Batman, la nuova serie e… la Corte dei Gufi


A un anno di distanza dall’esordio italiano della nuova serie di Batman, siamo pronti per commentare la saga che ha accompagnato il lancio della testata: La Corte dei Gufi, di Scott Snyder e Greg Capullo. Dodici mesi fa la curiosità per questa run era davvero tanta, anche sull’onda dell’entusiasmo proveniente dagli Usa. I giudizi positivi erano meritati? Decisamente sì.

Una recensione della Corte dei Gufi non può che partire da questa constatazione: lo story arc è valido, ben scritto e disegnato, crea quella suspence che tiene il lettore incollato all’albo e genera quell’entusiasmo che lo spinge ogni mese a comprare il numero successivo. E questa, per un prodotto seriale, è decisamente una buona base da cui partire.

Ma la vera ragione del successo di questo rilancio risiede, come spesso accade, nella qualità delle trame. La Corte dei Gufi, infatti, riesce a conquistare anche il lettore più esperto, catturandolo nelle fini trame intessute da Snyder, semplici eppure ricche di rimandi e suggestioni simboliche.

Lo sceneggiatore americano sa mescolare azione e riflessione, scene roboanti in perfetto stile Usa con sequenze più cadenzate e avvolgenti, che trasportano in epoche passate e visioni allucinate. Memorabile il numero 5 di Batman, Face the Court, dove il Cavaliere Oscuro si ritrova in balia dei suoi nemici, che lo spingono inesorabilmente verso la follia. Un albo dalla magistrale impostazione grafica, con intere pagine capovolte per trascinare il lettore nel senso di follia e disorientamento che annichilisce progressivamente Bruce Wayne.

Vero e proprio epicentro narrativo dell’intera vicenda, questo numero segna il momento di maggior difficoltà per il Cavaliere Oscuro nel suo scontro con la Corte dei Gufi, una visione di quanto è profondo il baratro da cui Batman comincerà a risalire solo a partire dal numero successivo, Beneath the glass.

Ma chi o cos’è la Corte dei Gufi, un avversario in grado di spingere il Pipistrello sull’orlo della sconfitta? A Gotham c’è un’antica filastrocca che narra di un gruppo di persone che, in segreto, governerebbe da sempre il destino della città, insediata nelle pieghe più nascoste dei suoi palazzi e disponendo di assassini inarrestabili per far rispettare la propria volontà:

Sta’ in guardia dalla Corte dei Gufi
Che ti osserva con cipiglio,
Notte e dì tra granito e calce,
Dal suo ombroso nascondiglio.

Lei ti scruta dentro casa,
Lei ti spia dentro al giaciglio,
Non parlare mai di lei
O verrà a prenderti l’Artiglio.

Inizialmente scettico per motivi che vengono chiariti nel corso della vicenda, Batman non crede all’esistenza della Corte fino a quando questa decide di farsi avanti per distruggerlo: ma a quel punto rischia di essere troppo tardi e il Cavaliere Oscuro, noto per la sua capacità di affrontare la maggior parte delle minacce prevedendone lo sviluppo e mantenendo il controllo della situazione, finisce per trovarsi in grave difficoltà.

La scelta della Corte di sconfiggere Batman portandolo sull’orlo della pazzia non è un tema nuovo nelle avventure del Pipistrello: intorno alla stessa idea ruotano infatti due fondamentali storie a fumetti firmate dallo sceneggiatore scozzese Grant Morrison, ovvero Arkham Asylum e Batman RIP.

Se nel primo caso gli elementi di contatto con Court of Owls sono solo marginali, la saga di Snyder mostra più di un’affinità con il secondo story arc, firmato da Morrison nel 2008 all’apice dei suoi due anni di permanenza al timone della serie Batman. Pur con una serie di notevoli differenze, entrambe le saghe mostrano un Cavaliere Oscuro spinto al limite della sanità mentale da un gruppo organizzato di criminali mossi dal proposito di annientarlo.

