La Violenza della Polizia negli Stati Uniti


traduzione a cura di Lucia Pugliese, revisione di Marco Frongia

Per leggere la versione originale, in lingua inglese vai qui/Link to the original English Version: Police Brutality in the U.S.

Il 6 Luglio 2016 – solo due giorni dopo il 240esimo compleanno degli Stati Uniti – i cittadini afroamericani si sono trovati in uno “stato di emergenza”, a seguito delle uccisioni ingiustificate di tre uomini di colore in tre giorni per mano della polizia americana.  Che ironia: vivere in una nazione che celebra la libertà, l’uguaglianza e la giustizia per tutti,  “la migliore nazione del mondo”, che però ancora non comprende il concetto di “ trattare le gli americani di colore come esseri umani”

Ricapitolando brevemente:

Il 4 luglio 2016 Delrawn Small è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco da un poliziotto fuori servizio a Brooklyn, in seguito a un litigio itra automobilisti. Mentre piangevamo la morte di Delrawn, la polizia sparava ad Alton Sterling, dopo averlo immobilizzato a terra, a Baton Rouge, Louisiana. Mentre piangevamo Delrawn e Alton, Philando Castile veniva ucciso a colpi di pistola di fronte alla fidanzata e alla figlia da un agente di polizia.

Prima che il nome di Philando Castile e le circostanze della sua morte venissero portate alla luce, la forze dell’ordine americane avevano ucciso almeno 136 persone di colore solo nel 2016. Naturalmente altri nomi si sono aggiunti alla lista delle vittime nelle scorse settimane. Queste uccisioni hanno portato ad uno “ stato di emergenza” nella comunità afroamericana: i cittadini di colore non possono più rimanere indifferenti, mentre persone come loro vengono uccise da poliziotti che hanno giurato di proteggere la comunità (e sono pagati per farlo).

Prendiamo il caso di Alton Sterling, la cui uccisione è stata brutale, ingiusta e condivisa sui social network perché tutto il mondo potesse vederla.

Due poliziotti , entrambi bianchi, americani, sono arrivati davanti a un piccolo supermercato dopo aver ricevuto una segnalazione: un uomo che vendeva cd fuori dal negozio stava armeggiando con una pistola.

Apparentemente, i poliziotti hanno tenuto un atteggiamento aggressivo sin dal loro arrivo: poco dopo hanno immobilizzato Alton Sterling con un taser e lo hanno costretto a terra, bloccandolo pancia a terra sotto il loro peso.

Il video mostra una colluttazione che ha luogo mentre i poliziotti forzano Alton a terra: l’uomo non stava necessariamente resistendo all’arresto, quanto alla brutalità dei poliziotti che lo maltrattavano e al peso delle persone sulla sua schiena (una reazione di fatto normale se il tuo corpo si trova in una posizione scomoda e qualcosa di pesante sta limitando la tua capacità di respirare).

Ad un certo punto, un agente ha urlato che Alton ha una pistola. Non è chiaro se l’uomo intendesse che Alton impugnava un’arma, o che ne era semplicemente in possesso. Ciò che sappiamo è che qualche istante dopo Alton è stato ucciso, ma non aveva nessuna pistola in mano. Questa versione dei fatti è confermata da un video girato dal proprietario del supermercato, un amico di Sterling che gli permetteva di vendere cd davanti al negozio, e che aveva assistito a tutta la scena.

Neanche un giorno dopo il fatto, sono stati resi noti i precedenti penali di Alton: tuttavia la sua storia non è venuta fuori quando i poliziotti lo hanno affrontato. Come avrebbero potuto sapere chi era Alton e cosa aveva fatto in passato? Quasi sicuramente non avevano avuto accesso a queste informazioni. Ciò che gli agenti hanno visto tuttavia, non era una persona ma un “ corpo” che per il semplice fatto di essere di colore, hanno giudicato “criminale.”
Alton Sterling non meritava di morire così.

Philando Castile è stato fermato dalla polizia per un fanale posteriore rotto. Philando ha seguito tutti gli ordini che gli erano stati impartiti dagli agenti, e ha persino dichiarato di avere con sé in macchina un’arma registrata. Philando non ha tentato di prendere la pistola per fare del male al poliziotto: stava bensì cercando la patente di guida che gli era stato chiesto di esibire.

