Due cose sulla Liberazione perché altrimenti se la prendono gli altri


Scrivo due cose sulla Liberazione perché altrimenti se la prendono gli altri. Gli altri sono un po’ quelli che hanno le fasce tricolori e le corone d’alloro da deporre da qualche parte, quelli che fanno i discorsi, quelli che dicono che è la festa di tutti. Non è esattamente la festa di tutti. È la festa degli antifascisti: la Liberazione è quella cosa grazie a cui sono stati scacciati i nazisti (e, quanto a ciò, forse, è la festa di tutti), ma soprattutto quella cosa grazie a cui è finito il fascismo: e quanto a ciò è la festa degli antifascisti.
Ha chiaramente un senso la polemica ben nota per cui, in fondo, non c’era differenza antropologica tra partigiani e repubblichini: giovani, armati, formazione simile, ignari del mondo all’infuori (e prima) del ventennio. Ma il punto è un altro: i primi erano dalla parte del giusto, i secondi, di conseguenza, no. E vi do ragione se mi dite che non lo erano per merito personale, ma per appartenenza regionale, o per situazione familiare, o in seguito ad incontri casuali. Ma i primi erano dalla parte del giusto, e hanno fatto la liberazione, i secondi gli hanno sparato. (Appunto argomenti che sto tenendo in considerazione ma di cui non parlerò: guerra civile, Pier Paolo Pasolini, canti della resistenza, morti-da-entrambe-le-parti). Io, fiera oppositrice delle situazioni manichee, credo che, al mondo, un esempio di manicheismo perfetto esista: e questo è l’opposizione tra fascismo e antifascismo, dove le magagne (e le cose buone, dall’altra parte) esistono, ma lasciano intatta la presa di posizione: l’antifascismo è giusto, il fascismo no. Questo basterebbe che dicessero, nei discorsi del 25 aprile, quelli con la fascia tricolore.

In Francia, l’altroieri, è passata una legge: le mariage pour tous. In effetti, a rigor di logica, non c’è ragione per cui qualcuno dei tous non dovrebbe sposarsi, se siamo tutti liberi, uguali, e fratelli, come si usava dire due secoli fa. Quella dell’altro ieri è una delle nuove liberazioni, mentre la gente scende in piazza, perché non gli va che si sposino tutti. (Per quante cose diverse, si è scesi in piazza nei secoli). Se non vi è ancora capitato, ascoltatevi la risposta del ministro della giustizia francese, Christiane Taubira, a Bernard Perrut, deputato dell’UMP, che diceva che la Francia non la vuole una cosa come gay che si sposano e poi magari pretendono anche dei bambini. La risposta di Christiane Taubira è un pezzo di libertà. Lei stessa è una figlia delle liberazioni: donna, africana, figlia di immigrati: ministro della Giustizia francese. Voglio un Paese dove la gente scenda in piazza perché il Governo fa cose troppo di sinitra, ma non ho nemmeno un Paese dove la gente.

Quanto al 25 aprile 2013, mentre Napolitano sta facendo delle cose che avrebbe dovuto fare qualcun altro, io:
* Francesco Guccini, Quel giorno d’aprile,
* Baustelle, La canzone della rivoluzione
* Ustmamò, Siamo i ribelli della montagna
* Marlene Kuntz, Hanno crocifisso Giovanni
* Cantata da qualcuno a caso (se possibile non i MCR), Bella Ciao.

In Tibet, ad oggi, sono centodiciotto le persone si sono suicidate contro l’occupazione cinese.

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