La ricerca del selfie perfetto


“Ti sei mai fatto un selfie?” Questa la domanda che serpeggia tra i più vari strati sociali, questo il grande interrogativo che smuove le coscienze moderne. Lasciando da parte il meritevole dibattito filologico sul genere della parola (si dice “un” selfie o “una” selfie? Io per comodità userò il maschile) in questa sede vorrei fornire, senza pretese di completezza, una rapida guida sul selfie perfetto, vera chimera del mondo moderno. Il selfie perfetto esiste? O è solo un miraggio, un’illusione, un sogno selfieimpossibile? Vediamo.

1)La luce e i filtri. Innanzitutto, la luce. Un selfie è (ancora) una fotografia, dunque come dice la parola stessa ci vuole illuminazione. Evitate le luci dirette e quelle troppo chiare, creiamo un’atmosfera soffusa, sognante, e se alcune parti del volto risultano sfuocate o poco nitide, meglio così. Quando la luce da sola non basta, adoperiamo con moderazione i filtri, evitando l’abusato filtro seppia e preferendo tematiche retrò, come un sobrio bianco e nero o un arancione deserto. Lasciamo che lo spettatore si chieda: “dove sarà andato/a a farsi questa foto?” e che, come voi, non riesca a darsi una risposta convincente.

2)Espressione del viso. Qui entriamo nel vivo, perchè la faccia sta al selfie come la piadina al prosciutto crudo, ovvero non c’è l’una senza l’altro. Tra le più note espressioni, ricordiamo la bimba ingenua, occhi sgranati all’insù e bocca aperta in una O in cui si intravede una vena di malizia, oppure la celeberrima duck face, labbra strette e rivolte in avanti come due piccoli canotti spiaggiati. Ma il selfie perfetto esige innovazione, perciò sperimentate: un pianto, ad esempio, oppure i denti stretti in un ghigno malevolo, o ancora gli occhi chiusi e l’espressione indifferente, della serie “non me ne frega niente di te, che stai guardando la foto”. Quest’ultima è la vera rottura con l’utente finale. Fatelo, e sarete oltre.

3)Location. Altro pilastro del selfie è il luogo dove si scatta. Perché se è vero, come ammettono i puristi, che il volto deve occupare la maggior parte dello spazio, tuttavia dietro qualcosa si intravede sempre, ed è meglio che sia qualcosa di figo. Per cui evitiamo banali contesti street, fabbriche in disuso e altre cose industrial e finto-alternative che andavano bene negli anni novanta. Scegliamo invece il quotidiano e il rassicurante, come una stanza da letto piena di specchi, un ascensore in movimento, una piscina pubblica popolata di turisti e bambini. Come ha scritto un noto studioso in materia, il quotidiano incornicia il selfie […] e lo eleva a vette di ineguagliabile modernità.

4)Posizione del braccio. Come in tutte le fotografie, l’inclinazione è fondamentale, e qui occorre un braccio piuttosto allenato e tonico, bicipiti e tricipiti ben sodi per poter reggere a volte anche diversi minuti di sospensione del telefono in aria, alla ricerca della giusta posizione. In questi frangenti, gli esperti consigliano di massaggiare preventivamente il braccio interessato ed eseguire alcuni esercizi di stretching per prepararlo all’impresa. Tra uno scatto e l’altro, se il tempo lo consente, possono essere assunti integratori di sali minerali, apportatori di vitamine e ferro necessari allo sforzo muscolare.

5)Hashtag. E infine, lui, l’hashtag, il principe dei social. Un selfie senza hashtag è come un cielo senza stelle, non deve e non può esistere e se sopravvive è destinato alla morte sociale in breve tempo. Qui l’unica regola è la seguente: scrivete le prime parole che vi vengono in mente, oppure una frase, senza pensare alla correttezza grammaticale o all’effettiva utilità che potrà avere. Cose del tipo #sembrounculochesorride o #nonsonocredibilemachemmenefrega o ancora #odioinstagrameluiodiame. Un avvertimento importante: utilizzare la parola “hashtag” come hashtag potrebbe aprire una breccia nel continuum spazio-temporale con conseguente esplosione dell’universo e fine del mondo come oggi lo conosciamo, oppure nulla di tutto ciò, ma è meglio non rischiare.

Per concludere, in attesa di una posizione consolidata sul tema, gli esperti di selfie continuano a dibattere in modo acceso sulla vera natura del selfie. Se i puristi ritengono che possa definirsi tale solo una foto in autoscatto con un volto umano all’interno, correnti più liberal ammettono anche selfie senza l’autoscatto (i c.d. etero-selfie) e selfie senza volto, argomentando che in quest’ultimo caso sarebbe il mondo stesso a guardarci e saremmo in presenza dell’autoscatto definitivo.

Intanto, il selfie perfetto resta il fine supremo della modernità. Riusciremo a raggiungerlo? Buona fortuna, anzi #buonafortuna.

 

P.S.

#hashtag

 

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