90 Oscar 2018 : La diretta della notte. Come è andata a finire?


La notte delle stelle. La notte dei 90 Oscar. Sul red carpet sfilano le star, al netto delle epurazioni dei vari Weinstein, Spacey, Affleck, coinvolti nell’enorme sex scandal che ha rivoltato come calzini i vertici cinematografici e messo all’angolo il machismo dominante nella società hollywoodiana.

Il cinema è finzione. Il processo mediatico che si è svolto a danno di alcune delle facce più conosciute del grande schermo, al di là delle diverse prese di posizione (più o meno legittime), è fondato sulla finzione. Nessuna verità dei fatti accertata con un giusto processo, solo sospetti ed illazioni da talk show.

Ma, ormai, il vaso di Pandora è rovesciato.

A correre per la statuetta più ambita, quella del miglior film, infatti, storie “diverse” di vita, donne emancipate, (Ladybird e Tre Manifesti a Ebbing, Missouri, La forma dell’acqua), vittime di razzismo (Get Out), giovani uomini innamorati (Call me by your name).

Nel mare magnum di un anno cinematografico particolarmente positivo, corrono per il premio di miglior regista, alcuni fra i più importanti directors degli ultimi 25 anni fra cui, Christopher Nolan (Memento, The Prestige, il Cavaliere Oscuro) e Paul Thomas Anderson (Vizio di forma, il Petroliere, The Master) e il la lanciatissimo Guillermo Del Toro.

A competere in questi 90 Oscar ci sono storici grandi esclusi come Gary Oldman, (favoritissimo per il migliore attore), Willem Dafoe (Un sogno chiamato Florida) e Christopher Plummer (Tutti i soldi del mondo) ma anche volti noti e pluripremiati come Meryl Streep (The Post) e Daniel Day Lewis (Il filo nascosto).

Una delle gare più affascinanti si giocherà per il premio dei migliori attori ed attrici non protagonisti e nella categoria del miglior film straniero dove concorrono cinque pellicole di livello assoluto, tutte vincitrici dei più importanti premi cinematografici europei.

In un palco grondante cristalli e diamanti, lontanissimo dalla sobrietà morale tanto cara ai movimenti anti-sistema hollywoodiani di questi ultimi mesi, inizia lo spettacolo con la sua consueta e ridondante retorica di battute e sorrisi politically-correct.

Per fortuna il teatrino dura poco e il presentatore, piuttosto spento e stucchevole, dà inizio alle danze.

La categoria dei migliori attori non protagonisti è quella a cui personalmente guardo con maggiore interesse per una ragione molto semplice: la vittoria è solitamente sintomatica della buona riuscita di una pellicola.

Sono i ruoli da non protagonista a rendere il film memorabile.

Proprio con questo premio – al maschile – parte la diretta dei 9Oscars. Il Brillante Richard Jenkins e Christopher Plummer, che sostituisce il destituito Kevin Spacey se la battono con Sam Rockwell, sbirro antieroe di Tre Manifesti a Ebbing, Missouri.

Sam Rockwell vince, come da pronostico! Primo Oscar per Tre Manifesti a Ebbing, Missouri! Il mio personale favorito.

Sulla sinistra Sam Rockwell, meritatamente premiato con l’Oscar al migliore attore non protagonista.

Pettinato come un Marine, sale sul palco evidentemente sovreccitato. Saluti di circostanza a mamma e papà che hanno avuto il pregio di trasmettergli la passione per il cinema; Frances Mcdormand scoppia a piangere, è commossa! Ed è una rarità.

Il regista Martin Mcdonagh è di ghiaccio. Mantiene l’eleganza ed il distacco british del grande uomo di teatro.

Il secondo premio sarà assegnato per il miglior trucco: il grande favorito è The darkest hour.

The darkest hour vince! La trasformazione di Gary Oldman nel primo ministro britannico Winston Churchill è impressionante. Oscar meritato. Ringraziamenti a Gary Oldman “un grande amico” da parte del vincitore Kazuhiro Tsuji.

Il prossimo Oscar è per i migliori costumi.

