Settebello, olimpico e abbronzato


Alla fine, bronzo. Fu vera gloria? Certo che lo fu, ci mancherebbe. Siamo ancora tra le prime quattro squadre del mondo nella manifestazione più importante, gli unici invitati al ballo slavo.

L’ Ungheria tradizionalmente grande ne resta fuori, per dire, così come restano fuori Grecia e Spagna, che contro l’Italia faticano sempre.

A occhio e croce, la pallanuoto parrebbe lo sport di squadra più efficace del panorama agonistico nostrano, in quanto riesce sempre a produrre grandi risultati a dispetto delle cifre che girano e della relativa esposizione mediatica. Se è vero che chi non ha testa ha gambe, è anche vero che chi non ha soldi ha testa. E cuore, perché senza quello difficilmente si arriva da qualche parte.

Nei gironi come Icaro

Il Settebello inizia alla grande la prima fase. Nel match inaugurale contro la Spagna a brillare è il carattere messo in campo dai nostri. Opposti ad avversari storici, contro cui la tradizione solitamente ci sorride, patiamo, e tanto. Gli iberici guadagnano presto un vantaggio, e ad ogni tentativo di avvicinamento azzurro corrisponde un nuovo allungo della Roja. Sotto anche di due goal, senza Aicardi e Velotto infortunati, con Bodegas e Gitto fuori per raggiunto limite di penalità gravi, l’Italia nell’ultimo periodo è alle corde: sette uomini contati in campo e sotto di due reti. A quel punto, viene fuori la grinta. Una rimonta epica, una Nazionale indomita a cui la Spagna non sa più trovare contromisure e poi quel goal decisivo di Christian Presciutti per la vittoria 9-8, un tripudio viste le condizioni in cui eravamo. Seguono due gare agevoli, contro Francia e Montenegro (6-5), in cui tecnicamente ci dimostriamo all’altezza dell’importanza del torneo a cinque cerchi. Logico che, a quel punti i tifosi comincino a sperare in un bis medagliato ai Giochi, dopo gli ultimi quattro anni decisamente avari di soddisfazioni. Come già gli antichi Greci ci avevano insegnato con il mito di Icaro,  tuttavia, quando ci si distrae si cade. Puntualmente.

A riportarci a terra per prima, la Croazia, campione olimpica in carica. Una gara che affrontiamo con lo spirito giusto, ma in ambasce, o, metaforicamente, in apnea. Nella terza frazione i dalmati prendono il largo con due reti, non riusciamo a tornare in partita, soffriamo il loro pressing aggressivo quanto basta per non incorrere in falli e allo stesso tempo crearci ostacoli in quantità industriale. “Poco male,” ci diciamo “è la Croazia, contro di loro soffriamo sempre e poi non Sali sul gradino più alto del podio ai Giochi per caso. Alla prossima va meglio”. Ecco, no, anzi, per certi versi fa pure peggio. Mentre su un altro canale RAI Tania Cagnotto mantiene la concentrazione e con due splendide prestazioni porta a casa un bronzo dietro le due inarrivabili e inenarrabili cinesi, il Settebello fa l’opposto contro un altro politicamente gigante globale, gli Stati Uniti. Distratti, imprecisi, senza quel mordente necessario per issarsi sugli avversari già eliminati e magari guadagnare una posizione in alto nella griglia del girone, i nostri prima vanno sopra di due con gli USA e poi si fanno infilare prima fino al pari e successivamente fino al vantaggio, prima di uno, poi di due, poi di tre. Come contro i croati, così contro gli americani: soffriamo il loro pressing aggressivo quanto basta per non incorrere in falli e allo stesso tempo crearci ostacoli in quantità industriale.

Com’è superumana la Serbia

Lo scontro con i cugini greci nei quarti di finale è da lustrarsi gli occhi: difesa lucida, attacco crotalico e quella sensazione che il miracolo in semifinale sia fattibile. Sensazione sbagliata, perché di fronte abbiamo una Serbia che ha dormicchiato nella prima fase, facendo il minimo sindacale, ma se hai vinto tutto nell’ultimo quadriennio non puoi essere una squadra che arriva quarta nel proprio raggruppamento. Filipovic e compagnia non si fanno scrupoli, contro di noi: contraggono ed espandono la difesa a piacimento, forzano palle perse al nostro attacco che dall’altra parte diventano realizzazioni. Il punteggio dice 5-0, prima che iniziamo faticosamente a risalire la china, arriviamo anche a tre lunghezze di distanza ma ci ricacciano immediatamente indietro. Sarà finale per il bronzo contro il Montenegro, mentre l’inumana Croazia e la superumana Serbia si giocheranno l’alloro olimpico.

Contro il Montenegro ormai è una classica. Partiamo forte, subito 2-0, pareggio loro, Gallo per il goal del vantaggio. C’è da sudare, anche se siamo in acqua. Torniamo avanti di due, ricuciono, e succede quattro volte, fino a che teniamo in difesa e in attacco Christian Presciutti ci porta sul +3. I montenegrini tirano ma incredibilmente prendono legno su legno, cominciamo a sospettare che il Destino stia dicendo loro che quello sarà il materiale della “medaglia” che porteranno a casa. Sospetto clamorosamente incrinato quando Radovic fa il -1, ma realizzato quando Aicardi sigla il 12-10 finale. È bronzo, meritato.

La finale, beh, la finale è uno spettacolo, tra due squadre che sanno giocare e non far giocare. La spunta la Serbia, che raggiunge un successo mai colto in precedenza. Il +4 finale in realtà è un po’ fuorviante, frutto soprattutto del gap di due reti che i serbi mettono tra sé e i croati nel secondo quarto. Mandic e Sukno ingaggiano una sfida a distanza, ma alla fine a prevalere è la pericolosità maggiormente diffusa degli uomini di Belgrado, che al momento sono campioni europei, mondiali e olimpici in carica. Alla faccia…

Brave, brave, Setterosa!

In chiusura uno spazio non possiamo non dedicarlo alle ragazze italiane della pallanuoto, per giustizia nei loro confronti e per dovere di cronaca. Belle da veder giocare e brave, perché come i dirimpettai maschi si sono trovate di fronte una squadra che sta qualche spanna sopra tutte, nella fattispecie gli Stati Uniti.

L’argento arrivato è strameritato, mettere in fila Brasile, Australia, Russia (due volte, nei gironi e in semifinale) è stata davvero un’impresa. Le parate di Chiara Gorlero, i goal di Roberta Bianconi, Federica Radicchi, Chiara Garibotti, la leadership di Tania Di Mario, e in generale l’intraprendenza di queste ragazze che non si sono fatte intimidire dalla fisicità delle russe o dal dinamismo delle australiane.

Settebello e Setterosa: l’imponderabile leggerezza dell’essere e del giocare. Anche contro i superumani.

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