Diario di Viaggio: Istanbul, Giorno 3


Le Spezie al Gran Bazar di IstanbulGiorno 3:  Le mille e una spezia 

Il kebab a cui siamo abituati in Italia non regge neanche alla lontana il confronto con la carne croccante e succulenta che si può gustare in Turchia. Passeggiando sulla Istiklal Caddesi, il profumo  speziato che proviene dalla saletta aperta del Konak Kebab stimola l’appetito: come potevamo resistere?

Dopo cena è d’obbligo il NarghilèI caffè di Tophane sono una delusione annunciata: chiassosi e popolati esclusivamente da turisti stranieri, sono resi ancora più grotteschi dalla pessima musica occidentale (o da una sua ancor più brutta imitazione turca) che viene trasmessa incessantemente da grossi televisori LCD. Pare di essere in un gigantesco carosello e non riesco a rilassarmi. E pensare che avevamo la soluzione sotto “casa”: attorno alla Istiklal Caddesi fioriscono piccoli caffè con tavolini all’aperto e divanetti bordeauxQui ci rilassa davvero, tra un sorso di cay (the) e un profumato sbuffo di fumo. Il mio preferito è il Mavi Cafè: il proprietario ha l’aspetto di un poliziotto minaccioso ma in realtà sia lui che i camerieri sono molto gentili. Essendo tutti uomini, appena scoprono la nostra provenienza si lasciano andare a commenti calcistici: milan e inter vanno per la maggiore qui in Turchia, a quanto pare. E dire che pensiamo di farci conoscere per le nostre opere d’arte…

Il tabacco del Mavi Cafè è buono e non gratta la gola. Fumo e mi perdo in un’atmosfera pigra, rarefatta: la città mi scorre a fianco, un fiume impetuoso, coloratoUna bambina si ferma a chiedere l’elemosina al nostro tavolo: ha occhi grandi e furbetti, un viso dolce. C’è qualcosa di squallido e triste nell’infanzia rubata, più che in qualsiasi altra ingiustizia umana. Ma in questo caso possiamo solo darle qualcosa da mangiare e sorridere ai suoi modi da piccola peste.
L'affollato Gran Bazar di Istanbul

In viaggio, per me è un piacere non tornare in albergo troppo tardi alla sera: meglio risparmiare le forze. Così la mattina ci si può svegliare presto e andare al Kapalı çarşı, il mercato coperto, insomma il Gran Bazaar, e al Bazaar delle spezie. Dati i prezzi forse non è il caso di fare molti acquisti, ma d’altronde la magia del Kapalı çarşı   non sta solo in quello che si può portare a casa come ricordo. Risiede piuttosto nella sua  struttura antica (il Gran Bazar è stato costruito nel lontano 1461) con le entrate storiche, gli eleganti i soffitti a volta e le pareti chiare. Ed è pure in quell’atmosfera che la modernità non riesce a portar via: i colori caldi dei tessuti, l’odore intenso di spezie, le invitanti confezioni di dolciumi. E ancora i negozianti che chiamano a gran voce, la merce esposta a volte un po’ come capita, quel clima di “tutto improvvisato” che sa molto di oriente. Un foglio di carta appiccicato con lo scotch indica un Iphone Store che altro non è che una bancarella, mentre ovunque spuntano pashmine, servizi da the e una delle mie più grandi debolezze: miriadi di orecchini delle fogge più strane. Non compro nulla, ma giro come una bambina Esterno del Gran Bazaar di Istanbulincantata alla fiera dell’est.

Tornando a piedi in Hotel, ci fermiamo ad una bancarella sul mare: evito le caldarroste e anche le cozze crude, ma gusto con piacere una pannocchia arrostita. Attraversiamo il ponte di Galata, tra venditori delle peggiori chincaglierie e pescatori dell’ultima ora. I gabbiani fanno sentire la loro voce, i battelli scorrono veloci e l’odore del mare qui è forte come da nessun’altra parte. E io mi sento, contro ogni logica, a casa.

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