Grande candidato: Il filo nascosto! Mark Bridges aveva già vinto per “The Artist”.

And the Oscar goes to: Il filo nascosto! Il paradosso sarebbe stata la sconfitta, parlando il film di costumi e dell’arte del cucire abiti su misura.

Sale sul palco Greta Gerwig, regista candidata per Ladybird. Consegnerà l’Oscar al miglior documentario.

And the Oscar goes to “Icarus” di Bryan Fogel e Dan Cogan.

I registi sono emozionatissimi. Dedicano il premio al dott. Checov, protagonista di un documentario contro il regime putiniano, proteso a svelare le difficoltà e le preclusioni alla libertà d’espressione in Russia.

Un premio che vuole far rumore ed essere, a mio modesto parere, una bordata contro il Presidente Trump e il celebre Russian Gate.

L’Oscar successivo va al miglior montaggio sonoro. Grandi favoriti, La forma dell’acqua e Dunkirk!

And the Oscar goes to: Dunkirk. A mio avviso, meritatissimo!

Shape of Water ancora all’asciutto. Non promette bene per Del Toro…

I candidati per il miglior sonoro: occhio a quelli di sopra, ma con un occhio di riguardo per il film di Denis Villeneuve, Blade Runner 2049.

And the Oscar goes to: Dunkirk! E sono 2 per Christopher Nolan. Non posso che essere favorevole anche a questo verdetto. La parte sonora del film ricordo che mi avesse devastato di pugni allo stomaco.

Ecco un altro importantissimo premio: Miglior scenografia.

Francamente credo che, stavolta, il vincitore sarà The Shape of Water. Vediamo se sarò smentito. Perfezione scenica, profondità, ordine e fantasia (oltre ai colori perfetti!) per il film di Del Toro.

And the Oscar goes: The Shape of Water! Primo Oscar per il regista messicano della serata. Confermato il suo incredibile talento per la costruzione di scena, già mostrato e riconosciuto per il meraviglioso: Il Labirinto del Fauno.

Ecco un momento importante per il film di Luca Guadagnino. Sufjan Stevens si è fatto apprezzare moltissimo per la colonna sonora di Call me by your name ed è il grande favorito del pubblico. Corre con “Mistery of love” per la migliore canzone originale. Ma dovrà vedersela alla pari con la canzone di “Coco”, animazione del colosso Pixar, cantata in diretta (malissimo) dal super figo protagonista della serie tv Mozart in the jungle.

Non ci dovrebbe essere storia. Se assegnassi io il premio, Sufjan Stevens dovrebbe vincere a mani basse.

Presenta Daniela Vega, prima presentatrice transgender agli Oscar. Premiata per il miglior film straniero, in cui è protagonista.

Eccolo Sufjan, con una terrificante giacca a righe rosa con ricamati draghi cinesi verdi. Speriamo non sia di cattivo auspicio. Chitarre e mandolini, che ti riportano immediatamente agli occhi tristi di Elio che guarda nel focolare, alla fine del film.

And the oscar goes to: Remember me, di Coco. Che scandalo!

Un altro momento fondamentale. Il premio al miglior film straniero.

Il grande favorito è “L’insulto”, ma concorrono film veramente pregevoli come “Corpo e Anima” e “Loveless”.

And the Oscar goes to: Chile! “A fantastic woman”. Premio assolutamente inaspettato. Testimonianza della giovane e promettente leva cilena (v. Pablo Larraìn).

Il premio successivo va alla migliore attrice non protagonista. Una delle competizioni più equilibrate e imprevedibili.

Favoritissime le madri Alisson Janney, evil mother di I, Tonya e  di Ladybird. Occhio anche a Octavia Spencer, per la forma dell’acqua.

Alison Janney di I, Tonya, premiata come migliore attrice non protagonista.

And the oscar goes to: Alisson Janney, I, Tonya!

“Ho fatto tutta da sola”, esordisce. Elegantissima in abito rosso. Un discorso assolutamente sobrio e decente. Brava.

Ora è il turno del miglior cortometraggio d’animazione.

