Meglio salvare uno Stato o un fondo di investimento?


In questi giorni la notizia del raggiunto accordo sulla ristrutturazione del debito greco sembra aver rassicurato la comunità degli investitori, oltre ad aver portato una ventata di ottimismo all’interno dell’Eurosistema. In breve, il debito greco detenuto dagli investitori privati (quali fondi di investimento e banche) subirà un “haircut” del 53% circa, mentre il restante 46 % verrà sostituito in parte da obbligazioni a più lunga scadenza ed in parte da titoli garantiti dall’Efsf.

Inoltre, nella giornata di ieri il parlamento greco ha approvato un disegno di legge che prevede l’adesione forzata di tutti i creditori al succitato piano, qualora vi aderisca almeno il 66,6% degli stessi. Considerati poi 130 miliardi aggiuntivi di aiuti promessi dalla comunità internazionale, pare possibile affermare che la Grecia inizi a vedere la luce in fondo al tunnel.

 

L’intervento della UE non è mai stato, ad ogni modo, scontato: già dal 1992, quando col trattato di Maastricht si fissarono le basi dell’unione monetaria, i paesi economicamente più solidi misero in chiaro quali parametri di convergenza fosse necessario rispettare; inoltre imposero una “no bail-out clause” secondo la quale un paese appartenente della CE non può porsi come garante del debito di un altro stato membro.

Gli eventi di questi anni, tuttavia, hanno evidentemente spinto gli stati e le banche centrali dell’Eurosistema a rivedere le proprie posizioni in merito: persino la Germania, sebbene con riluttanza, ha infine aderito al piano di salvataggio.

 

Il rischio di contagio che potrebbe conseguire ad un’insolvenza greca è probabilmente molto più marcato oggi rispetto a 20 anni fa, anche in conseguenza dell’ingente mole di titoli derivati in circolazione (fra cui i “credit default swaps” che nel 2009 hanno condotto AIG alla bancarotta). Una recente ricerca della Banca Olandese ha evidenziato gli effetti delle varie notizie che in questi mesi sono circolate riguardo alla crisi greca: essenzialmente, le oscillazioni nel prezzo delle obbligazioni greche ad esse conseguenti hanno provocato dissesti più o meno marcati nei bilanci di molte banche europee (si veda ad esempio il caso Dexia), oltre che una diminuzione nel valore delle garanzie statali greche (prestate dallo stato ellenico alle bance nazionali) ed un aumento nel prezzo dei Cds. Abbiamo poi avuto modo di notare come le voci di una possibile insolvenza greca abbiano influito negativamente sulla domanda (e quindi sul rendimento) di titoli di stato dei paesi europei maggiormente indebitati.

 

In considerazione di tali effetti, cosa può aver spinto i paesi della UE ad apporre la “no bail-out clause” al trattato di Maastricht? Posticipare tali aiuti, in questo caso, ha molto probabilmente ampliato il costo del salvataggio, per effetto dell’aumento del rendimento dei titoli greci e di conseguenza del debito stesso. Inoltre, di fronte ad istituzioni cosiddette “too big to fail”, molto spesso stati e banche centrali sembrano porsi meno dubbi ed orientarsi immediatamente all’intervento finanziario.

 

Consideriamo ad esempio il piano di salvataggio che nel 1998 venne approntato dalla Federal Reserve per Long Term Capital Manager, fondo speculativo gestito da un’equipe di “guru” della finanza, fra cui due premi nobel per l’economia, che aveva accumulato svariati miliardi di dollari di perdite.

In tal caso pare evidente come la necessità di preservare la stabilità del sistema abbia prevalso su quella della riduzione degli incentivi al rischio.

 

Forse anche nel caso della Grecia ci troviamo di fronte alla necessità di applicare una logica simile? Ed in tal caso, non sarebbe stato più corretto e meno costoso intervenire qualche mese fa?

