fra il 1895 e il 1899 Horta porta all’apice il suo stile “moderno” nella sede del Partito Socialista Riformista, la “Maison du Peuple” (demolita poi nel 1964), un palazzo, o meglio “una casa in cui l’aria e la luce avrebbero rappresentato il lusso per tanto tempo escluso dalle catapecchie operaie […]”2.
Natura e struttura sono concepite in senso moderno come astrazione e schietta espressione dello scheletro metallico portante e messi qui a servizio di un’architettura per il popolo operaio e lavoratore. Un fantasioso e allo stesso tempo glabro involucro di ferro e vetro viene ad occupare, così, un lotto la cui forma planimetrica complessa induce la facciata sinuosa in cui asimmetricamente si alternano concavità e convessità.

All’interno ogni elemento è progettato integralmente: ogni parte ha la stessa qualità estetica dell’intero edificio.

Telaio in ferro ed ornamento lavorano in sinergia: quest’ultimo non è un qualcosa d’aggiunto, ma deriva dalla struttura, come la balaustra che si trasforma in seduta. L’integrazione tra materiale, struttura e finalità espressive è ben visibile nell’auditorium, tripudio di luce e lievità, che occupa tutta la sommità del fabbricato il cui tetto è sostenuto da un sistema di travi reticolari in acciaio. Dalla struttura deriva il linguaggio architettonico, più sobrio rispetto alle residenze borghesi che Horta costruiva in quegli anni, più vicino all’essenzialità moderna, anche se ben lungi dal suo purismo.
Questo è lo spirito che anima la Bella Europa tra ‘800 e ‘900. L’abbondanza, gli eccessi, il superfluo di una cultura “marcia” senza la quale non sarebbero mai spuntati i bianchi volumi puri del Movimento Moderno.

Se la crisi economica ci obbliga finalmente a pensare ad un futuro dove non c’è spazio per il superfluo, una differenza sostanziale ci separa dai nostri antenati fin de siècle.
La loro voglia di cambiare
per scrollarsi di dosso il peso del passato assumendosi la responsabilità di un futuro incerto, contro la nostra avversione al cambiamento, ammanettati ad un presente che offusca ogni orizzonte dimenticando il futuro.

 

1 Adolf Loos, “Ornamento e delitto”, 1908
2 V. Horta, Memorie

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