Non per questo le due storie sono sovrapponibili: le trame di Morrison sono più complesse e ricche di significati simbolici (al punto da essere spesso incomprensibili senza il quadro complessivo della vicenda), mentre Snyder ha uno stile più immediato e adatto al grande pubblico, su cui si basa la forza delle sue trame. Dove Morrison propone situazioni estreme e personaggi al limite del caricaturale, avendo però la capacità di renderli credibili, Snyder è più asciutto, diretto e realistico, inserendosi nel solco tracciato da Christopher Nolan con i suoi film, che hanno segnato la cifra del Batman dell’ultimo decennio.

Un altro ciclo narrativo cui è possibile accostare La Corte dei Gufi è sicuramente Hush di Jeph Loeb e Jim Lee. Anche qui si possono individuare numerose differenze, dal ritmo narrativo (lo story arc firmato Loeb/Lee è molto più sincopato rispetto a quello di Snyder e Capullo) alla trama, in gran parte molto diversa. Ma proprio nello sviluppo finale del racconto risiedono alcune grandi analogie: senza voler svelare troppo, in entrambi i casi assistiamo a un colpo di scena che ha per protagonista un personaggio proveniente dal passato di Bruce, a lungo celato ai suoi occhi e infine intenzionato a vendicarsi di lui.

Del resto, La Corte dei Gufi segue una struttura generale ormai affermata per quanto riguarda le storie di Batman: visto che i semplici enigmi non sembrano più creare difficoltà al miglior detective del mondo, lo sport preferito degli sceneggiatori da Knightfall in poi è diventato tendere a Batman trappole sempre più complesse, dove al mistero e all’inganno si sommano la congiura, il complotto, la cospirazione.

Trame sempre più intricate rincorrono Bruce Wayne attraverso il tempo, lo spazio e la mente, per far scattare puntualmente la trappola quando il Nostro meno se lo aspetta – eppure non è semplice trovarlo con la guardia abbassata. Ma Batman, novello Houdini, da esperto escapista qual è riesce sempre a cavarsela, a pensare meglio e più avanti degli altri anche nel momento di maggiore difficoltà, a sorprendere sempre il lettore che non riesce a capire come farà a cavarsela questa volta. Imparando sempre una nuova lezione, come accade anche in Court of Owls.

Ecco, se si vuole trovare un difetto alla Corte dei Gufi è proprio questo: il fatto che Snyder non propone nulla di veramente nuovo, ma si limita ad amalgamare ingredienti noti in un mix di sicuro successo. Al termine della lettura, oltre a una vaga sensazione di incompiutezza per un finale forse non all’altezza della trama complessiva, rimane l’impressione di aver assistito a qualcosa di già letto, almeno in parte, in storie precedenti.

Ma del resto, lo abbiamo detto, questo è uno dei limiti del fumetto commerciale come di tutta la cultura pop: raramente si vede qualcosa di veramente nuovo, e quando accade succede sempre che la novità è di tale portata da modificare il gusto del pubblico in maniera irreversibile. Non è questo il caso della Corte dei Gufi: personalmente non mi trovo affatto d’accordo con chi ritiene il ciclo di Snyder il miglior riavvio della storia batmaniana, perché onestamente il confronto con Anno uno di Frank Miller rimane impietoso.

Ciò non toglie che lo story arc di Snyder sia da considerarsi un ottimo prodotto, grazie anche alla magistrale interpretazione grafica di Greg Capullo – cui magari l’occhio impiega un po’ di tempo ad abituarsi perché il suo stile non somiglia a niente di già visto sulle pagine di Batman. Anche nelle trovate meno originali, infatti, Snyder riesce ad aggiungere qualcosa di suo, arricchendo l’infinita saga del Cavaliere Oscuro con un nuovo capitolo più che valido e degno dei precedenti.

