Blackout. Notte prima del Referendum


È estate. È notte. È caldo. Io il condizionatore non ce l’ho. Però abito in campagna e posso permettermi di tenere le finestre aperte, coltivando la vana speranza che giunga un alito di vento a rinfrancarmi dall’afa. Riconosco che il mio è  un lusso, perché l’aria sa al massimo di concime e non di smog. È un privilegio, perché sento i grilli nei campi o il treno che passa; non la berlina sportiva che sorpassa un tir ruggendo nell’oscurità. Eppure non abito così in campagna da sottrarmi all’inquinamento luminoso.

Le nuove case popolari, di là dal fiume, hanno lampioni da centro commerciale. Quella che era sempre stata una strada di campagna secondaria adesso risplende a giorno come un’autostrada. Così nella mia stanza aleggia sempre quella nebbiolina arancione che sa di sodio e di asfalto. C’è addirittura chi utilizza le luci che si vedono dal satellite per calcolare la ricchezza di un area geografica, di una regione, di uno stato. Quasi che per invidia del sole, l’uomo avesse deciso che il nostro pianeta debba brillare di luce propria.

Non mi lamento del fatto che non si vedano più le stelle. L’uomo capirà che le cose belle vanno conquistate, troverà il coraggio per inerpicarsi sul pendio di una collina e sfidando l’umidità trascorrerà qualche ora sotto l’unico tetto che accomuna davvero tutti gli uomini.

Fra qualche giorno ci sarà il referendum.

È notte. I grandi impianti produttivi sono fermi. La richiesta dalle utenze è ridotta, per questo alcune centrali italiane sono spente. Chissà dov’ero io la notte fra il 27 e il 28 settembre 2003. Blackout. Chissà se si darà ancora la colpa a un altro albero caduto in Svizzera. Oppure finalmente capiremo che ognuno di noi è chiamato a fare i conti con la propria coscienza per il disinteressamento sulle questioni energetiche del nostro paese. Perché poi è inevitabile che a curarsi della cosa finiscano solo quelli che qualche interesse ce l’hanno.

Mi chiedo a chi stia a cuore la questione del nucleare in Italia. Mi chiedo chi si spartirebbe gli eventuali benefici. Ma soprattutto, quali sono i benefici del ritorno al nucleare? Forse l’ordine di queste domande andrebbe invertito. O forse no. Perché siamo un paese che per l’80% dipende da approvvigionamenti energetici che provengono dall’estero, ma questo lo sanno tutti. Forse perché non c’è una volontà di sedersi attorno a un tavolo e provare a redigere un piano energetico nazionale, che non garantirebbe un’ottima gestione delle risorse, ma almeno codificasse delle linee d’azione. Forse perché il libero mercato dell’energia abbassa i costi per tutti fuorché quelli in bolletta. È impossibile non avvertire l’ipocrisia della politica dell’aumento dei consumi che ci invita al risparmio energetico.

Per questo è opportuno chiedersi prima: chi è il beneficiario di questa situazione? Chi ha interesse a promuovere la costruzione di nuovi impianti (nucleari e non) per la produzione di energia? Chi beneficia degli scambi internazionali di energia?

Mi chiedo se chi ha le competenze e le responsabilità agisca in nome della collettività. Mi chiedo se l’opinione pubblica abbia gli strumenti per formarsi un opinione in merito. Di sicuro ha il dovere di scegliere e di esprimere la sua opinione. Domenica 12 e Lunedì 13 giugno.

1 comment

Aggiungi
  1. Sabry

    Bell’articolo e bella riflessione. Le foto a lato sono magnifiche.
    “L’uomo capirà che le cose belle vanno conquistate, troverà il coraggio per inerpicarsi sul pendio di una collina e sfidando l’umidità trascorrerà qualche ora sotto l’unico tetto che accomuna davvero tutti gli uomini.”Bè… questo vale in ogni aspetto della vita. Grazie. sabry

+ Lascia un commento