Cartolina dalla Tunisia: viaggio nella Primavera araba


«I viaggi danno una grande apertura mentale: si esce dal cerchio dei pregiudizi del proprio Paese e non si è disposti a farsi carico di quelli stranieri».

Charles-Louis de Montesquieu

È di poco tempo fa la notizia che la Tunisia, salvo rinvii, affronterà le sue prime elezioni politiche per il parlamento il 20 marzo prossimo. Così ha deciso l’assemblea costituente eletta l’ottobre scorso dal popolo tunisino. Il primo paese a dare il via alla primavera araba sarà anche il primo a chiudere questo periodo di transizione? Si dimostrerà una guida anche nella fase di stabilizzazione?

Leggendo questa notizia mi domando come si sveglierà il paese l’indomani dei risultati elettorali. Nell’ultimo anno ho vissuto diversi mesi in Tunisia per motivi di studio, fino a qualche settimana fa mi trovavo ancora a Tunisi, in pieno mese di Ramadan, ed ho avuto modo di vivere in prima persona alcuni aspetti della società tunisina, seguirne alcune evoluzioni in modo diretto e confrontarle con quanto riportato dai media esteri.

Ho vissuto nella capitale, ma ho viaggiato in lungo ed in largo per il paese. Ma non ho viaggiato da turista, odio fare il turista. Ho cercato quanto più possibile di vivere come avrebbe vissuto un mio coetaeno tunisino. Ho rinunciato alle soluzioni turistiche, anche se comode ed a buon mercato, anche per uno studente italiano, ed ho preso taxi, louages, treni e quando è stato necessario anche l’autostop. Sono tornato a casa per il coprifuoco nei periodi più caldi ed ho parlato con la gente di politica, di religione, di crisi economica, di calcio, di Italia e di disperazione. Sono rimasto colpito dall’immagine finta che arriva lì della nostra Italia e, quando ne ho avuto la forza, li ho un po’ delusi raccontando loro quello che viviamo ogni giorno.

Non voglio entrare nel merito della rivoluzione né delle speculazioni e delle voci che circolano su quanto questa rivoluzione (e non solo) sia stata voluta dal Qatar o dagli americani, onnipresenti quando si tratta di fomentare teorie complottistiche. Voglio piuttosto riportarvi quello che ho tastato con mano in questo periodo, dei sentimenti della gente per strada e sui taxi, degli studenti, che ho incontrato, perché anche se manipolati da (presunti) complotti, sono sicuro che i loro sentimenti e le loro idee sono reali e sincere. Con la cacciata di Ben Ali il popolo tunisino si è liberato di un dittatore che ha prosciugato il paese delle sue risorse economiche e culturali, dopo averlo piegato ai propri interessi personali. Dopo decenni di dittatura la Tunisia ha adesso la libertà di poter scegliere i propri rappresentanti e di decidere del proprio futuro. Lo testimoniano le file interminabili ad ottobre nei seggi elettorali per le elezioni della costituente: giovani e anziani che discutevano e si confrontavano ad alta voce in attesa del loro turno per votare. Anche all’interno nella medina e nei suoi caffè le persone mostravano orgogliose il dito indice macchiato di inchiostro, con gli occhi sognanti e sulla bocca la parola che più viene pronunciata negli ultimi mesi: Democrazia. Quando chiedo loro per chi hanno votato alcuni rispondono tranquillamente, altri ci scherzano su e cambiano argomento, ma tutti sono contenti di aver votato.

Alle elezioni di ottobre ha vinto il partito Ennahda, di matrice islamica moderata che vuole integrare alcuni fondamenti propri dell’Islam nella futura costituzione. Questo risultato è stato presentato in maniera tragica dai media stranieri, quasi fosse una imposizione e non il frutto di regolari elezioni con tanto di osservatori ONU.

Cosa sta succedendo in questo paese che con queste proposte sembra voler tornare indietro sui propri passi? Hanno rinunciato alla dittatura di Ben ali per cadere in mano ad una teocrazia? Troppo presto per dirlo e troppo facile puntare il dito contro lo spauracchio di una repubblica islamica in stile iraniano. Di certo questo partito sta facendo discutere nell’ultimo periodo con alcune proposte di legge molto azzardate e subito dopo i risultati sono iniziate manifestazioni di protesta e di sostegno delle varie parti in causa. Dal partito dei comunisti agli studenti, dalle donne con il niqab e gli striscioni, ai docenti delle università: tutti hanno qualcosa da dire e lo dicono nel modo che ritengono efficace, consapevoli del loro “potere” che li ha portati in questa nuova epoca storica. È una fase in cui le varie parti in causa stanno esprimendo il loro pensiero dialogando in una serie di botta e risposta di proteste, di gesti eclatanti, di articoli di giornale e purtroppo in alcuni casi anche di violenza.

A chi viene da un paese che vive una crisi delle istituzioni, come l’Italia di questi mesi, sembra di viaggiare indietro nel tempo fino al tempo in cui ancora le persone credevano nella politica ed erano disposte a mettersi in gioco per cambiare la propria realtà. Sei costretto a chiederti se è giusto disilludere chi tanto aspira alla “democrazia” in base alla tua esperienza o se il tuo paese è diventato cos’ perché tu non ha più la forza di difenderla e in fondo non ci credi più. Io alla fine di questo viaggio mi sono risposto, ma non importa come. Ciò che importa è che stato un viaggio che mi ha costretto ad uscire da alcune certezze e confrontarmi con situazioni che nella vita di ogni giorno si danno per scontate. Ed è un viaggio importante anche per la Tunisia, un viaggio a tappe da non forzare, un viaggio pieno di bivi e scelte da prendere, senza mai dimenticare il motivo per il quale si è partiti: la libertà.

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