Se la mia home di Facebook fosse rappresentativa dell’Italia


Mi sono resa conto di un fatto. Se la mia home di Facebook fosse tendenzialmente rappresentativa della società italiana, l’Italia sarebbe un posto diverso. Sanremo, l’avrebbero vinto gli Elii. Con delle percentuali assurde, tra l’altro. E con gente nei bar che fa commenti musicali di un certo spessore (musicale). Probabilmente i miei amici virtuali non sono tipi che televotano, altrimenti, non si spiegherebbe quel che successe ieri notte nella Liguria occidentale. O forse, semplicemente, i miei amici virtuali sono pochi rispetto all’Italia tutta.

Se la mia home di facebook fosse rappresentativa dell’Italia, l’Italia avrebbe una percentuale di laureati altissima. Laureati in cose fighe che credono in quello che studiano, tendenzialmente. Ma “l’Italia è all’ultimo posto in Europa per la percentuale dei laureati nella fascia di età fra i 30 e i 34 anni”, mi dice la Repubblica, che tra l’altro sarebbe uno dei pochi quotidiani letti, oltre al Fatto Quotidiano (con qualche perplessità) e una caterva di stampa indipendente, su cui tutti, tra l’altro, scriverebbero, raggiungendo un rapporto numero di giornalista-improvvisato su numero di lettori lettore quasi imbarazzante. Agonizzanti sarebbero testate come il Corriere, scomparsi Libero e il Giornale, pure il Sole.

La gente in Italia parlerebbe inglese con accento inglesizzante, un po’ perché fa figo e un po’ perché è l’unico modo in cui ha senso parlare inglese. Una buona parte della popolazione parlerebbe lingue varie, con una pasoliniana attenzione ai dialetti, che raccontano storie perdute. Pasoliniano un po’ tutto. I cinema avrebbero le sale piene di gente che guarda film in lingua originale, e che si lagna dei sottotitoli in italiano che distraggono (e non servono, dai). Siamo multitasking ma mica del tutto. Le lingue servirebbero per farsi dei viaggi, degli Erasmi, degli anni sabbatici, dei lavori all’estero, da cui tornare con delle foto fatte con la Reflex. (Reflex che il popolo non considererebbe delle macchine nere e grosse che fanno clak quando scattano, ma delle faccende complicate che hanno a che fare con esposizione, tempi e obiettivi: viva il cinquanta fisso, tra l’altro.) Poi, l’Italia sarebbe piena di gente che recupera nelle scatole vecchie analogiche di famiglia e ci fa foto ai concerti (indie, che però avrebbero milioni di visualizzazioni su youtube: paradosso ontologico?). Gente che farebbe foto, quando è il caso, con qualche filtro Istagram. Un sacco di iphone, circolerebbero. Ma forse quelli circolano di già. E anche un sacco di Nokia vecchissimi, un po’ consunti. Iphone o Nokia vecchissimi, senza spazi per i compromessi.

La gente leggerebbe libri. Oggi, mi dice l’Istat, che “in Italia, anche chi legge, legge molto poco: il 45,6% dei lettori non ha letto più di 3 libri in 12 mesi”. La gente leggerebbe un sacco di libri, e di libri di un certo tipo: al bando quelli sfumati, intendo dire.

Il papa si sarebbe dimesso lo stesso, credo. Ma non sarebbe stato messo in prima pagina. La religione, quella cattolica come le altre, sarebbe una forma di superstizione, cosa che disse qualche epicureo qualche millennio fa a Roma, creando scandalo tra gli ottimati. Io creerò scandalo agli occhi del mio prof di religione del liceo: che commenterà questo articolo, so che lo farà. (Sì, Dolly, ti ho citato: ciao). Nell’Italia ad immagine e somiglianza (cit.) della mia home di facebook, resisterebbe qualche buddhista sperduto, per una vaga passione orientaleggiante. Fiorirebbero palestre di yoga, ristoranti (lounge bar?) giapponesi, negozietti etnici.

La gente mangerebbe biologico, sarebbe attenta al fairtrade, si farebbe il sapone in casa, andrebbe ai mercatini rionali, direbbe viva Slowfood e viva Eataly. Si vestirebbe con palandrane africane, ma comunque roba stilosa, sensata, pensata, roba H&M detto “eic’enèm” quando escono le collezioni speciali, roba di qualità comprata su ebay, vintage, trintage, dai cassetti di mammà, dai portafogli di papà.

Un sacco di gente porterebbe gli occhiali: occhiali stylish, forieri di personalità intellettuali, radicali, e anche perché non ci si vedrebbe mica tanto: il Rocci avrebbe rovinato i popoli.

La gente sarebbe politicizzata, a sinistra, ma senza riconoscersi in nessun partito politico. Mica per qualunquismo. A fine mese, vincerebbe Nichi Vendola, con un plebiscito, quasi. Perché votare Bersani che non ha ancora capito se gli piacciono gli aerei da guerra, non si può mica fare. Ma non c’è più il PCI e si è un po’ smarriti, tra intellettuali. La Lombardia, che è l’Ohio d’Italia, sarebbe di Ambrosoli: non le solite caramelle. Sarebbe scomparsa la Lega (che è la parte reazionaria, razzista, anacronistica della politica del Nord Italia, non smetto di ripetere). Sarebbero scomparse le discoteche che fanno musica house, la televisione (mica perché si è radical-chic, perché la televisione non serve), gli errori grammaticali, i fascismi.

In Italia, ognuno si sposerebbe con chi gli pare (piace, più che pare), farebbe bambini in maniere varie, non farebbe bambini se non li volesse. La gente scriverebbe usando un sacco di parentesi, e metterebbe asterischi per dire ciao.

Se v’è venuto da pensare che sto dicendo che l’Italia sarebbe un posto più bello, se fosse simile alla mia home di facebook, vi dico che non era mia intenzione dire questo, quando ho cominciato a scrivere. Ma, mentre scrivevo, ammetto che l’ho pensato anche io. Se vi è venuto da pensare che i miei amici virtuali (che poi sono in buona parte quelli reali, perché sono quelli che quella vecchia volpe di Zuckerberg ti fa comparire con più frequenza) siano degli hipster banali, un’altra frontiera dello stereotipo, ebbene, ci ho pensato anche io, mentre scrivevo.

L’intenzione iniziale era dire che mi sono resa conto che la mia (e, immagino, in misure diverse, quella di tutti) visione della realtà è estremamente parziale. La maggior parte della gente con cui ho a che fare pensa più o meno come me, mangia più o meno quello che mangio io, legge quello che leggo io, ascolta più o meno la stessa musica, vota la stessa roba. La nostra visione del mondo è più parziale di quanto mi ricordassi. Direte, si sa. Il fatto è che io ne sono diventata del tutto consapevole solo nelle ultime ore: la mia home di facebook (l’Italia, dunque, credevo) osannava Elio, e Sanremo lo ha vinto un M.M.. Vi chiedo scusa se m’è venuta l’idea di comunicarvela, questa mia verità svelata. Ora penso: e se fosse che quel che faccio mi sembra bello e giusto solo perché ho intorno gente che fa le stesse cose? Devo guardare oltre: c’è sicuramente un sacco di roba interessante, oltre quello che ho scritto qui sopra.

Da ora, mi metto alla ricerca di gente che mangi, vesta, dica, canti, scarabocchi altro da me. Resto dell’idea che i fascismi, tutti, facciano schifo. Su questo non transigo. Sul resto, ci lavorerò.

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[“Quante vite inguaiate io voglio canta’!”]

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