Università: calano gli iscritti alle facoltà umanistiche


Università: calano gli iscritti alle facoltà umanistiche. 

Un rischio per la democrazia e la libertà.

 

Le materie umanistiche perdono il loro “appeal”: il trend dagli USA all’Europa

Le facoltà umanistiche attraggono sempre meno studenti universitari, specialmente nei paesi occidentali. Questo sembra essere un trend iniziato qualche anno fa negli Stati Uniti, per poi espandersi anche in Europa, Italia inclusa. Nel 2012 ad Harvard solo il 20% degli studenti ha preso una laurea in materie umanistiche; percentuali analoghe sono state registrate in altre università statunitensi, dove le facoltà umanistiche sono state divorate da business e informatica. In particolare, il calo è stato registrato nelle facoltà di lettere, lingue, storia, psicologia e filosofia, anche negli atenei in cui le facoltà umanistiche hanno costituito da sempre uno dei punti forti della formazione universitaria. Si tratta di un allarme lanciato dalla stampa internazionale e nazionale.

Sono le materie tecnico-scientifiche a prevalere in tempo di crisi.

La colpa sembra essere della crisi e dell’era digitale che non paga i laureati in lettere e lingue e che, di conseguenza, spinge sempre più studenti a iscriversi a quelle facoltà che assicurano un posto di lavoro e buoni guadagni. Si tratta di facoltà caratterizzate da una formazione più tecnica, quali economia, ingegneria e  informatica.  Infatti, in un periodo in cui l’economia ha assunto un peso sempre maggiore nella vita politica dei diversi paesi, sono questi gli ambiti in cui l’offerta di lavoro è maggiore e, soprattutto, ben remunerata. Lo stesso si è verificato in Italia, dove,  nell’ultimo decennio, è stato registrato un generale calo degli iscritti all’università. Tuttavia la contrazione non è stata omogenea: a un tracollo degli iscritti alle facoltà umanistiche e sociali, è corrisposto un aumento per quelle scientifiche. Facoltà come ingegneria industriale, scienze agro-alimentari, ingegneria civile e ambientale sembrano aver esercitato una sempre maggiore attrazione per gli studenti.

Il rischio di creare macchine invece che cittadini

Questi dati hanno allarmato la filosofa dell’università di Chicago Martha C. Nussbaum che nel suo libro, Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, ha parlato di un serio rischio per la democrazia e la libertà. Questo, secondo lei, è un aspetto direttamente collegato ai tagli inflitti alle materie umanistiche. La creatività e l’innovazione che caratterizzano tali materie, infatti, sono fondamentali per educare l’individuo a pensare in modo autonomo. Anche lo studio delle materie tecnico-scientifiche, secondo l’opinione della filosofa, non può prescindere da questo aspetto. Altrimenti si innesca «il rischio di creare macchine docili invece che cittadini a pieno titolo»: un rischio che si fa sempre più sentire in concomitanza con la crisi economica.

Ma la Nussbaum sostiene che anche le materie umanistiche, attraverso la creatività e l’innovazione, sono fondamentali per trovare nuovi scenari quando l’economia è in difficoltà. Le riflessioni contenute nel suo libro sono state riassunte dettagliatamente all’interno di un articolo pubblicato sulla rivista Internazionale, dal titolo Sapere è potere. Forse anche le università occidentali dovrebbero tenere conto di queste riflessioni.

1 comment

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  1. Lucia Pugliese

    Bellissimo articolo, davvero interessante, complimenti! Sarebbe bello avere umanisti consapevoli del valore della scienza e immersi nel proprio tempo, tanto quanto scienziati e tecnici appassionati di arte, musica e letteratura. Se entrambi questi caratteri stanno diventando rari viene da pensare che il problema risieda nel sistema scolastico in toto e nel tipo di persone che si propone di formare: non cittadini completi, consapevoli del proprio ruolo, ma forza lavoro in possesso di determinate competenze, utile ad un paese che non ama l’arte né la ricerca scientifica e che è sordo alle voci dell’innovazione e alla creatività. E i risultati si vedono in alto come in basso: quanti Piero Angela escono dai nostri licei classici, quante Hedy Lamarr ci sono nei nostri teatri e nei nostri cinema, e quanti giovani Einstein coltivano la propria passione per la musica?

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