Diario di Viaggio: Istanbul, Giorno 2


Moschea Nuova di IstanbulGiorno 2 : Le moschee, le salite, i gatti

Istanbul è la città delle salite e dei gatti. Ho smesso di fumare da troppo poco tempo per non arrancare, ansimando, per le ripide vie che  dal mare conducono verso l’interno della città. I gatti, presenza costante, non sembrano invece conoscere la fatica: rapidi e silenziosi, scrutano i passanti con grandi occhiate feline, di quelle che non capisci se stanno cercando di intenerirti o di minacciarti. Io, per mia natura, ricambio lo sguardo e osservo i loro movimenti, curiosa di quella vita randagia.

Istanbul è grandissima, una vera megalopoli: nella zona europea  metro e tram sono rapidi ed efficienti, tuttavia è un vero piacere camminare, quando si può, per cogliere il miscuglio di antico e moderno che la anima. Uno stretto vicolo impregnato dall’odore del mare, due uomini che giocano a backgammon fuori dal negozio di un barbiere, un  murales di Hulk disegnato sul muro di una casa, un edificio segnato dal tempo, un grazioso parchetto a ridosso delle acque del Bosforo. Nella zona di Tophane c’è un chioschetto di frutta, gestito da un anziano signore di nome Mehmet, che da giovane giocava a calcio nel ruolo di portiere ed è fierissimo dei suoi ricordi. Oggi Mehmet è senza una gamba, ma lavora ancora con energia e si fa capire benissimo anche se non parla inglese. La sua frutta è buona e ancora di più le sue spremute. Una chiacchiera e un sorriso e si rinfrancano sia lo spirito che il corpo: Istanbul ci attende.

Ayasofya, o Santa Sofia è uno dei simboli più conosciuti della città: è stata prima basilica ortodossa, poi moschea e  oggi ospita un museo. Forse quest’ultima è la sorte più triste per questo gioiello d’oriente, perché alla pace si è sostituito il Interno della moschea di Santa Sofia, Istanbultrambusto, alla preghiera il continuo clic delle macchine fotografiche, alla voce dell’imam o del sacerdote quella stentorea dell’audio guida( che tra l’altro non vale i soldi che costa).  Santa Sapienza: tutto questo mal si addice alla storia di arte e religione che si è svolta sotto la tua gigantesca cupola.  E tuttavia, conservi ancora il tuo fascino: altrimenti, che ci farebbero qui persino due bonzi cinesi, intenti a scattarsi foto a vicenda all’ombra delle tue colonne? Un gatto,neanche a dirlo, si è accoccolato là dove c’era l’altare. Sono tentata di seguire il suo esempio: ma c’è molto altro da vedere.

La moschea Blu è stupenda, ma non riesce davvero a conquistarmi, nonostante  il turchese acceso delle sue maioliche. Il bello viene ancora una volta nelle cose fatte per caso, come ad esempio, decidere all’ultimo di prendere il tram e raggiungere la Moschea di Solimano. Immaginate un’oasi  verde, dove bambini e turisti, fedeli e viaggiatori possono riposarsi all’ombra di alberi dalla corteccia spessa e massiccia. Assaporate il bisbigliare del vento, la voce della natura, di questa o quella divinità, o forse di questa semplice esistenza fatta di materia. La moschea è fatta di mura chiare come l’estate. Non si può davvero entrare, solo rimanere sulla soglia, il velo sui capelli e le scarpe in mano. E quel velo, per una volta, mi fa piacere indossarlo: isolata, protetta dal mondo, mi siedo e ascolto la litania di una preghiera che non posso comprendere. Il mio sguardo  si sofferma sulle luci e sulle maioliche, mentre la mente vaga fino a Solimano,il più grande sultano ottomano, e alla sua sposa preferita, Rosselana,sepolti proprio nel mausoleo lì Donne musulmane si recano alla moschea di Solimano, a Istanbulaccanto. C’è anche la tomba dell’architetto, Mimar Sinan: volle farsi seppellire qui, perchè sapeva che questo era il lavoro per cui sarebbe stato ricordato..  Esco, mi tolgo il velo e mi siedo sotto un albero a riposare ed osservare. C’è chi scatta foto, io respiro: il sole sta per tramontare e aspetto l’arrivo della sera, calda e avvolgente come una pashmina di seta.

3 Comments

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  1. Toto

    Chi è stato in Turchia sente nelle tue calde ed amorevoli parole il profumo delle spezie, il colore dello zafferano rosso ti avvolge, il the alla mela ti accarezza il palato e una boccata di narghilè riempie i tuoi polmoni di un calmo e soffice momento di benessere. Chi è stato in Turchia sa che deve tornarci, chi non è ancora andato non può nemmeno immaginare l’emozione che si prova nel sentire il richiamo del muezzin all’alba, quando ancora, stanchi dalla notte precedente, si ricorda di essere tra le meraviglie della Cappadocia, quando assonati e spiazzati, tra le lenzuola umide, si sorseggia un caffè turco aprendo la finestra e vedendo alzarsi al cielo le mongolfiere.

    • Fabio

      Bella e poetica descrizione , che però denota forse una mitizzazione eccessiva di una città che a tratti sembra un circo per turisti (almeno il centro, sono appena tonato da Istanbul dove ho trascorso 5 fantastici giorni)…sincermanete il canto del muezzin può essere affascinante il primo giorno..ma dopo diventa più una litania fastidiosa che ti sveglia alle 5 del mattino piuttosto che un “dolce” echeggiare di incantesimi orientali….sicuramente fantastici ed esotici i quartieri di Fatih, Balat e Fener, forse la vera anima di Istanbul…nella loro bellezza e fatiscenza allo stesso tempo….Comunque, a parte tutto, città meravigliosa
      ….

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