La risposta può essere cercata nel fatto che il salvataggio di uno stato sovrano può essere molto più complesso di quello di una banca; in particolare, considerando la disastrata situazione delle finanze pubbliche greche, a causa di un bilancio statale insostenibile per chiunque nel lungo termine, l’attuazione di una serie di riforme era assolutamente necessaria, per poter avere garanzia che gli aiuti destinati al paese ellenico avrebbero favorito lo sviluppo di una situazione sostenibile nel lungo periodo. Ad oggi, la speranza è che, grazie alle manovre “lacrime e sangue” (che del resto anche noi conosciamo bene) varate finora ed agli accordi internazionali raggiunti, tale sostenibilità sia più vicina.

12 Comments

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  1. Francesco Minotti

    Ciao Leonardo, il tuo è un articolo sicuramente ben scritto. Detto ciò, ti spiego come la vedo io.

    La Grecia fallirà. Tutti quelli che contano lo sanno da tempo. Le banche tedesche e non solo hanno già analizzato le conseguenze (come hai riportato) e stanno pensando alle contromisure.
    Il piano di salvataggio è una farsa che ha due sole conseguenze, entrambe praticamente già verificatesi.
    La prima è la perdita di sovranità del popolo greco, che si è concretizzata con la salita al potere di un tecnico NON eletto dal popolo e che sta di fatto facendo gli interessi solo degli speculatori, che invece si stanno arricchendo in questa fase. Basta pensare che l’avvocato difensore del governo greco, in teoria del popolo greco, è lo stesso avvocato difensore dei creditori greci, e si chiama Cleary Gottlieb Steen & Hamilton di New York; inoltre il consulente finanziario del governo greco, in teoria del popolo greco, è lo stesso consulente finanziario dei creditori greci e si chiama Lazard, sempre New York: un conflitto d’interessi che farebbe impallidire anche B.
    La seconda conseguenza è la distruzione dell’economia interna al paese, ossia di quelle aziende che non mirano alle esportazioni ma che producono in Grecia (dando lavoro ai greci) per il mercato greco (ossia vendendo le merci agli stessi greci). Questo è dovuto proprio alle dissennate politiche economiche promosse dalla cosiddetta troika (FMI, BCE, CE) che non fanno altro che provocare la cosiddetta “spirale di deflazione indotta” le cui conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: basta pensare alla sempre più profonda recessione in cui Atene si sta inabissando. Come si possa prevedere l’uscita dal tunnel con una crescita del -6,8% nel 2011 e previsioni (che, come sempre, peggioreranno)dell’ordine del -5% nel 2012, per me è un mistero. La cosa veramente vergognosa è che a rimetterci sono solamente gli incolpevoli cittadini greci, ormai ridotti alla fame. Fra l’altro, ciò che sta accadendo in Grecia, rispecchia il sistema ricattatorio che l’FMI e i suoi amiconi utilizzano per tenere sotto scacco i paesi del terzo mondo, schiavizzati in perpetuo dalle multinazionali… ma questo è un altro discorso.

    Si dirà: era inevitabile; e anche: se lo sono meritati quei maledetti, avendo truccato i bilanci e avendo speso come dei dissennati!
    Su questo ho da dire due cose:
    1) chi pensa cose del genere secondo me è una persona senza cuore, anche perchè è impressionante osservare la sproporzione che si è creata fra le presunte cause (un debito pubblico sì alto rispetto al PIL, ma infimo in valore assoluto rispetto a quello di altri paesi) e le conseguenze (per l’appunto, gente che letteralmente muore di fame) della crisi: questi economisti (sempre neoliberisti) che guidano le decisioni europee sono proprio bravi!!
    2) Tutto ciò è falso! Studi approfonditi di economisti indipendenti dal corrotto sistema neoliberista oggi dominante, hanno scritto diversi articoli sul fatto che la Grecia non si è affatto comportata da spendacciona: questa è una sacrosanta balla amplificata dai media conniventi (tutti, nessuno escluso). In questo articolo “http://www.levyinstitute.org/pubs/ppb_113.pdf”, che è del 2010 (!!), è presente un’ottima analisi al riguardo, la cui validità è dimostrata dal fatto di riuscire a prevedere esattamente tutto ciò che succederà poi, nel corso degli anni successivi alla pubblicazione.

