Io sono juventino grazie ad Alessandro


Questa mattina, incuriosito dalla copertina, in edicola ho acquistato l’inserto settimanale “Sette” del Corriere Della Sera.
Il titolo e il tema principale della rivista è: “Perché si diventa juventini?
L’articolo in questione (scritto da Daniele Dallera e Roberto De Ponti) ricerca le motivazioni dell’essere tifoso della Juventus, statisticamente la squadra più tifata in Italia, ma il discorso si estende a Milan, Inter, Lazio, Napoli, Roma, Genoa, Fiorentina e a qualsiasi altra squadra.
Mentre leggevo queste pagine, mi interrogavo sul perché anch’io sono juventino, qual’è il motivo per cui la mia squadra ha la maglia zebrata.
In 23 anni, non ci avevo mai riflettuto, ma oggi, spronato da questa lettura, l’ho fatto.

Sono partito dalle origini di Eugenio. Nel 1994, anno della mia nascita, qualche parente (credo mia mamma, Clara, ma non ne sono sicuro) mi regalò la maglia del Milan di George Weah. Essendo troppo piccolo e soprattutto incapace di guardare consapevolmente le partite, mi reputavo “tifoso” rossonero.
Questo periodo però terminò praticamente subito, in prima elementare.
Qual’è stato il movente che mi fece cambiare sponda? Il Milan, a differenza della Juve, in quegli anni non otteneva grandi risultati, ma ci fu soprattutto un nome che mi spinse a farlo: Alessandro.

Mio babbo, Alessandro per l’appunto, è sempre stato juventino, ma non mi ha mai forzato a seguirlo, sapeva che prima o poi lo avrei fatto: cosa c’è di più bello per un bambino che guardare una partita di calcio a fianco del proprio papà? Credo niente. Mi ricordo perfettamente le prime volte, quando potevo guardare solamente il primo tempo perché la mattina dopo sarei dovuto andare a scuola, o quando ci si metteva vicini a mangiare le castagne calde o ancora meglio un Cornetto (il babbo mi mangiava le mandorle perché a me non piacevano).

Penso ad Alessandro perché il mio primo grande amico, l’amico di sempre, si chiamava così e di juventini come lui non me ne vengono in mente.
Con “Ale” (assieme ai suoi familiari ero uno dei pochi a chiamarlo così) passavo la stragrande maggioranza del mio tempo: la mattina a scuola, sempre uno vicino all’altro, al pomeriggio a casa o in palestra e a volte anche la sera.
Con lui ho condiviso praticamene tutto.
Eravamo i due classici amici inseparabili, a scuola in inverno e in vacanza al mare in estate.
Nei nostri discorsi c’era sempre Lei, la Vecchia Signora.
Se dovessi dare un colore a quegli anni (che tuttora reputo i più belli della mia vita), me ne vengono in mente due, il bianco e il nero.

Il terzo e ultimo Alessandro è quello che probabilmente tutti voi, sin da subito, vi sareste aspettati: Del Piero.
Sono nato e cresciuto con il mito del numero 10 juventino.
In cantina conservo ancora le maglie (tarocche) di Alex che indossavo con orgoglio a scuola durante la ricreazione.
Con Pinturicchio (come lo chiamava l’avvocato Agnelli) è stato subito amore. Mi ha fatto gioire, mi ha fatto esultare e quando lui era in campo mi sono sentito più tranquillo: “tanto Alex prima o poi farà la sua giocata”.
Ancora oggi, quando rivedo le sue vecchie azioni che ho ben impresse nella mente, mi commuovo e rimango a pensare a quegli anni, gli anni in cui ho fatto la mia Scelta.
Ecco, questo è il perché Eugenio è diventato juventino.

Dedicato a:

  • Alessandro Petrillo (il mio papà);
  • Alessandro Caldaini (il mio più grande amico);
  • Alessandro Del Piero (il mio capitano)

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