Vale in questo senso l’esempio delle short stories che compaiono in appendice agli ultimi quattro albi della saga: non certo una novità assoluta, ma una soluzione quanto mai efficace per alimentare la tensione intorno alla trama principale narrando storie parallele, come The fall of the House of Wayne (Batman #9-11). Stesso discorso per le lunghe digressioni sui pensieri di Bruce Wayne, soluzione già adottata da Miller e Morrison tra gli altri, che però con Snyder acquista nuova complessità e ricchezza, restituendo pienamente l’idea di un uomo colto e intelligente, che conosce la sua città ed è in grado di reagire prontamente a ogni difficoltà – o quasi.

Ecco, la città: un altro elemento centrale del racconto di Snyder è Gotham City, che da semplice scenario dove si sviluppa il duello tra Batman e la Corte dei Gufi diventa oggetto del contendere, e infine vera e propria protagonista della narrazione. Una scelta tutt’altro che nuova per lo sceneggiatore americano, che già in Gates of Gotham (2011) aveva mostrato tutto il suo interesse per la metropoli dove si muove il Pipistrello.

Quanto ai personaggi, oltre all’interessante gestione dei protagonisti e dei rapporti interni alla bat-family (in particolare quello tra Bruce e Dick Grayson), Snyder ha trovato anche il modo di lanciare dalle pagine della Corte una nuova figura del pantheon batmaniano: la giovane Harper Row, comparsa per la prima volta in Batman # 7 (The Talons strike) e presentata più approfonditamente al termine dello story arc dedicato alla Corte, in Batman # 12 (Ghost in the machine).

La ragazza vive nei quartieri poveri di Gotham, e con il suo lavoro di elettricista deve provvedere a sé stessa e a suo fratello Cullen. Il ragazzo è tormentato dai bulli del quartiere perché omosessuale, fino al giorno in cui Batman interviene a fermare un pestaggio, terrorizzando i ragazzi che stavano picchiando Cullen. Da quel giorno Harper decide di aiutare Batman, in qualche caso addirittura riuscendoci, anche se ciò significa confrontarsi con la scontrosità del Pipistrello.

Il personaggio di Harper ha permesso a Snyder di iniziare al meglio il dopo Court of Owls, rilanciando al contempo su una serie di tematiche “adulte” che non è mai scontato riuscire a introdurre nel fumetto commerciale americano. Questi elementi, insieme a undici mesi di alto livello, lasciano ben sperare per il futuro della serie Batman. E le altre due testate pubblicate nello spillato italiano? Entrambe coinvolte nella Notte dei Gufi (evento culmine di Court of Owls – in Detective Comics # 9 e Nightwing # 7-9), il primo anno delle due nuove serie non sarà ricordato negli annali del fumetto.

Su Detective, l’eccellente disegnatore Tony Daniel ha dimostrato tutti i suoi limiti in veste di sceneggiatore, proponendo frequentemente storie iper-adrenaliniche a lungo andare simili tra loro, con un’immagine del Pipistrello muscolare e stereotipata – fidanzata di turno compresa – e avversari caricaturali al punto da sembrare una brutta copia di quelli proposti da Grant Morrison (con cui peraltro Daniel ha collaborato su RIP).

Quanto a Nightwing, la testata dedicata al primo Robin ha mantenuto un profilo basso e privo di sussulti, con una trama per lo più ancillare rispetto a quella orchestrata su Batman. L’ampio spazio dedicato alla vita personale di Dick Grayson, personaggio radicalmente diverso da Bruce Wayne, ha probabilmente risposto alle aspettative di molti giovani fan, senza però regalare particolari spunti dal punto di vista narrativo.

In definitiva, se il bilancio del primo anno batmaniano dopo il reboot può considerarsi positivo, è merito soprattutto dei punti assicurati dall’accoppiata Snyder/Capullo. Nella speranza che almeno la testata principale possa mantenersi sui livelli narrativi sperimentati fin qui – cosa purtroppo assai difficile – consiglio vivamente a chi non l’avesse letta di recuperare La Corte dei Gufi, ennesima trappola narrativa all’apparenza inesorabile che Batman è riuscito a disinnescare con la determinazione e la tenacia che lo contraddistinguono. E che lo hanno reso l’eroe che è, amato da milioni di fan in tutto il mondo.

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