    A questo punto, dopo essermi reso ridicolo agli occhi di coloro che ancora credono alle favole che circolano oggigiorno, mi appresto a concludere.
    E concludo col botto!!
    Ti posso assicurare, e non sto scherzando, che al massimo fra 2 anni da oggi l’Italia sarà nelle stesse condizioni in cui la Grecia si ritrova ora. Il primo passo è già stato fatto: sostituire il premier democraticamente eletto (sia chiaro, io odiavo Berlusconi) con un tecnico (ex Goldman Sachs, Commissione Trilaterale etc.) che farà tutto ciò che FMI&Co gli ordineranno. Inoltre voglio sottolineare il fatto che la mia valutazione non nasce da mere impressioni unite a pessimismo e autolesionismo di bassa lega. Mi sono invece documentato più che a sufficienza sull’odierna situazione europea e ho cominciato a studiare modelli economici alternativi le cui interpretazioni non lasciano scampo. Purtroppo certe cose ormai non si insegnano più neppure alla Bocconi (scusa la battuta, ma è la realtà), sono anzi coperte da una cortina di silenzio impressionante. Infine, non è molto noto, ma anche l’Italia ha a suo tempo truccato i conti: “http://www.repubblica.it/economia/2010/02/15/news/rampini_grecia-2302829/”. Per cui non ci sarà da stupirsi se poi, nel mezzo del baratro, neppure noi avremo la solidarietà dei popoli delle altre nazioni, che ci additeranno a nostra volta come spendaccioni e bari. Purtroppo la verità giace altrove…

    PS: siccome mi interessa molto un confronto diretto con uno studente di economia, come potresti essere tu, che a “scuola” apprende tutti (e soli) i precetti neoliberisti che io disapprovo profondamente, se sei stato minimamente stimolato da ciò che ho scritto, tieni presente che io sono disponibilissimo (tempo libero permettendo) a parlarne, anche in privato. (così la smetto di intasare lo spazio dei commenti di questo sito, lol) Ciao e buon proseguimento (ti saluta anche mio fratello Stefano).

  2. Nicola

    salve a tutti, innanzi tutto ci terrei a fare i complimenti per l’articolo che sicuramente è un ottimo pezzo. per quanto concerne l’analisi del commento precedente il mio, mi piacerebbe fornire un punto di vista differente, che non ha certo la presunzione di razionalizzare la contorta vicenda greca ma può comunque fornire una prospettiva meno ”catastrofista” rispetto a quella emersa. La vicenda degli aiuti alla grecia può essere letta come una gigantesca partita di giro tra l’Efsf e il sistema bancario europeo. In estrema sintesi l’esposizione del sistema bancario europeo rispetto al debito greco, nell’ipotesi di una massiccia rinegoziazione del debito ellenico e di un ritorno alla drancma, renderebbe necessario l’intevento del efsf per salvare non un paese sovrano ma le banche private che a quel punto dovrebbero essere per forza nazionalizzate. Strada assolutamente impercorribile per problemi di governance sia dell’unione che degli istituti creditizi stessi. Per questo si forniscono i fondi alla grecia per ristrutturare e in parte alleggerire la propria esposizione col sistema creditizio europeo salvo poi, messe in sicurezza le nostre banche, lasciarla andare per la propria strada. certo il futuro prossimo della grecia sarà non meno drammatico fuori dall’euro e del commissatiamento della ”malvagia troika”. sarà una via dolorosa comunque lastricata da ”macelleria sociale” compiuta dalla dinamica inflattiva e della svalutazione della nuova moneta piuttosto che dalle istituzioni…con buona pace di chi oggi ad atene fa della guerriglia urbana e domani non saprà con chi prendersela visto che il mercato non legifera da nessun palazzo.

