Seconda Repubblica, ultimo atto?


Neppure vent’anni sono passati da Tangentopoli e la Seconda Repubblica sembra già aver imboccato il viale del tramonto, a causa di un nuovo sistema di illegalità generalizzata che richiama alla memoria proprio quello che due decenni fa distrusse la Prima Repubblica.

Ma quanto davvero la stagione di Tangentopoli è paragonabile al momento attuale? Il sistema di corruzione portato alla luce da Mani Pulite aveva caratteristiche sistemiche: si trattava di un vero e proprio finanziamento illegale ai partiti organizzato su scala nazionale.

I comportamenti illeciti emersi dalle inchieste più recenti, al contrario, sono tra loro diversificati. Se Tangentopoli era una macchina parallela allo Stato, la situazione odierna somiglia di più ad un far west, dove ognuno prende la sua parte senza l’obiettivo di finanziare occultamente un partito.

La vicenda P3, rivelata dalla procura di Roma, si può considerare emblematica: il coordinatore nazionale del Pdl Denis Verdini, da presidente del Credito cooperativo fiorentino, forniva illecitamente denaro a uomini a lui vicini, tra cui l’imprenditore Arcangelo Martino e il faccendiere Flavio Carboni, che lo utilizzavano per corrompere politici locali e dirigenti di aziende pubbliche per pilotare appalti: uno tra tutti, quello per l’installazione di impianti eolici in Sardegna.

L’ex coordinatore del Pdl campano Nicola Cosentino, con lo stesso Martino e l’assessore Ernesto Sica, aveva organizzato una campagna diffamatoria contro Stefano Caldoro, candidato Pdl alla presidenza della Campania, per prenderne il posto. Il senatore Marcello Dell’Utri, infine, grazie alle conoscenze del geometra tributarista Pasquale Lombardi, di Martino e Carboni, aveva tentato di avvicinare alcuni giudici della Corte Costituzionale per favorire l’approvazione del lodo Alfano.

Un’organizzazione definita dai giudici romani sistematica e reticolare, certo. Ma solo una delle tante, rispetto a Tangentopoli o allo scandalo P2. Lo stesso vale per la cosiddetta P4, su cui indaga la procura di Napoli: un’associazione con al vertice l’ex piduista Luigi Bisignani.

Ai magistrati partenopei Bisignani descrive un “sistema criminale illegale e surrettizio”: egli si serve di Alfonso Papa, ex magistrato e deputato Pdl, per avere dalla magistratura informazioni riservate, allo scopo di avvertire per tempo politici sotto inchiesta, ottenendo in cambio favori.

Lo stesso meccanismo coinvolge la Guardia di Finanza: i controlli a sorpresa delle Fiamme Gialle vengono rivelati in anticipo ai diretti interessati da Marco Milanese, ex braccio destro di Giulio Tremonti al ministero dell’Economia e primo referente politico per le indagini della GdF.

Ma l’influenza di Bisignani è massima nel mondo dell’informazione: è proprio lui, infatti, a dettare all’allora direttore generale della Rai Mauro Masi la lettera di licenziamento per Michele Santoro.

Lo scandalo più simile a Tangentopoli è però il “sistema Sesto che coinvolge tra gli altri Filippo Penati, ex presidente della Provincia di Milano e consigliere regionale lombardo del Pd.

Le inchieste delle procure di Monza e Milano hanno rivelato che Penati, in cambio di denaro per le sue campagne elettorali, aveva ricompensato gli imprenditori Piero Di Caterina con diversi affari vantaggiosi in campo immobiliare e Marcellino Gavio con l’acquisto da parte della Provincia del 15% dell’autostrada Serravalle a prezzo gonfiato. Il risentimento di Di Caterina, escluso da un importante affare a Sesto San Giovanni, ha scoperchiato il vaso di Pandora.

Il dilagare di questi ed altri scandali, dal Ruby gate al caso Tarantini-Lavitola, dall’affaire Protezione Civile alla corruzione nella sanità pugliese, ha alimentato la protesta popolare e la sensazione che la Storia si stia ripetendo. Siamo davvero al crepuscolo della Seconda Repubblica?

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