Una volta c’erano le Rock Star, mentre ora…


Possono essere conservatori, oppure trasgressivi.

Da relativamente pochi anni sono entrati a far parte del mondo dello spettacolo.

Riempiono padiglioni pieni di curiosi e appassionati in tutto il mondo. E sono veneratissimi.

Hanno pettinature stravaganti.

A volte hanno un’aria sprezzante, distaccata.

Tre parole chiave? Creatività, armonia, talento.

Spesso sono introversi, ma si riconoscono per il loro abbigliamento a chilometri di distanza.

Ah, dimenticavo: non si separano mai dai loro strumenti.

Aggiungiamoci anche un bell’accento straniero, un pizzico di spietatezza e togliamo di torno tutti i mezzi termini.

No, non stiamo parlando delle rock star, dei divi del cinema:  questo è l’identikit dei nuovissimi chef del piccolo schermo.  Cattivi, cattivissimi, belli (non sempre) e dannati, sulla scia della moda Ramsay , la brutalità con cui giudicano  aspiranti cuochi è d’obbligo. Certo, dover esprimersi su  giovani speranzosi  che ambiscono a quel titolo senza nemmeno essere in grado di sfilettare un pesce o fare la sfoglia per la pasta potrà anche essere avvilente, ma questa si chiama esagerazione.

Ma sì, è logico: segretarie, impiegati e dipendenti in genere tornano a casa la sera, dopo essere stati tartassati per ore da colleghi di lavoro o superiori, hanno bisogno di traslare la propria stanchezza mentale, la frustrazione su qualcun altro.

Hanno bisogno di sentirsi carnefici, giusto per quei cinque minuti quotidiani: allora si accende la TV, la si sintonizza su uno dei nuovissimi millemila canali a tema e si deride (o si compatisce) il poveretto di turno che sta per essere investito dalla veemenza di Joe Bastianich o la costruita durezza di Carlo Cracco.

Ma non è finita qui: ce n’è per tutti i gusti! Abbiamo anche la totale assenza di modestia e misura di Alessandro Borghese, che per ritrovarsi nel piatto un raviolo al burro spreca cinque uova e mezzo chilo di farina d’impasto, ma che, in compenso, ci infila un vaso intero di salvia.

E poi come non ricordare  Masterchef, e la relativa parodia Bastardchef, o anche Cucina con Ale, con Buddy  (lo pseudo cuoco italico che cucina piatti buonissimi, ma  a base di colesterolo condendo ogni sua ricetta con la frase “Hoboken style, babe”) con  Gordon, con la nonna e con il figlio del macellaio del tuo vicino di casa eccetera eccetera.

Per non parlare dei programmi in cui si impara il cake desing (l’arte di fare torte che paiono  sculture diabetiche): una vera e propria moda.

Il punto è questo: anche io sono appassionata di cucina, di esperimenti e amo allargare i miei orizzonti culinari, ma in questo momento si sta sfiorando davvero il ridicolo! Sarebbe meglio fare una visita in più alla mamma, alla nonna, alla zia (che male non fa…) e chiedere consigli e ricette direttamente a loro, per avere delle belle basi solide, prima di addentrarsi nell’oscuro mondo della novelle cuisine.  Un esempio? Risulterà alquanto difficile preparare un semifreddo con diamanti di caramello e riduzione di porto al burro salato o emulare il Montersino se non si padroneggia quella che è la madre di tutti i gelati tradizionali: la meringa all’italiana.

Detto questo, signori, sapete che vi dico?

Mi è venuta fame!

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