  3. Leonardo Nini

    Innanzitutto volevo ringraziarvi per gli apprezzamenti, in fondo come articolo non é molto approfondito! Vedo peró che potrebbe dar luogo ad un dibattito interessante..

    Detto questo, ammetto che la mia visione e comunque leggermente piú pessimistica di quanto non possa trasferire dall’articolo, senza però arrivare ai catastrofismo espresso da Francesco, del quale posso ad ogni modo intuire le ragioni.
    Innanzitutto,bisogna dire che nelle scorse settimane sia le banche tedesche che quelle americane hanno fatto simulazioni non solo di un eventuale fallimento greco, ma anche della dissoluzione dell’euro. La questione dei legali é molto interessante, ma io vedo comunque di buon occhio il fatto che invece che una mera ristrutturazione (intesa come rinvio dei pagamenti) i creditori privati si siano accordati anche per una diminuzione dell’importo del debito stesso.

    Chiaramenfe la recessione che la Grecia ha ormai imboccato rende estremamente improbabile una ripresa anche nel medio termine; non dobbiamo peró dimenticare come essa si inserisca in un difficile contesto europeo, nel quale non solo la contrazione del PIL é ormai generalizzata, ma la mancanza di una politica fiscale congiunta (nonostante i vari accordi che si vanno formulando in questo periodo) sta rendendo la vita estremamente difficile ai paesi più fragili, prede di attacchi speculativi, o anche solo della mancanza di fiducia degli investitori. Anche qui, é bene ricordare come nei primi anni di vita dell’euro i paesi dell’Europa mediterranea abbiano beneficiato di un costo del debito piú basso di quello a cui si sarebbero potuti finanziare in assenza della moneta unica. (cosí come ad esempio la Germania ha potuto esportare maggiormente in assenza della rivalutazione della sua moneta rispetto alle altre europee: anche quest’ultima é una parziale spiegazione dello squilibrio delle partite correnti fra pesi del nord e del sud Europa)

    Riguardo alla situazione italiana, non metto in dubbio che le azioni di alcune potenti banche di investimento (ad esempio giochi al ribasso con ingenti volumi di titoli di stato) potrebbero in poco tempo riportare il costo del debito a livelli insostenibili, tuttavia le vicende di queste ultime settimane sembrano parlarci di un’emergenza rientrata, con il rendimento dei titoli statali tornato a livelli accettabili; in particolare, al di là del solito discorso dello spread, il rendimento dei BoT e degli altri titoli a breve termine, che aveva raggiunto livelli inaccettabili, é calato bruscamente.
    Inoltre, come dicevo, il fatto che si sia deciso di violare la no bali out clause e di accettare un hai un sul debito ellenico puó essere un segno di solidarietà internazionale.

    Ad ogni modo, bisogna valutare anche il gioco dellew agenzie di rating che paiono essere molto piú intransigenti con gli stati sovrani di quanto non fossero riguardo a certe istituzioni, quali Lehman BRothers alla vigilia del fallimento.

    Tornando al discorso delle grandi banche, che indubbiamente troppo spesso ricevono trattamenti di favore poiché giudicate “essenziali” per il sistema (anche se in questi giorni vediamo come non stiano utilizzando in modo opportuno i soldi messi a disposizione a basso costo dalla BCE), volevo ricordare che al momento (finché non avranno in qualche modo smaltito i titoli greci) proprio per preservare queste ultime un’insolvenza greca converrebbe molto poco anche alla “troika”.

    Ad ogni modo, i dubbi sollevati da Francesco sono legittimi ed io stesso non riesco ad accettare acriticamente ció che studio o che leggo sui giornali. Anche a me interesserebbe approfondire queste discussioni, in particolare i modelli economici alternativi che citavi. Spero in futuro troveremo qualche occasione!

  4. Francesco Minotti

    E’ già due volte che provo a postare un commento… non capisco il perchè non compaia!

    Vabbè, riprovo per la terza volta… speriamo bene.

