Stroncature – Alone in the dark


Alone in the Dark, la locandinaAlone in the dark

di Uwe Boll, con Christian Slater, Tara Reid, Stephen Dorff, Frank C. Turner, Matthew Walker

C’era una volta un giovane pugile che sognava di fare il regista. Nei suoi primi anni di attività, partorì capolavori immortali come German Fried Movie, Barschel – Mord in Genf, Amoklauf e Das erste Semester, valutati dal prestigioso sito IMDb con un 7,4 su 10. Sommando tutti i voti.

Nonostante gli addetti ai lavori avessero un vago sospetto circa una possibile mancanza di talento del ragazzo, il nostro eroe decise di fondare una casa di produzione tutta sua, e sfornare dozzine di film spesso tratti da videogiochi di cui aveva una vaghissima conoscenza. Fu allora che nacque il mito di Uwe Boll, considerato uno dei peggiori registi professionisti viventi.

Per farsene un’idea, sono sufficienti gli 85 minuti circa di Alone in the dark. Basato su un capitolo della nota saga videoludica, il film narra le vicende di Edward Carnby, ex-agente del Bureau 713, impegnato in una lotta contro delle mostruose entità chiamate xenomi.

Oltre alla sapiente mano di Boll dietro la cinepresa, il film può contare sulla sceneggiatura degli stessi Roesch e Scheerer di Brotherhood of Blood, pellicola che sicuramente avrete visto e amato. Il duo, coadiuvato da Elan Mastai, scodella uno script traboccante di buchi narrativi e battute ridicole. Memorabile lo scambio tra Christian Slater e Tara Reid, che commentano la morte di un amico d’infanzia del primo:

Nella foto,  un'opera scritta meglio  di questo film

Nella foto,
un’opera scritta meglio
di questo film

“Ho ucciso John”.

“Perché?”.

“Era uno di loro”.

“Allora non avevi scelta”.

Un dialogo notevole, soprattutto perché viene recitato con lo stesso pathos di una lettura dei numeri vincenti del Superenalotto.

La particolarità del film è però un’altra: riuscire a rendere tutto estremamente confuso e difficoltosamente comprensibile, nonostante l’intera pellicola sia letteralmente imbottita di spiegoni; se ne contano almeno dodici, dei quali solo due possono ritenersi vagamente giustificabili.

A mezz’ora dalla fine, inoltre, il ritmo cala mostruosamente: lo spettatore vede azzerarsi il proprio interesse, ed innalzarsi esponenzialmente il rimpianto per aver preferito guardare Alone in the dark al posto di un documentario sul markhor, la capra dalle lunghe corna tipica del Pakistan.

Questo perché le musiche azzeccate, la computer grafica (per l’epoca) di alto livello e una fotografia tutto sommato decente vengono vanificate da una direzione pedestre degli attori, un uso delle riprese in slow motion a dir poco casuale e una resa sgangherata delle sparatorie, fin troppo caotiche e antiadrenaliniche.

Dell’intero film, resta impressa solo la scena di sesso tra Christian Slater e Tara Reid, se non altro per l’inspiegabile scelta della colonna sonora: il celebre brano di Yousson N’Dour, Seven seconds, si sposa malissimo con le immagini.

E getta, oltretutto, un’inquietante ombra sulle doti amatorie del protagonista.

https://www.youtube.com/watch?v=NEBHAnrcfUQ

+ Non ci sono commenti

Aggiungi