Effetto Tsipras e Human Factor: il rinnovamento possibile della sinistra italiana


Human FactorSono giorni di fermento per la politica, in Italia e in Europa. Mentre Sergio Mattarella viene eletto Presidente della Repubblica, la vittoria di Alexīs Tsipras in Grecia irrita i falchi europei del rigore, dando speranza al popolo greco e a coloro che credono nella rinascita di un movimento politico di sinistra in tutto il continente.

Certo, le prime mosse del neo-premier greco hanno sopreso e in alcuni casi spiazzato i suoi sostenitori internazionali: dai rapporti chiacchierati con Mosca e l’entourage di Vladimir Putin alla scelta, in realtà pressocché obbligata, di formare il governo con il partito di centro-destra dei Greci Indipendenti (Anel).

Com’è successo che il leader della nuova sinistra europea, candidato di EU Left alle ultime elezioni continentali, abbia formato un governo che può essere definito di larghe intese con i fuoriusciti di Nuova Democrazia, formazione conservatrice dell’ex premier Antonis Samaras? Semplice: per soli due seggi Syriza non ha raggiunto la maggioranza assoluta, e con 149 eletti su 300 ha dovuto necessariamente cercare un partner di governo.

D’accordo, ma perché proprio Anel? Ancora più semplice: delle sei formazioni politiche entrate in Parlamento insieme a quella di Tsipras, tre non condividono la linea dura del premier sulle politiche di austerità dettate della troika, cioè Nuova Democrazia, i social-democratici del Pasok e gli indipendenti di To Potami.

Delle tre formazioni restanti, esclusi i neo-nazisti di Alba Dorata, dopo il rifiuto dei comunisti del Kke alle proposte di Tsipras, a Syriza non è rimasta che l’opzione Anel per formare un governo in grado di mantenere gli impegni elettorali, soprattutto per quanto riguarda gli ambiziosi provvedimenti in materia di politica sociale ed ecomomica contenuti nel Programma Salonicco.

A questo punto non resta che osservare le prossime mosse del nuovo governo greco, per capire se la rinegoziazione del debito e l’allentamento dell’austerità sono obiettivi possibili con interlocutori granitici come Jens Weidmann, Wolfgang Schauble e Angela Merkel. Nel frattempo, però, la vittoria di Tsipras ha dato nuovo impulso alla sinistra europea, insieme a lunghi anni di crisi economica che le politiche di rigore finanziario non sono riuscite a fronteggiare in modo adeguato.

Gli indizi che segnalano l’esistenza di un’alternativa concreta al neo-liberismo di questi anni non mancano, e portano dritti in Spagna. L’avanzata di Podemos, movimento politico di sinistra radicale nato dalle proteste degli indignados, sembra inarrestabile: il partito guidato da Pablo Iglesias è in testa a tutti i sondaggi, con il 30% dei consensi in vista delle elezioni politiche in programma a novembre.

L’alternativa proposta da Podemos abbraccia tutti gli aspetti della vita politica: in un momento in cui larghe parti della società non si riconoscono più nei partiti, il movimento spagnolo non si limita a offrire un’alternativa in termini di proposte e rappresentanza, ma anche un modo nuovo e diverso di fare politica rispetto alle formazioni tradizionali.

L’anima movimentista di Podemos è alla base di un’apertura e di una concretezza sconosciute alla sinistra europea (se non nei suoi esponenti più illuminati, come Enrico Berlinguer), in grado di restituire un punto di riferimento a quelle ampie fasce della società che non sentendosi rappresentate preferiscono non andare a votare, come ha fatto notare Maurizio Landini commentando il risultato delle ultime regionali in Emilia-Romagna.

Anche se l’alternativa è già presente nella società, in alcuni Paesi europei fatica ancora a raggiungere la maturità che serve per produrre una rappresentanza politica compiuta. È il caso dell’Italia, dove da più parti si invoca uno Tsipras nostrano, o un copia/incolla dell’esperienza spagnola sperando che in questo modo sia possibile veder rinascere quella parte politica nel nostro Paese.

