Un berretto… il suono dei sonagli


Il berretto a sonagli di Luigi Pirandello

Adattamento e regia di Valter Malosti

Pirandello scrisse la commedia nel 1916 in lingua siciliana.Versione dialettale pensata per l’attore Angelo Musco con il titolo A birritta cu’ i ciancianeddi. La piéce  fu messa in scena dalla compagnia di Musco a Roma, al Teatro Nazionale, il 27 giugno 1917. L’anno seguente l’autore ne scrive la versione in lingua italiana.

La vicenda…

La trama de Il berretto a sonagli è apparentemente semplice e lineare. La narrazione prende l’avvio in media res. Beatrice Fiorica è in preda ad una furiosa crisi di gelosia, perché è venuta a sapere che il marito la tradisce con la moglie dello scrivano Ciampa, uno dei suoi dipendenti. Beatrice fa convocare il Delegato Spanò per sporgere denuncia di adulterio. Quindi gli chiede di compiere i dovuti accertamenti per scoprire la tresca tra i due. Anche se l’adulterio non viene appurato, divampa ugualmente lo scandalo.

…la conclusione

Ora la vicenda è diventata di pubblico dominio. Ciampa è cornuto. Dunque per il bene suo e degli altri non ha che due alternative. Compiere un delitto d’onore. Uccidere i due infedeli e lavare così l’onta al suo onore di marito. Oppure convincere tutti, soprattutto Beatrice, che il suo atto di gelosia è stato solo la manifestazione di un profondo squilibrio mentale. La donna prima vittima, poi accusatrice ora si rassegna alla propria follia.

Il piccolo mondo di Pirandello…

Un piccolo mondo di ipocrisia e falso perbenismo. Dove tutto si può fare, ma con la massima discrezione. Nulla si deve rivelare. A meno che chi lo faccia è un pazzo, uno che si mette sul capo il berretto a sonagli. Quando Ciampa propone a Beatrice la soluzione che salverà tutto e tutti a Beatrice, gliela presenta così: «Niente ci vuole a far la pazza, creda a me! Gliel’insegno io come si fa. Basta che lei si metta a gridare in faccia a tutti la verità. Nessuno ci crede, e tutti la prendono per pazza!»

 …sul palcoscenico con Malosti

Abbiamo assistito alla commedia messa in scena da Valter Malosti. Il regista ha curato l’adattamento e la regia della piéce di Pirandello scritta in dialetto siciliano.

Il palcoscenico è buio e deserto. Una voce fuori campo annuncia che scoppierà in una risata. Si ode una risata orribile. Si accendono i riflettori. Pochi arredi semplici, ma raffinati indicano  che  siamo  nel salotto di una casa della buona borghesia nei primi decenni del Novecento. in una cittadina dell’interno della Sicilia. Sul fondo un grande specchio riflette la luce e i protagonisti.

Un variegato campionario di umanità

Malosti ha portato sulla scena quel campionario umano tratteggiato da Pirandello. Ha rispettato quei caratteri. Ne ha anzi esaltato la personalità e la drammaturgia. Ha accentuato l’espressione corporea e la mimica facciale. Ha caricato sino al parossismo i gesti e i movimenti. Ha trasformato le figure umane in gesticolanti, allucinate ed esagitate marionette. Una galleria di personaggi che è anche un campionario di ossessioni e angosce. Emergono i loro impulsi più nascosti, la violenza e la crudeltà.

 La forza del linguaggio

Malosti ha portato anche la parola in scena. Il movimento e il linguaggio sono complementari. Il dialetto siciliano con il suo tono talora beffardo sottolinea i tratti caratteristici di ogni personaggio. Si unisce ad un linguaggio concitato, convulso, fatto di continue interrogazioni, esclamazioni, sospensioni, sottintesi, mezze frasi, frasi interrotte. Emerge l’idea dell’agitarsi delle passioni.

Commedia…

Il tema delle “corna” di per sé fa ridere. Però non ridiamo più quando comprendiamo che la vicenda diventata di pubblico dominio lascia una sola possibilità a Ciampa. Ovvero il “delitto d’onore”.  Ci rendiamo conto che i personaggi della vicenda non sono comici. E se riusciamo a togliere loro la maschera scopriamo la loro vera natura.

Comunque in alcuni momenti il pubblico, si diverte. Soprattutto all’inizio della vicenda al comparire in scena dei vari caratteri. Taluni delle vere e proprie caricature. Altri hanno atteggiamenti melodrammatici portati all’eccesso.

…o tragedia?

Poi i fatti prendono una piega inaspettata. Chi soffre di più,  non è l’offesa Beatrice che abbiamo visto disperata e in lacrime all’inizio della storia poiché ha scoperto la relazione adulterina del marito. Il Cavaliere Fiorica – il personaggio è continuamente  citato, ma non compare mai in scena – con la moglie di un suo dipendente, lo scrivano Ciampa del quale non  conosciamo neppure il nome.  Ma proprio quest’ultimo, dietro quella maschera di calma e obbedienza nasconde la sua sofferenza. In lui ritroviamo l’incontro – scontro di realtà e apparenza, tra ciò che sembra e ciò che è.

Ciampa ha i tratti tipici dell’eroe pirandelliano. È schiacciato da una condizione di vita umile. Perfettamente consapevole di essere in una condizione di evidente inferiorità sociale. Combattuto tra l’amore per la moglie e il senso dell’onore, tra il sapere e il dissimulare, tra l’essere e il fingere.

La doppia trappola

La vita di Ciampa si svolge sui binari del perbenismo esteriore. Ma è imprigionato nella trappola della forma. Una rete che lo avvolge e lo trattiene:  altro non è che quella famiglia borghese  dal carattere opprimente. L’altra trappola è quella economica. La condizione sociale e il lavoro. Monotono, frustrante, organizzato secondo una gerarchia rigida.

Gli altri caratteri

Attorno a Beatrice e Ciampa ruotano altri personaggi. Il fratello di Beatrice,  Fifì, un giovane viziato, l’essenziale è apparire. Il delegato Spanò che è combattuto tra compiere il suo dovere di pubblico ufficiale e la volontà di non dispiacere a quel personaggio così importante che è il Cavaliere. Donna Assunta, madre di Beatrice e Fifì. Pronta anche a sacrificare la figlia, mandandola in manicomio, pur di salvare le apparenze e di mettere a tacere lo scandalo. La serva Fana, timorosa, non è mai sicura di cosa sia giusto fare riguardo all’ubbidire alla volontà di Beatrice, la sua padrona. Poche ma significative battute per la Saracena e Nina Ciampa completano il quadro famigliare!

I sonagli

Alla fine della vicenda chi indosserà il berretto a sonagli? Che suono avranno quei sonagli? Sarà il suono per un pazzo o per un buffone?

Lo specchio

Valter Malosti con efficaci pennellate ha ricreato sul palcoscenico uno spaccato della società borghese siciliana dei primi decenni del Novecento. Ha affidato ad ognuno dei protagonisti il compito di trasmettere allo spettatore la curiosità di scoprire il vero personaggio che si cela dietro la maschera. Rabbia, angoscia, superficialità, rassegnazione, finzione. Ma sono proprio questi i veri sentimenti che provano i personaggi?

E poi c’è quel grande specchio che riflette luci ed ombre. Tutti ci passano davanti. Lo specchio riflette la loro immagine. Riflette il loro doppio.

Date degli spettacoli e altre informazioni al seguente link:

http://fondazionetpe.it/

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