L’aver informato la polizia di possedere una pistola (senza alcuna intenzione di usarla) ha procurato a Philando Castile quattro ferite d’arma da fuoco per mano delle forze dell’ordine. Mentre Philando moriva, la fidanzata ha raccontato cosa stava accadendo con lucidità utlilizzando un servizio di live stream e quel video è ciò che io, e come me tanti altri americani, ho trovato sulla bacheca di Facebook al risveglio (personalmente non me la sono sentita di guardare il filmato, penso di essere stata già abbastanza traumatizzata da video simili).

In molti si chiedono perché la fidanzata di Philando non abbia chiamato il 911, il numero unico per le emergenze, invece di riprendere la morte del fidanzato in diretta. Ricordiamoci che il 911 si trovava già sul posto, anzi era stata proprio la polizia a causare tutto. E invece di provare a salvare Philando, i poliziotti hanno puntato le pistole sulla ragazza e sulla figlia di lei, che ha 4 anni.

E avevano appena sparato all’uomo di cui la ragazza era innamorata.
Successivamente è emerso che Philando era stato fermato perché uno dei poliziotti riteneva corrispondesse alla descrizione di un sospettato per rapina, per via della forma del suo naso (una caratteristica comune tra gli afroamericani). Philando Castile non era un sospetto rapinatore, ma un supervisore nella mensa di una scuola elementare, ed era popolare e amato. Per di più Philando era stato fermato dalla polizia altre 50 volte per “ varie infrazioni”; o per meglio dire, profilazione razziale.
Philando Castile non meritava di morire così.

L’età non conta nei casi di polizia violenta e profilazione razziale. Anche i bambini di colore sono diventati le sfortunate vittime dell’uso eccessivo della forza da parte delle forze dell’ordine americane. La morte di Tamir Rice, un ragazzino di dodici anni avvenuta a Cleveland, Ohio, ha scioccato gli Stati Uniti: abbiamo potuto vedere i poliziotti avvicinarsi a Tamir e sparargli in due secondi.

La morte di Tamir si sarebbe potuta prevenire se gli agenti avessero provato a parlare al bambino per capire cosa avesse in mano (un’arma giocattolo). Invece, la polizia ha sparato a Tamir come se si fosse trattato di un criminale e non di un ragazzino di dodici anni.
Tamir Rice non meritava di morire così.

Capire la violenza della polizia negli Stati Uniti

Per comprendere la violenza della polizia negli USA e il modo in cui questa si concentra sulle persone di colore – afroamericani, ma anche asiatici, nativi e ispanici – bisogna prima avere un’idea del razzismo sistematico americano in tutte le sue aberrazioni. Anche se i libri di storia hanno addolcito la pillola riguardo la fondazione degli Stati Uniti, senza ombra di dubbio gli USA non sono mai stati fondati sulla “ libertà” quanto sulle “ossa” dei Nativi Americani.

Non molto tempo dopo il genocidio delle popolazioni indigene americane, gli Africani furono strappati alla loro terra e portati fino in America per diventare schiavi. Anche dopo che gli schiavi furono liberati, furono istituite leggi discriminatorie – le cosiddette “leggi Jim Crow”, allo scopo di opprimere le persone di colore. L’era delle leggi Jim Crow può definirsi un vero e proprio “stile di vita” razzista, diffuso soprattutto negli stati del sud, e che permetteva la segregazione razziale di enti, scuole, bus, treni, ristoranti e altre istituzioni.

Sebbene il corpus di leggi Jim Crow fu abolito negli anni Cinquanta, l’ideologia che lo aveva alimentato permea la coscienza culturale, sociale ed economica, risultando in un numero sproporzionato di persone di colore nel sistema carcerario, in discriminazioni di varia natura, in un divario retributivo e in casi di profilazione razziale. Gli effetti di questa mentalità persistono ancora oggi. C’è poco da stupirsi quindi se la brutalità delle forze dell’ordine è diffusa nella nostra società e nella nostra cultura.

La violenza della polizia non inizia quando qualcuno viene soffocato, picchiato o ferito a colpi d’arma da fuoco. Inizia quando i poliziotti vedono afroamericani, asiatici, nativi e ispanici come colpevoli per via della razza a cui appartengono, invece di considerarli in primo luogo come esseri umani. La tendenza alla profilazione razziale della polizia USA è nota: ciò significa che la razza percepita diventa motivo per sospettare ingiustamente una persona di aver commesso crimine. Il problema è talmente grave che altri Paesi ne hanno preso coscienza. Qualche giorno dopo l’uccisione di Philando Castile, le Bahamas hanno rilasciato una nota di avviso ai viaggiatori, per i loro cittadini che si sarebbero recati negli States:

“In particolare ai giovani uomini si chiede di esercitare estrema prudenza nell’interazione con la polizia nelle città interessate. Non provocate, cooperate.”

