Se questo è un uomo – a teatro con Valter Malosti


Torino, il 31 luglio 1919 nasce Primo Levi. Un nome che richiama subito alla memoria un titolo: Se questo è un uomo, la testimonianza sconvolgente di chi per un anno ha vissuto nell’inferno del Lager di Auschwitz.

Se questo è un uomo

Senza ombra di retorica è evocata la vicenda di una moltitudine privata del proprio passato, del futuro e del nome, sostituito da un numero impresso con un tatuaggio sul braccio.

I prigionieri non sono più uomini perché l’essere umano è demolito, ha perso anche il senso del tempo. Nella narrazione non si avverte né è presentato il progresso temporale, solo l’ultimo capitolo presenta un ritmo scandito e numerato. Il prigioniero ridiventato un uomo libero e si riappropria del tempo, del futuro e anche del passato.

Pagine nate dalla necessità impellente di raccontare l’esperienza dei deportati e di far conoscere quello che era successo. Dal libro di Levi emerge una realtà che commenta se stessa. Il coro dei sommersi ci trasmette un messaggio morale e civile che ancora oggi provoca domande e riflessioni.

Levi: parole e voce

Le parole scritte da Levi hanno un valore profondo. Quando al termine della lettura  si chiude il libro le immagini, le sensazioni, i suoni e i  sentimenti che ognuna di esse rappresenta, rimangono vivi e impressi in noi.

Levi ha dato la voce a tutti quelli che non sono sopravvissuti. Ha fatto parlare Auschwitz e da oltre settanta anni narra ai lettori di tutto il mondo la verità sullo sterminio nazista.

Un sogno perseguitava Levi, un incubo ricorrente: era tornato, si trovava  al sicuro nella sua casa, in mezzo a parenti ed amici e iniziava il racconto della sua esperienza ad Auschwitz. Tutti però mostravano indifferenza alle sue parole e nessuno ascoltava la sua voce. Una voce che a tutt’oggi ci parla e ha ancora qualcosa da dire.

La parola in scena

Oggi, nel centenario della nascita di Primo Levi, Valter Malosti attore e regista torinese, direttore di Teatro Piemonte Europa ha firmato la regia e l’interpretazione di Se questo è un uomo.

Per la prima volta il testo –  la cui condensazione scenica è stata curata da Malosti e da Domenico Scarpa – è portato in scena senza alcuna altra mediazione. Un monologo ininterrotto  che rende la parola l’assoluta protagonista sul palcoscenico.

Malosti ha dato la voce a Levi, una voce nuda che valorizza il testo e ne esalta la forza. Riesce a restituire la babele del campo, i suoni, il rumore sordo di quella fabbrica di morte, le minacce, gli ordini perentori. La  voce del testimone-protagonista  contiene una moltitudine di registri espressivi, percettivi, narrativi e di pensiero. Tali registri scorrono come fotogrammi tanto da imprimere l’azione al testo.

Un uomo con la valigia

La scenografia è scarna. Una parete mobile con un varco aperto: al di là di esso il buio totale. Il pavimento del palcoscenico è ricoperto di valige. Malosti/Levi entra in scena con una valigia che pone accanto a lui e non se ne separa mai. Una valigia è il simbolo del viaggio affrontato dagli ebrei deportati nei campi di concentramento. Ognuno portava con sé la propria valigia che poi era costretto a lasciare all’ingresso del lager. Il contenuto che rappresentava il passato e il presente doveva essere dimenticato perché non faceva più parte della propria vita. La valigia può essere anche interpretata come metafora di un popolo costretto ad un continuo errare senza speranza alcuna di stabilità.

Esperienza acustica e visiva

“Volevo creare un’opera – dice Malosti – che fosse scabra e potente, come se quelle parole apparissero scolpite nella pietra. Spesso ho pensato al teatro antico mentre leggevo e rileggevo il testo. Da qui l’idea dei cori tratti dall’opera poetica di Levi detti o cantati. Da qui ha preso le mosse l’idea di utilizzo dello spazio. Una sorta di installazione d’arte visiva più che una classica messa in scena teatrale”.

L’allestimento di Malosti coinvolge i sensi della vista e dell’udito. Il palcoscenico è privo di arredi scenici e vi regna il buio – solo l’attore è illuminato –  ma gli occhi  riescono a vedere oltre quel buio.Ua drammaturgia acustica e visiva che perché quella voce pacata, forte e salda sollecita la mente, suscita immagini chiare e reali.

La terra dopo il diluvio

Se questo è un uomo si conclude con un’immagine che appare sul fondale del palcoscenico, su di essa la voce narra i momenti della liberazione.

27 gennaio. L’alba. 

Improvvisamente il buio e il silenzio: ogni parola ora è banale.

+ Non ci sono commenti

Aggiungi