Art for art’s sake: com’è la vita dei giovani che studiano arte?


Intervista a tre studenti dell’accademia di belle arti.

Ragazzi: l’arte è viva o morta?

Una domanda che appena la faccio non so come mi suona. Un po’ stupida, ma intanto siamo in quattro intorno al tavolo: io, e loro tre che mi guardano. Due ragazze e un ragazzo a chiedersi cosa voglio sapere.

Marilena, Elena e Marco. Studenti dell’Accademia delle Belle Arti di Bologna.

Meglio spiegargli bene tutto quanto.

Vorrei sapere quali sono le possibilità per un ragazzo che voglia intraprendere una carriera nell’ambito dell’arte. C’è un percorso, delle tappe da conseguire, o devi fare la fame finché non fai il botto?

«Quello che vuoi sapere sta tutto in un libro, si chiama Lo squalo da 12 milioni di $» ha sbottato Marco. Barba a pizzetto, voce che non lascia nemmeno un centimetro per farti credere che non sia così come dice lui.

Un libro?

«Sì, un libro – ha continuato, con i sopraccigli spianati all’ingiù – parliamo di arte? Si tratta di questo: tu hai 50.000 euro da spendere? Ecco diciamo che hai il talento necessario per sfondare come prossimo Picasso».

E come?

«Ti compri le belle paginette patinate di Art e Dossier, Mousse, exibart… Questi giornali su 60 pagine ne riservano più di metà alla pubblicità. Che può andare dai jeans ultima moda…alla mostra di pittura. Se riesci a far pubblicità al tuo lavoro su una rivista di questo livello direi che la tua carriera nel mondo dell’arte è a posto».

E se non hai i 50.000 euro, sei fregato?

«Bhè, ti restano sempre i circoli».

Cioè?

«Galleria, casa d’asta, spazio espositivo»  lo dicono in tre, quasi in coro, come una filastrocca.

Come funziona?

«Il talent scout acquista l’opera, di solito spendendo molti soldi, per dimostrare che ha un valore. Poi, una volta che è passata per la sua galleria, l’opera viene venduta alla casa d’asta e, da qui, a una galleria privata o a un museo. Ed ecco che il valore dell’opera si è magicamente triplicato».

«E se non conosci nessuno dell’ambiente sei fuori» sorride Elena.

«È fondamentale, anche molto più in piccolo, avere agganci.» annuisce Marilena.

«Sì – dice Marco – o soldi o agganci».

Eliminando questi due requisiti…Diciamo che voi siete tre ragazzi di belle speranze. Che tutti e tre dipingete. Che avete un bel po’ di lavori messi da parte. Come fate a mettere su una mostra?

«Anche per fare una mostra nella galleria più sfigata di Bologna – risponde Marco – cosa fai? Ormai non si chiama più galleria. Si dice “posto”. Tu vai lì, loro ti dicono quanto è l’affitto di questo ”posto”, ci molli 1000 euro al mese e ti fai la tua mostra. È come se vai ad abitare lì per un mese. Oltretutto non hanno l’obbligo di sponsor, cioè loro non fanno nulla per dire che c’è la tua mostra in esposizione».

Più in piccolo della galleria cosa c’è?

«Puoi fare una mostra all’ interno di locali o bar, dove c’è una festa o un evento».

Come funziona la crescita artistica personale? C’è un maestro?

«Una volta c’era il maestro! Oggi c’è il curatore» annuisce Marco.

«Il curatore ha un gruppo di artisti con una stessa poetica – spiega Elena – che vende al momento».

«Sì, ovvio che facciano roba del momento. Non va a prenderti un cubista – riprende Marco –  Comunque, se hai un curatore che è un mercante e niente di più…questo vende e tu continui a fare quello. Ma se ti segue una persona valevole puoi proseguire nella tua ricerca artistica».

Sembra non sia possibile intraprendere una carriera lineare in questo settore. Si va per tentativi? Avete mai lavorato facendo qualcosa di inerente a quello che studiate?

«Io faccio la cameriera, quindi lavoro, ma per mantenermi gli studi – dice Marilena – però Elena ha fatto…»

«Sì, io tramite una mia professoressa, ho lavorato presso un azienda che vendeva camini. Si trattava di disegnare piccole sculture d’arredamento da inserire nei camini. Una mia amica fa la tutor per una professoressa dell’Accademia. Glielo ha chiesto la professoressa stessa,  in pratica le fa da assistente. A volte può anche succedere che un professore noti un tuo lavoro, e ti metta in contatto con gente dell’ambiente».

E ora? Qualcuno di voi che sta portando avanti qualche progetto?

«Ecco, lui – Marilena indica Marco – lui, tra pochi giorni, espone assieme a un suo amico. Fanno una mostra, e se vendono… vendono».

Marco, come hai fatto ad organizzare una mostra con i tuoi lavori?

«Ho avuto la fortuna di conoscere questo ex-giornalista, interessato di pittura e pittore. Lui ha a cuore la situazione dei giovani e organizza in un bar esposizioni di questo tipo. Lui è amico del barista e insieme portano avanti questo progetto. Viene allestita una sala con tutte le opere. E intanto tu studente sogni che arrivi il principe azzurro-gallerista che ti compra il quadro, o che  magari ti contatta per farti fare un lavoro con lui».

E se per stavolta il principe azzurro non arrivasse? Che si fa?

«Altro bar, altro evento…vai avanti così, magari riesci a vendere un quadro».

Parliamo di voi… dove vi vedete in futuro?

Marilena strabuzza un attimo gli occhi, ride.

Ok, scusate… dopotutto io frequento la facoltà di Lettere e Filosofia, voglio dire…so cosa significa sentirsi fare questa domanda.

Lei si passa una mano sulla testa bionda, capelli a caschetto corti, ricci. Risponde: «Per adesso il vuoto».

«No, non è proprio così – interrompe Elena – diglielo».

«A me piacerebbe…- sbuffa Marilena – se c’è una cosa che sento proprio mia è l’illustrazione, in stile fumetto. Vorrei fare l’illustratrice per libri. Però anche in questo settore, è complicato. Non basta andare a bussare alla porta delle case editrici».

«Aspetta – ribatte Marco – certo, un calcio nel culo quello fa comodo ovunque, però l’illustrazione è un settore ancora aperto, secondo me. Voglio dire: è editoria, e l’editoria vende. Mentre con la pittura il discorso è più complicato.>>

E tu cosa vorresti fare finita l’accademia?

«Prospettiva di lavoro futura… – ci pensa su mentre si gratta il pizzetto – vorrei diventare docente. Docente universitario, se ci riesco. Perché hai una certa serietà, e continui a lavorare nell’ambito. Fai ricerca, non ti fossilizzi».

«Questo anche se insegni al liceo artistico – dice Elena – Io, finché posso studiare, cercherò di studiare quello che mi interessa. E per tutta la vita cercherò di inserirmi in quell’ambiente, ma se devo essere sincera ci sono giorni in cui mi vedo più in un ufficio, che non c’entra niente con l’arte, a coltivare la mia passione per i cavoli miei».

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