Ma non è così semplice: perché per dare vita a un movimento in grado di incidere concretamente nella vita politica italiana serve un progetto capace di raccogliere le esigenze di quella parte di società che oggi non si sente rappresentata, e che ha nella sinistra il suo orizzonte ideale di riferimento.

È con questo obiettivo che lo scorso fine settimana si è svolta a Milano la tre giorni di eventi intitolata Human Factor, organizzata da Sinistra Ecologia e Libertà per ripartire dal fattore umano, cioè da un ragionamento complessivo sul futuro delle persone in un mondo sempre più condizionato dall’avanzata ormai senza ostacoli del capitalismo finanziario, si è dimostrata interessante da diversi punti di vista.

Prima di tutto, per le visioni emerse venerdì 23 gennaio e nei giorni successivi grazie alla quantità e qualità dei relatori presenti, da Telmo Pievani a Federico Rampini, da Fabrizio Barca a Massimo Cacciari, da Philippe Daverio a Emiliano Brancaccio, fino ai sindaci Massimo Zedda e Giuliano Pisapia.

Visioni e proposte che sono state al centro del ricco programma di laboratori di sabato 24, che ha permesso ai partecipanti – almeno duemila nel corso dell’evento – di condividere informazioni e spunti di riflessione, mentre gli organizzatori hanno potuto raccogliere indicazioni e suggerimenti per lavorare su un progetto politico aperto ai temi più attuali della contemporaneità, dall’ambiente alle tecnologie, dal lavoro precario alle nuove forme di economia.

Dopo due giorni di confronto sulle idee, una rarità nella dibattito politico di oggi, la giornata di domenica 25 ha dato spazio agli interventi dei principali esponenti della sinistra italiana, nel tentativo di trovare un punto d’intesa su un possibile percorso comune. Insieme alle aperture della minoranza Pd (con Cuperlo, Fassina e Civati) è arrivata anche quella di Rifondazione Comunista, che tramite il segretario Paolo Ferrero si è detta disponibile a un dialogo costruttivo con le altre forze presenti a Milano.

Non c’è dubbio che molti giornalisti siano rimasti delusi dal mancato scioglimento di Sel ipotizzato alla vigilia, o dall’annuncio che nessuno tra gli esponenti Pd presenti avrebbe lasciato il Partito Democratico per entrare a far parte di un nuovo soggetto politico. Ma non per questo i risultati di Human Factor sono da sottovalutare: per la prima volta le diverse anime della sinistra italiana hanno parlato con le stesse parole, individuando l’obiettivo comune di una “cultura di governo” in grado di cambiare le cose invece di limitarsi un ruolo di protesta o testimonianza.

E per raggiungere questo traguardo, i presenti hanno deciso di accogliere la proposta di Nichi Vendola, avviando una piattaforma programmatica comune, un luogo di confronto per dare vita a un nuovo soggetto politico che sia espressione autentica della sinistra, in grado di riequilibrare – all’interno di un’ipotetica coalizione – il peso politico di un Partito Democratico ormai stabilmente attestato su posizioni socialdemocratiche.

Non dunque un partito “contro” Matteo Renzi o chiunque altro, ma una forza di sinistra in grado di offrire rappresentanza a chi non si riconosce nel Pd ma lo identifica, comunque, come un soggetto politico con il quale dialogare, con l’obiettivo di superare tanto la logica delle larghe intese quanto la marginalizzazione della sinistra, in Italia come in Europa.

Human Factor, dunque, è l’inizio di un percorso. Che nasce da un’esigenza sociale, oltre che da un vuoto politico effettivo che nel resto d’Europa va progressivamente riempiendosi. Quali saranno i risultati del coordinamento lanciato a Milano? Il tempo, come di consueto, ci darà le sue risposte. Di certo, però, la sinistra italiana ha l’occasione concreta di rinnovarsi, e di prendere un treno diretto in Europa: non è il caso di lasciarselo scappare.

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