Ibtihaj Muhammad, ossia Zorro con l’hijab


Nel 1920 esce nelle sale americane un film muto destinato a fare la storia, “Il marchio di Zorro”. Il protagonista è un giovane nobile della Los Angeles dominata dagli spagnoli. Il suo nome è Diego de la Vega ma, quando aiuta il popolo afflitto dalle angherie dei governatori stranieri, accompagnato dal fido Bernardo, per tutti è, appunto, Zorro.

Questo film ispirerà più o meno tutti i supereroi che appariranno successivamente. In primis Batman. La peculiarità di questo personaggio, oltre l’agilità fuori dal comune e uno stupendo cavallo nero di nome Tornado, è la sciabola. Con essa si difende e affronta a duello i nemici e con essa lascia la sua proverbiale zeta.

Ora spostiamo il tempo in avanti di sessantacinque anni. Siamo a Maplewood, New Jersey. Denise ed Eugene Muhammad stanno portando a casa la secondogenita appena entrata nella loro vita. Dopo Qareeb, infatti, è arrivata Ibtihaj Muhammad. Più avanti arriverà anche la terza, Faizah. La fantasia, c’è da dire, non manca alla famiglia Muhammad. Se non l’avete intuito da soli, in casa si pratica la religione musulmana e i ragazzi crescono con i precetti conseguenti.

Cosa c’entra, dunque, una neonata musulmana con Zorro direte voi? C’entra. Si, perchè alla piccola Ibtihaj Muhammad, lo sport piace, anzi piace moltissimo. Ha provato un po’ di tutto: pallavolo, softball, nuoto, atletica. In quasi tutti era fra le migliori. Non sapeva scegliere o, forse, non poteva scegliere. Si, perché la religione musulmana non permette di mostrare il proprio corpo ad eccezione di volto, piedi e mani. Ecco che pallavolo, nuoto e atletica vengono scartati. Ci sarebbe il softball, ma non è proprio tra i suoi preferiti. Come spesso accade nella vita, è la mamma che mette le cose al loro posto. Stanno tornando a casa e, mentre passano vicino ad un parco, alcuni ragazzi sono vestiti da schermidori. Mamma Denise guarda quei ragazzi e incoraggia la figlia a provare.

A tredici anni, Ibtihaj Muhammad trova il suo amore sportivo. Dal primo giorno che impugnò l’attrezzo, si sentì libera, dice lei. Al di là dei risultati sportivi nella sciabola, sicuramente i migliori risultati sono quelli ottenuti fuori dalla pedana. O meglio, su un’altra pedana. Quella della vita. Negli anni ha dovuto affrontare avversari come razzismo e intolleranza, ignoranza e preconcetti. Le è stato chiesto di togliere l’hijab per un accredito per accedere ad una manifestazione. Lei ha risposta con un deciso no, dicendo che non se lo sarebbe mai levato, neanche in pedana.

(Credits: Mattel)

Negli Stati Uniti è un’icona. Ammirata e rispettata. Per le Olimpiadi estive di Rio 2016, è arrivata seconda nelle votazioni per decidere il portabandiera. Davanti a lei solo Michael Phelps. Sarebbe stata una prima volta storica. Come essere la prima donna musulmana a rappresentare gli Stati Uniti a livello internazionale. Questo ruolo è preso molto seriamente da lei, che si definisce, in un intervento su The Player’s Tribune, un’immagine di cambiamento.

Nel 2014, ha lanciato una linea di moda per donne musulmane, Louella, ispirandosi al nome della nonna. Infine, la Mattel, azienda produttrice delle Barbie, ha deciso di mettere in commercio una bambola con l’hijab, ispirata proprio a lei. La notizia ha fatto il giro del mondo, ma fa capire l’importanza di Ibtihaj nel suo ruolo di ambasciatrice di pace.

Si fa chiamare Hijabi-Zorro. Ricorda qualcuno?

(Credits: Mattel)

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