Occupazione culturale


«Con la cultura non si mangia ha detto Tremonti. E in parte ha pure ragione. Però con la cultura si impara a difendere i propri diritti. E chi sa difendere i propri diritti vi assicuro che in qualche modo il pane a casa riesce a portarlo». Inizia così il suo spettacolo Paolo Rossi, il famoso attore teatrale friulano, che domenica 4 settembre è stato protagonista a Roma, con il  gruppo Têtes de bois, della serata del Teatro Valle Occupato.

Si parla tanto di decadenza culturale, di mancanza di interesse da parte dei giovani per il teatro, e più in generale per il mondo artistico, ma guardando la sala gremita del Teatro Valle Occupato non si direbbe che ciò corrisponda a verità. Paolo Rossi ha addirittura dovuto fare il bis nella stessa sera, per permettere alle circa 300 persone rimaste fuori per mancanza di posti (la capienza massima è di 650 spettatori) di assistere alla sua performance, e anche gli altri appuntamenti il numero di presenze è stato sempre elevato.

Il Teatro Valle Occupato è una nuova realtà culturale a Roma: dal 14 giugno alcune lavoratrici e alcuni lavoratori del mondo dello spettacolo, della danza, della musica, del teatro, artisti, tecnici, operatori, stanno occupando il Teatro Valle, costruito nel 1726 in pieno centro, a pochi metri da Palazzo Madama, e parte del patrimonio artistico e culturale della capitale.

Nel tempo il Valle ha subito diverse ristrutturazioni e ampliamenti, e nel 1969 è stato acquistato dall’ETI, Ente Teatrale Italiano, che ne curava la programmazione già dal 1955.

La strategia dell’ETI di trasformare i teatri di sua diretta gestione in centri di promozione culturale, in spazi da vivere in modo alternativo, luoghi di incontro e di dibattito, aperti anche a forme d’arte innovative, aveva reso necessario un ampliamento del foyer e un adeguamento impiantistico del teatro, che però ha mantenuto negli anni la sua importanza iniziale.

Un tempio della cultura dunque. Tuttavia, con l’abolizione dell’ETI, prevista dalla finanziaria 2011, si stanno mettendo a rischio posti come il Valle e tutta la cultura teatrale italiana: questo è uno dei principali motivi che hanno spinto alcuni lavoratori dello spettacolo all’occupazione.

Il pericolo paventato da attori, registi, tecnici, musicisti e operatori è che questo luogo di rilevanza storica e artistica possa essere affidato a privati che non saranno vincolati a rispettarne l’identità di spazio dedicato alla scena contemporanea con respiro internazionale.

L’assessore alla cultura del Comune di Roma Capitale, Dino Gasperini, ha assicurato che il Valle passerà transitoriamente alla gestione di “Roma Capitale” – un ente territoriale speciale, entrato in vigore nel 2010, che amministra il territorio comunale di Roma – in attesa dell’emanazione di un bando pubblico. Ma gli occupanti pretendono di più, e lamentano la mancanza di un progetto artistico e delle garanzie sulla copertura economica, nonché la non conoscenza dei criteri di selezione dell’eventuale bando e dei principi a cui si ispirerà.

La lotta degli occupanti del Valle però non si ferma qui. Non rivendicano, infatti, soltanto il diritto di questo teatro  a continuare ad essere luogo di incontro e di cultura per il popolo, per la gente comune, ma pretendono anche un miglioramento dell’intero sistema culturale italiano. Sistema in continuo stato di emergenza, sul quale gravano continui tagli che non riguardano solo il mondo dello spettacolo, bensì quello della cultura in senso lato, privo di un progetto politico chiaro che porti a risultati di medio e lungo termine.

Il pensiero libero e indipendente è fortemente minacciato dalla crisi economica, dalla televisione sempre uguale a se stessa, dalla mancanza di interesse da parte delle classi dirigenti. Ma anche l’innovazione lo è. Gli occupanti del Valle sono quasi tutti giovani e promettenti artisti che non trovano spazio nel ristretto mondo dello spettacolo elitario, e che vogliono restituire la cultura alla gente, invocando una vera e propria rivolta culturale.

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