And the oscar goes to: Dear Basketball, con musiche di John Williams, minidocumentario sulla vita del cestista Kobe Bryant.

Kobe Bryant vince un oscar, pazzesco. Come tutti gli uomini di colore, straordinario in smoking.

Arriva il momento del miglior film d’animazione.

And the oscar goes to: Coco! Pixar rules. Vince nuovamente uno degli autori di Toy Story.

Un attimo di pausa. Sono stanchissimo. Premio ai migliori effetti speciali.

And the Oscar goes to: Blade Runner 2049! Primo Oscar per il film di Denis Villeneuve.

Un altro premio molto importante: il miglior montaggio.

Qui, una menzione speciale va alla Forma dell’Acqua. Spero sarà il vincitore.

E, invece, vince di nuovo Dunkirk! è il terzo premio della serata per il film di Christopher Nolan. Inizio ad avere un sospetto per il vincitore del prossimo Premio Oscar alla Regia.

Ecco i candidati e i premi per il miglior cortometraggio e il miglior documentario cortometraggio.

Nella seconda categoria vince Heaven is a traffic jam on the 405.

Nella prima categoria, per il miglior cortometraggio: The silent child. Il ritratto e la storia di una ragazzina nata sordomuta.

Un piccolo cameo con cui chi ha aderito alla compagna Time’s up spiega perché l’affermazione dell’uguaglianza sia un concetto di fondamentale importanza per la sopravvivenza della società.

Peccato che sull’altro canale io abbia appena visto la faccia della Meloni, che esulta.

Attenzione. Un momento fondamentale. La migliore sceneggiatura non originale.

Chance per James Ivory di Call me by your name.

E lo vince! Questo è un premio fondamentale.

Elio e Oliver, protagonisti di Call me by your name. Oscar alla migliore sceneggiatura per il grande James Ivory.

“Che siamo gay o etero, tutti siamo passati dal primo amore e, tutto sommato, siamo sopravvissuti“.

Personalmente, trovo questo premio salvifico per l’Italia, soprattutto in questo momento storico.

Entra Nicole Kidman, sempre più magra. che presenta l’Oscar per la migliore sceneggiatura originale.

And the Oscar goes to: Jordan Peale, Get out! Un premio inaspettato. Grande delusione per Mcdonagh e Tre manifesti a Ebbing, Missouri, grande favorito.

Momento patriottistico all’americana che, da una parte, parla di affermazione di diritti civili, dall’altra parla di ex volontari di guerra. Una contraddizione affascinante. Una delle tante, che rende questo Paese particolare, drammatico, autoritario, ma anche misterioso e, talvolta, incomprensibile.

Entra la grandissima Sandra Bullock che presenta l’Oscar per la migliore fotografia che, poi, è l’arte della ripresa, l’arte più estetica e immediatamente notevole del cinema.

Probabile la vittoria di Dunkirk e molte chance per la Forma dell’Acqua.

And the Oscar goes: Blade Runner 2049. Un’altra sorpresa. Quarto premio Oscar per Roger E. Dekins. “Una delle ragioni per cui amo di più il mio lavoro sono le persone dietro le telecamere”.

Stanno per arrivare le categorie più importanti: quelle dei migliori attori, del miglior regista e del miglior film.

Ma prima, la migliore colonna sonora. Francamente, spero vincerà lo strepitoso Hans Zimmer per Dunkirk, capace di trasmettere angoscia, disperazione e claustrofobia con pochissime note. Si vedrà.

And the Oscar goes to: Alexander Desplat, per La Forma dell’acqua. Smentito, nuovamente.

Eccoci. Il premio alla Regia. Concorrono alcuni fra i più acclamati registi hollywoodiani. Ma a scamparla è lui: Guillermo Del Toro!

Negli ultimi dieci anni, ben quattro statuette sono state assegnate a registi di origine messicana: Cuaròn, Inarritu ed ora Del Toro.

