From disco to disco


From disco to disco
Fr
om town across town

Con i Whirlpool Productions in sottofondo, comincia il viaggio da una discoteca all’altra. Scopo del tour è scoprire cosa succeda dietro le quinte mentre senza copriabito corriamo all’ingresso del locale in quelle serate artiche pur di non lasciare 3 euro al guardaroba, o mentre ci scateniamo al ritmo di Omen, o mentre facciamo la fila al bagno.

Insomma, come vivono la notte in discoteca le persone che ci lavorano?
Dalla consolle al banco con gli shortini, dalla cambusa alla cassa le esperienze non sono dissonanti.

Per cominciare, la notte è lunga. Ha inizio alle 22, se non prima, e finisce dopo la chiusura, solitamente fissata intorno alle 5, ora più ora meno.

Per chi intratterrà i clienti nel corso della serata, si parte con la sistemazione dei dischi in zona consolle. Il tempo a disposizione è sufficiente per fare le cose con calma: provare come suona qualche nuova uscita discografica nella pista vuota, o scambiare due parole con altri membri dello staff.

In linea diretta cambusa-bar, la sistemazione richiede più tempo. All’ inizio il bar è sostanzialmente vuoto, quindi il lavoro preliminare consiste nel disporre le bottiglie e dotarle di dosatori, caricare i frigoriferi, preparare il ghiaccio (fatto e mantenuto nella ghiacciaia del locale, oppure acquistato).
Sistemate le cose iniziali, i baristi dispongono il bar a loro piacimento: il tema standard si presta a molteplici variazioni.
Mentre i cambusieri si preparano ad avere ben chiara la mappa di tavoli da servire.

Una volta aperte le porte della discoteca, si continua con quello che vediamo: preparazione di drink, passeggiate delle accompagnatrici ai tavoli, selezioni musicali adatte alla serata.
Tranne per la cambusa. Quella non si vede.
In questa zona interdetta al pubblico si preparano bottiglie per il rifornimento dei bar, si gestiscono le ordinazioni dei tavoli, si lavano bicchieri, si preparano bevande e vivande che poi i camerieri porteranno ai tavoli. Il tutto opportunamente coordinato dai capo-camerieri.

Figure professionali diverse, mansioni differenti. Eppure un elemento in comune c’è, ed è il divertimento.
Sì, il divertimento.
Quello che cerca chi frequenta i locali notturni.
Quello che alimenta quella grande macchina notturna che è la discoteca.
Quello che fa girare tanti tanti soldi, alla sola luce della notte.

Sì, il divertimento.
Che non è dello stesso tenore dei ballerini irriducibili, o delle coppiette sui divanetti, ma ha forte carattere professionale: chi mette su dischi o prepara cocktail prova gusto nel farlo. Anche chi lava i bicchieri. Perché si tratta di impieghi che pur richiedendo serietà, necessaria in ogni ambiente lavorativo, rimangono un momento di svago. E il clima di positività e gli stimoli che rendono diversa ogni serata influenzano questa percezione. Anche quando, dopo la chiusura, si resta a pulire qualsiasi angolo del locale, perché torni disponibile dal giorno seguente .

Non mancano i momenti spiacevoli, e ben poco divertenti: atteggiamenti violenti, risse, scene di sesso occasionale, persone ridotte come stracci causa alcol o altre sostanze.

Professionalità e compostezza sono sempre richieste. E il mestiere che per molti è solo l’occupazione del weekend diventa una missione. «Un buon barista non deve saper fare solo ottimi drink, che sicuramente danno un 80% del lavoro, ma anche stare con la gente, capirla, parlarci e mostrare divertimento e gioia » dice Sascia, dimostrando come il barista abbia un ruolo di primo piano nel buon svolgimento della serata. Le giuste attenzioni che sa dispensare vengono poi ripagate quando il cliente che il sabato precedente ha chiesto il mojito (su le mani!) al bancone, pretende che sia di nuovo lo stesso barista a farglielo. «È bello quando riesci a dare una linea musicale che volevi alla serata e la gente risponde bene e esce dal locale felice», afferma Piero, convinto che non basti conoscere la musica per fare il dj, e che «sta comunque nella bravura del dj leggere la situazione del locale e proporre una selezione musicale che possa anche un minimo ” istruire ” le nuove generazione, non solo comportandosi da jukebox ». E così quando dalla pista si avvicina alla consolle qualcuno urlando per chiedere il nome della canzone che sta passando o è appena passata, sono soddisfazioni.

E sono reciproche.

Un po’ come il divertimento.
Sì, il divertimento.
Tra i tanti aspetti positivi che chi lavora in discoteca ha premura di sottolineare c’è la grande possibilità di conoscere gente. Confrontarsi, incontrare altre persone che fanno lo stesso mestiere, creare clima di unione, soddisfare il cliente e di rimando essere apprezzati per quello che si fa.
Un dare, ricevere, contraccambiare.

Perchè come dice Piero (e anche i Chimical Brothers): «WE are the night».

 

Si ringraziano Piero, Sascia e tutti gli amici che hanno voluto raccontare e condividere l’esperienza del lavoro in discoteca. Grazie!

4 Commenti

Aggiungi
  1. Ilaria Virgili

    Grazie per il commento Sà!
    C’è passione, quindi una certa base di istinto, quindi la semplicità di cui parli… è vero, queste cose ci sono, ma non ci avevo minimamente pensato.
    Grazie per aver condiviso questa tua lettura.

  2. Isoladelba

    bel post, di una finezza che non pensavo, fino alla fine. poi mi trovo nel pieno di certe sensazioni, lavoro da un mese in una discoteca fiorentina come cameriere e venendo da un isola è un’ esperienza particolare. centinaia di persone diverse ogni sera, nuovi tavoli che consumano (molti dei quali invitati da PR quindi con un badget fisso e zero mance, ma quello è il meno). è proprio una parola usata in questo testo che lega tutto il discorso, che fa da miscela per il carburante, ed è proprio “il divertimento”. non c’è modo migliore di fare bene questo lavoro che farlo divertendosi!grazie per questo post.un saluto

+ Lascia un commento