Sostanzialmente, ogni persona di colore che vive negli Stati Uniti ha vissuto un’esperienza di profilazione razziale o si aspetta di viverla in futuro nei negozi, da parte della polizia o anche per strada; non ci resta che sperare che quando sarà il nostro turno non verremo uccisi.

La violenza delle forze dell’ordine non è una novità: le telecamere, tuttavia, lo sono. Ed è con questi strumenti che ovunque nel mondo le persone possono vedere la vergogna degli USA, e noi americani stiamo finalmente cominciando a guardarci allo specchio. Il mondo intero ha assistito alle brutali uccisioni di Alton Sterling, Philando Castile e Tamir Rice in televisione, sui giornali, sui social media: in effetti su Facebook è molto semplice condividere e riguardare i filmati di queste morti violente.
La presenza di materiale video è ciò che rende queste tragedie disturbanti e strazianti a tal punto.

Si potrebbe pensare che i filmati abbiano costituito la prove definitiva dei fatti e che gli agenti di polizia coinvolti siano stati immediatamente arrestati. Tuttavia il sistema giudiziario americano sembra riservare il dovuto processo solo a coloro che non indossano l’uniforme della polizia. La mancanza di giustizia per le vittime e le loro famiglie perpetra ulteriormente la violenza delle forze dell’ordine. Non è così sorprendente, dato che i pubblici ministeri e i procuratori distrettuali sono per il 95% bianchi e per l’83% uomini. Allo stesso tempo negli USA le persone di colore sono perseguite legalmente in maniera sproporzionata rispetto alle loro controparti bianche. Come fanno le famiglie delle persone uccise dalla polizia ad aspettarsi giustizia quando il sistema non li include?

Di recente si è molto discusso su come porre fine alla violenza della polizia. Le idee spaziano dal dotare i poliziotti di telecamere che ne registrino ogni movimento all’integrare meglio gli agenti nelle comunità che servono, passando per l’addestrare in maniera più adeguata le forze dell’ordine a risolvere i conflitti senza l’uso delle armi. Forse la soluzione è tra queste che ho elencato, o magari deve essere ancora scoperta, ma non si può più negare l’evidenza della brutalità dell’esercizio della legge negli Stati Uniti.

Poliziotto buono vs poliziotto cattivo

Una frase famosa, solitamente attribuita ad Edmund Burke, recita:

“Tutto ciò che è necessario perchè il male trionfi è che gli uomini rinuncino all’azione”

Credo che tutti capiscano quanto sia difficile il lavoro della polizia. Gli agenti rischiano ogni giorno le loro vite per proteggere i cittadini, e per questo devono poter pensare e agire velocemente per risolvere situazioni di tensione. Tuttavia se il tuo primo pensiero di fronte ad una persona di colore (a cui seguirà l’azione) è quello di sparare, soprattutto se è disarmata, è ovvio che fare il poliziotto non è il tuo mestiere. E sebbene sia ben chiaro che non tutti i poliziotti sono “ cattivi” , tutti i poliziotti alimentano il sistema razzista quando mantengono il silenzio e si rifiutano di denunciare l’aumento della violenza da parte dei loro colleghi nei confronti delle persone di colore. Il muro di omertà attorno agli agenti di polizia è mortale, e perpetra un sistema malato di uso eccessivo della forza.
Com’è possibile che, nel 2015, 1207 persone siano state uccise negli Stati Uniti? Più di quanto sia mai successo in altri Paesi in tutta la storia delle forze dell’ordine. È inaccettabile.

Sarò la prossima?

Il mio corpo non dovrebbe essere considerato un bersaglio dalla polizia, soprattutto in una nazione che garantisce l’innocenza fino a prova contraria. Io sono nera, e lo sono in tutti gli aspetti della mia vita. Non è qualcosa che sono pagata per essere, qualcosa che metto e tolgo come la divisa di un poliziotto. Così, ora la rabbia e le rappresaglie di queste uccisioni cominciano a placarsi, sorge spontanea una domanda:

Sarò la prossima?

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