La proposta di legge popolare sulla nuova legittima difesa


Il partito politico dell’Italia dei Valori, che sta portando avanti una battaglia sulla riforma della “legittima difesa”, ha depositato in Corte di Cassazione una proposta di legge popolare sulla legittima difesa per modificare gli articoli 55 e 614 del Codice Penale, invitando la cittadinanza a sottoscriverla in massa per raggiungere il numero di firme necessarie a proporla al Parlamento per la sua trasformazione in legge (gli interessati devono sottoscrivere un modulo – Proposta di legge popolare sulla nuova legittima difesa – e fare autenticare la propria firma da un Funzionario del Comune di residenza).

Prima di ogni riflessione sul merito della proposta, è utile mettere a confronto il testo attuale delle norme con quello per cui si batte Italia dei Valori nella sua proposta di legge popolare sulla nuova legittima difesa.

L’articolo 614 del Codice penale, rubricato “Violazione di domicilio”, prevede attualmente:
la pena della reclusione da sei mesi a tre anni e la procedibilità del reato a querela per chi “s’introduce nell’abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze di essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi s’introduce clandestinamente o con inganno”;
la pena da uno a cinque anni e la procedibilità d’ufficio se la violazione di domicilio è commessa con un violenza sulle cose (è il caso, ad esempio, di chi entri scassinando la porta o rompendo una finestra) o sulle persone, oppure da una persona palesemente armata.

Il testo del nuovo art. 614 prevederebbe invece:
– un innalzamento della pena base, che dovrebbe essere applicata nella misura “da uno a sei anni”;
– un innalzamento della pena “aggravata”, nella nuova cornice “da due a sette anni”;
– la procedibilità d’ufficio del reato in tutti i casi in cui la violazione di domicilio fosse finalizzata a commettere un altro reato, perseguibile d’ufficio;
– l’inserimento di una disposizione completamente nuova, secondo la quale “colui che ha posto in essere una condotta prevista dai commi precedenti non può chiedere il risarcimento di qualsivoglia danno subito in occasione della sua introduzione nei luoghi di cui al primo comma”.

L’articolo 55 del Codice Penale è invece dedicato all’“Eccesso colposo”e punisce chi commette un reato in presenza di circostanze che escluderebbero la sua responsabilità (ad esempio, per legittima difesa) ma colpevolmente supera i limiti che tali circostanze avrebbero richiesto (è il caso di chi ferisce a morte l’autore di un’aggressione, quando avrebbe potuto limitarsi a disarmarlo).

Con la modifica dell’art. 55 del Codice Penale, invece, “non sussiste eccesso colposo in legittima difesa quando la condotta è diretta alla salvaguardia della propria o altrui incolumità o dei beni propri o altrui”.

Scopo delle modifiche è, da un lato, quello di aggravare il trattamento sanzionatorio di chi commette il reato di violazione di domicilio e, dall’altro, di alleggerire la posizione di chi, difendendo la sua proprietà, commette violenza sull’autore dell’aggressione.

Le modifiche proposte rispondono quindi all’esigenza dei cittadini di “sentirsi più sicuri a casa propria”: il problema della sicurezza in casa è un tema sempre attuale, e la percezione di insicurezza diffusa nella popolazione sembra confermata dalle statistiche (secondo un rapporto del Censis di febbraio 2015, i furti di abitazione sarebbero aumentati in dieci anni del 127%, a fronte della diminuzione di altre tipologie di reato, come il furto di autoveicoli). Tra le cause di questo fenomeno, certamente vi rientra la maggiore facilità di mettere a segno un colpo in un’abitazione privata piuttosto che in banche, uffici postali e negozi, dotati di più efficienti sistemi di sicurezza.

Ciascuno è libero di valutare se un inasprimento delle pene sia la risposta giusta ed il sistema più efficace per ridurre i crimini nelle abitazioni: a prima vista sembrerebbe di no, dal momento che negli ultimi dieci anni sia la disciplina della legittima difesa che quella della violazione di domicilio sono state oggetto di riforme legislative (rispettivamente con la L. n. 59 del 2006 e con la L. n. 94 del 2009, dirette a punire più severamente l’autore della violazione di domicilio ed a trattare con più leggerezza la vittima che reagisce superando i limiti della legittima difesa) che evidentemente non hanno dato, a vedere le statistiche, una risposta adeguata.

A parere di chi scrive, il primo deterrente alla commissione dei reati non sono le sanzioni, ma un costante ed efficace controllo del territorio da parte delle Forze dell’Ordine ed una accelerazione dei tempi della giustizia penale.

Un ultimo cenno, infine, al meccanismo della proposta di legge di iniziativa popolare: in questo caso a farvi ricorso è un partito, l’Italia dei Valori, rimasto totalmente escluso dalla rappresentanza in Parlamento alle passate elezioni, che in questo modo riesce a portare avanti un ruolo di politica attiva; ma, in generale, si tratta di una forma di democrazia diretta che sembra riscuotere sempre maggior successo ed andare di pari passo con la disaffezione dei cittadini verso i partiti e le istituzioni politiche rappresentative (Camera dei Deputati e Senato).

Il disegno di legge di iniziativa popolare (si è parlato, impropriamente, di “petizione”) viene depositato in Corte di Cassazione dai proponenti e, se raccoglie l’adesione di almeno 50 mila elettori, viene presentato al Presidente della Camera o del Senato a cura dei proponenti, secondo quanto previsto dalla L. n. 352 del 1970.

A questo punto, però, il disegno di legge non deve essere obbligatoriamente esaminato dalle forze politiche: sono numerosissimi, infatti, i disegni di legge da anni “insabbiati” in Parlamento perché trascurati nell’organizzazione dei lavori parlamentari.

Statisticamente i disegni di legge di iniziativa popolare hanno rilevanza marginale: basti pensare che nella XVI Legislatura (29.4.2008 – 14.3.2013), su 400 leggi promulgate soltanto una aveva questa provenienza.

Si trattava, però, anche in quel caso di una legge su un altro tema di forte dibattito: la L. n. 96 del 2012 sulla riduzione dei contributi pubblici in favore dei partiti e dei movimenti politici.

Questo significa che anche la proposta di legge di iniziativa popolare sulla ” legittima difesa ” ha tante più possibilità di essere presa in considerazione dal legislatore, quanto più abbia per oggetto temi di interesse generale e rilevante eco sociale: in questo senso, in effetti, se la proposta di legge raggiungesse il numero di firme necessario a raggiungere il Parlamento e fosse accompagnata da un acceso dibattito pubblico sui mass media, difficilmente potrebbe essere dimenticata come le tante che l’hanno preceduta.

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