Che dire. Non me lo aspettavo. Avevo grande stima dell’opera “La forma dell’acqua” anche se fra tutti i film, avrei prediletto il maggiore senso di realismo di Tre Manifesti o di Ladybird. Però, al netto di alcune strizzate d’occhio alle politiche “corrette” e 2.0. , il buon Del Toro ha confezionato un prodotto personale, una summa del suo cinema. Devo dunque riconoscer la sua caparbietà nel volere esprimere i suoi concetti, prima di tutto il resto. Le intuizioni, poi, sono sempre d’autore.

Restano a secco i mostri sacri Nolan e Anderson.

Il migliore attore protagonista quest’anno vedeva fenomeni del calibro di Gary Oldman, attore strepitoso, che già avrebbe meritato per svariati film (uno su tutti, Leòn di Luc Besson) competere con nuove leve come Timothee Chalamet e la sorpresa Daniel Kaluuya di Scappa! Get Out!

Vince Gary Oldman per la sua interpretazione magistrale di Winston Churchill nell’Ora più buia. Nessuna sorpresa. Era il candidato numero uno.

Nel discorso di ringraziamento si sofferma con eleganza sulla nascita della sua carriera di attore nel Sud di Londra, un ragazzo in una città di 10 milioni di abitanti.

Nel ruolo di migliore attrice protagonista, vince, per distacco assoluto dalle concorrenti, la spettacolare Frances Mcdormand, esempio di eroina femminista ma non tipicamente femminile. Il suo ruolo in Tre Manifesti a Ebbing, Missouri è di quelli da antologia del cinema.

Il suo discorso, piuttosto penoso e scontato nei contenuti, invero,  fa da contraltare all’espressione grezza del suo viso ed alle sue emozioni commosse ed oneste.

La grandiosa Frances Mcdormand, vincitrice del Premio Oscar 2018 come migliore attrice protagonista in una scena di Tre Manifesti a Ebbing, Missouri.

Al termine di questa lunghissima notte a vincere il Premio come miglior film 2018 è La Forma dell’Acqua, di cui faccio rimando al collega di redazione ed alla sua pregevole recensione per altri approfondimenti.

The Shape of Water, Miglior film del 2018 ai Premi Oscar.

L’attesa è terminata.

Questo premio mantiene un fascino fuori dal tempo, anche dopo la sesta diretta della mia vita.

Devo fare alcune considerazioni, però, anche se è tardi, anche se sono devastato.

Alcuni argomenti come la diversità e la parità di genere, assoluta protagonista dello show di questa notte, sono di un’importanza tanto vitale quanto complessa e dirompente che, talvolta, ce lo si dimentica con troppa facilità.

Le parole che sono arrivate al pubblico questa sera si sono estrinsecate in una sequela di luoghi comuni, clichet e frasi fatte, tanto da farti credere di trovarti in un non luogo televisivo, una specie di ologramma, talmente distante dalla realtà coi suoi luccichii e i suoi abiti alla moda, che suscita un odio spontaneo.

L’arte dovrebbe avere un’espressione di diversità in sé di cui il metalinguaggio, la retorica, costituiscono un corredo ridondante che non restituisce alcun valore alle sue peculiarità, alle sue differenze, ma semmai le rende piatte, indistinguibili e moralizzanti.

Perde senso la lotta, perde senso il cinema, che non ha molta necessità di spiegare per far comprendere cosa si svolge ogni giorno fra le strade di ogni città e nelle vite di ciascuno di noi.

Lo può fare con le immagini, con la sceneggiatura, con la musica e con tutti i suoi strumenti.

Se è vero, però, che non tutti comprendono di essere presi in giro e catechizzati, nonostante tutto, allora, mi auguro che la superficie di questi mille discorsi moralisti gli rimbalzi addosso, che gli faccia riflettere, che gli devii sull’argomento, anche inconsapevolmente, a costo di fargli esprimere un giudizio.

Si spera che uno cambi giudizio, in questo modo, ma dubito che le posizioni omofobe, sessiste, misogine, razziste e xenofobe possano destarsi su questa mistificazione del reale che è Hollywood, il quale, peraltro, quest’anno ha perso molta della sua credibilità.

Per fortuna esistono i film.

Buona mattinata a tutti.

La Redazione.

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