Essere juventini con la maglia viola di Mutu


Sono tifoso della Juventus fin dall’infanzia, ma possiedo una maglia della Fiorentina, di Mutu per la precisione. Ora, se tu lettore sei a digiuno totale di calcio e di rivalità tra squadre, quanto scritto nella prima riga ti sembrerà assolutamente irrilevante e nemmeno degno di essere menzionato. Se invece hai qualche conoscenza del calcio italiano, forse hai capito dove voglio arrivare. Acquistai la maglia di Mutu quattro o cinque anni fa, in un negozietto acchiappa-turisti gestito da due simpatici fratelli pakistani nel centro storico di Firenze, alla modica cifra di dieci euro. Mi piaceva il colore, un bel viola acceso che grazie al sintetico brilla ancora di più, e poi in quel periodo la Viola non giocava neanche male e, insomma, pensavo che il mio dopotutto non fosse un grosso sacrilegio.

La maglietta, con lo sponsor di una nota casa automobilistica giapponese stampato davanti, la indosso ogni tanto, principalmente in casa ma a volte anche fuori. E in quest’ultimo caso, scattano spesso alcune situazioni imbarazzanti.

Situazione 1: Lo juventino intransigente.

Juventus e Fiorentina si detestano. Le società, le tifoserie, persino i giocatori non si possono guardare, una rivalità (ben poco sana) consolidata ormai da tempo. Il fatto poi che Mutu sia stato anche un ex giocatore della Juve, poi passato dall’altra parte e per ciò caduto automaticamente in disgrazia, peggiora soltanto le cose. Sono negli spogliatoi della piscina, mi sto cambiando per entrare in vasca e la persona di fianco a me nota la maglia viola.

-Sei della Fiorentina?

Non proprio. Simpatizzo.

-E allora quella?

-Eh, mi piaceva il colore.

-Quindi non sei della Fiorentina.

-Sono della Juve.

A questo punto l’uomo sgrana gli occhi continuando a fissarmi e indietreggia impercettibilmente di un passo, tenendo il labbro inferiore sospeso a qualche centimetro da quello superiore.

-Sei juventino, e hai quella maglia? La indossi pure in giro?

-Eh.

L’uomo, evidentemente tifoso bianconero,  sembra volermi chiedere “ma non ti vergogni?”, ma probabilmente si sente troppo educato per dirlo perciò tace, perdendo improvvisamente ogni voglia di parlare con me. Finisce di spogliarsi in silenzio, scuotendo la testa.

-Mah.

Lo sento sbuffare, nemmeno troppo a bassa voce, mentre mi sfila accanto diretto alle vasche, lanciando un’occhiata obliqua a quella cosa color viola appesa al mio attaccapanni. Per sicurezza decido di chiudere anche la maglia nell’armadietto, insieme a cellulare e portafogli. Non si sa mai.

 

Situazione 2: Il cesenate furioso.

 

Tra i calciatori che hanno giocato in serie A, Adrian Mutu non è di certo il più amato, ma nessuno lo odia così tanto come i tifosi del Cesena. La società romagnola, tornata in A dopo anni di serie cadetta e salvatasi per miracolo nella primavera del 2011, lo stesso anno in pieno calciomercato estivo mette a segno quello che sembra un vero colpaccio: compra Mutu, attaccante di razza, e candida il Cesena a giocarsela per un posto in Europa League. L’entusiasmo è alle stelle, la mutumania impazza, ma bastano poche partite per capire che per il Cesena sarà ugualmente una stagione durissima, e infatti a fine campionato la squadra retrocede mestamente in serie B, con i bilanci dilianiati dalla sfrenata campagna acquisti del presidente. Risultato? Una squadra impoverita e sbeffeggiata, anche per colpa dell’acquisto di Mutu e del suo non-rendimento. Invito a cena alcuni amici, uno dei quali supertifoso cesenate. Vestiamo informali, e io indosso la maglia di Mutu. Lui la scruta per qualche secondo prima di parlare. Magari è di Toni o di Aquilani, spera tra sé.

-E quella maglia?

-Ti piace?

-Insomma. Ma di chi è?

Glielo comunico ed è come dargli la notizia che ha smarrito il portafogli con dentro 500 euro in contanti.

-Perché proprio la sua?

-Avevano questa.

-Ah.

La cena continua, ma lui non riesce a distogliere gli occhi dalla maglia. Nel bel mezzo del suo attacco alle salsicce alla griglia, lascia cadere di colpo le posate sul piatto.

-Non ce la faccio. La tua maglia mi irrita.

Il nervosismo ormai si è impossessato di lui, e sono costretto a togliermi la maglia e a sostituirla con una più neutra del Manchester United senza il nome. Al mio amico però ormai è passata la fame, e a differenza degli altri invitati rifiuta persino il mascarpone e la frutta. Prende solo il caffè, bello forte e senza zucchero.

-Magari fa così schifo, da farmi dimenticare della tua maglia.

Proclama, mentre lo beve tutto d’un fiato.

 

Morale delle due situazioni? In Italia – nel bene o nel male – non si può indossare una maglia da calcio di una squadra 

e di un giocatore mediamente      conosciuti, senza destare reazioni. Se vuoi restare tranquillo, opta per una canottiera da basket, o una maglietta del rugby. Nessuno ti darà noie, osserveranno incuriositi per qualche secondo la colorazione, si chiederanno chi mai sia il giocatore il cui cognome è stampato sopra, ma proseguiranno nella loro vita con relativa tranquillità. In fondo, quella che indossi non è mica una maglia da calcio.

2 Comments

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  1. Luca Rasponi

    Complimenti Fabio, davvero divertente! Allo stesso tempo però è indicativo di quanto la gente si faccia condizionare la vita dal calcio in questo Paese… decisamente inquietante!

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