E se Facebook portasse un altro consumismo in città?


Città? La città è un luogo in cui vivere, inteso come residenza o come l’insieme delle relazioni che abbiamo con e in essa. Può essere inteso come l’opposto della campagna e può rappresentare un modo di essere frenetico, se ci si figura la metropoli stereotipata, o piuttosto  ordinato per la città di provincia.
Tutti noi, almeno una volta, abbiamo cercato di immaginare come sarebbero le cose “Se la città fosse…” e spesso, non potendo fisicamente agire, soprattutto in modifiche strutturali di centri urbani o infrastrutture, ci siamo appassionati a simulazioni delle nostre abilità gestionali.
L’esempio sono alcuni videogiochi che, dagli anni ’80 ad oggi, hanno molto successo: dalle versioni di SimCity, Civilization o Pharaoh (con le loro somiglianze e differenze) ai giochi flash di Facebook, nei quali l’obiettivo è “Costruire la tua città”, “la tua realtà sociale”.
Negli Stati Uniti i titoli dei The Sims sono tra i più venduti di sempre e la nuova applicazione Facebook CityVille è riuscita ad appassionare un grandissimo numero di utenti. Basti pensare che nel giro di un solo giorno, dal momento dell’uscita del nuovo videogioco online, sono stati ben 290.000 gli iscritti, numero che sarebbe salito in maniera esponenziale poco dopo. In un mese infatti i videogiocatori di CityVille hanno raggiunto quasi 62 milioni, un numero realmente impressionante, in pratica l’intera popolazione italiana!
Come sostiene Gabriele Ferri, dottorando in Semiotica all’Università di Bologna, la domanda che dobbiamo porci è: «perché, da quando esistono i computer, ci piace fare dei giochi in cui bisogna costruire cose, in particolare città?»
In breve, ci risponde che: « Questi giochi elettronici ti offrono il piacere di sperimentare con un sistema complesso. E potremmo intendere il termine “complesso” quasi nel senso matematico delle teorie della complessità.
Diciamo che il computer è, ad oggi, quasi l’unico medium in grado di mettere in scena modelli e simulazioni complicatissimi permettendo al giocatore di giocare con i parametri: “Questa è la mia città, che succede se costruisco una strada qui?”, “Che succede se va via la corrente elettrica? Se manca l’acqua?”.
Direi che quei giochi sono per il 33% esplorazioni di sistemi coi quali non abbiamo modo di confrontarci quotidianamente, per il 33% dei grandi puzzle da risolvere (si tratta di trovare la variabile giusta e ottimizzarla, allocare le risorse in modo ottimale, etc.) e, infine, per il restante 33% meccanismi ideologici più o meno nascosti. Sono tutte regole molto ideologiche, che oggettivizzano la visione del game designer. Ma è sempre così?»
. Come sottolinea il Dott. Ferri: « Sarebbe necessaria un’ulteriore riflessione sul fatto che, ad esempio, in SimCity simula abitanti che vogliono andare in automobile a lavorare, poi a fare shopping, ed eventualmente la domenica allo stadio, che ovviamente si può costruire ». Una promozione del consumismo davvero stupefacente.

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