  5. Francesco Minotti

    No, è inutile, sparisce nel nulla. Adesso proverò a suddividerlo in più pezzi: magari il problema è la lunghezza (anche se in realtà ne ho postati di più lunghi… vabbè).

  6. Francesco Minotti

    Vi ringrazio dell’attenzione: grazie Leonardo, grazie Nicola (Dellapasqua, giusto? Ciao!).

    Cercherò di rispondere sinteticamente ad entrambi i commenti in un colpo solo.

    Per fare ciò, calo la maschera e chiedo, in particolare a Leonardo, se ti è mai capitato di sentir parlare di teorie economiche monetariste di stampo post-keynesiano.
    Fra queste, ultimamente ho cominciato ad interessarmi alla cosiddetta “Modern Monetary Theory” (abbreviato in MMT), che è proprio quella di cui si è discusso durante la conferenza di Rimini lo scorso weekend (vedi l’articolo del Fatto Q. che ho postato in precedenza). Personalmente, più mi addentro in questa teoria, più la trovo interessante. Ciò che è certo è che si presenta fin da subito con un’autorevolezza infinitamente superiore rispetto ad altre teorie da internettiani, come la purtroppo famosa “decrescita felice”, che ben poco hanno di realistico.
    Questa autorevolezza è data in primis dalla caratura internazionale degli economisti che l’hanno sviluppata nel corso degli scorsi (se non sbaglio) vent’anni. Inoltre, è già stata sperimentata nel mondo reale, in Argentina. Dopo aver deciso di opporsi ai ricatti degli organismi internazionali e aver finalmente dichiarato default, infatti, l’Argentina ha adottato una rielaborazione della MMT come propria politica economica: ebbene, dopo un periodo di transizione e di sofferenza (inevitabile per come era stato ridotto il paese), l’Argentina ha cominciato a crescere con un tasso che ha sfiorato varie volte il 10% annuo, seconda solo alla Cina. Con ciò non pretendo di affermare una qualche superiorità di questa teoria rispetto ad altre, ma solo di provare come essa possa realmente essere messa in pratica (che non è poco!).

  7. Francesco Minotti

    Giusto per dare una panoramica, storicamente tutto nasce da un’analisi del funzionamento del denaro nella società moderna. Già solamente con questo approccio ci si accorge che alcune delle idee propugnate dal neoliberismo sono in realtà poco più che miti e leggende del tutto arbitrarie. Rendermi conto di queste cose è stato, almeno per me, sconvolgente (sottolineo però che io non ho mai studiato economia, mi sono sempre limitato, in precedenza, ad acquisire informazioni dai media tradizionali, ahimè). Comunque, solo dopo aver effettuato questa accurata analisi di tipo macroeconomico, questi economisti sono passati all’elaborazione di una vera e propria teoria.

  8. Francesco Minotti

    [(Parentesi: sono giunto alla conclusione che il problema dei commenti è dovuto ad un indirizzo web che non mi viene accettato… e non so il perchè. Ho dovuto quindi usare uno stratagemma, come vedrete.)]

    Se può interessarvi, il sito sul quale ho cominciato a documentarmi lo potete trovare nel seguente modo: cercate su google “new economic perspectives”; il sito giusto è il primo, quello che ha come dominio “.org”
    La fonte è diretta, senza intermediari, in quanto sono proprio gli economisti della MMT che pubblicano i post di questo sito. Inoltre è presente una sezione chiamata “Modern Money Primer” che è dedicata proprio alla spiegazione, a partire dalle basi, della suddetta teoria. Spero possa essere utile (sono poi sempre disponibile per discussioni, chiarimenti, etc.).

  9. Francesco Minotti

    Ma veniamo alle cose serie.
    Ciò che ho sostenuto nel mio precedente commento nasce dalla seguente convinzione: è proprio l’austerity a causare la contrazione dell’economia, e quindi la recessione sempre più profonda della Grecia.
    Questa convinzione, che a mio modesto parere dovrebbe essere plausibile anche per un economista classico, è supportata dall’impianto della MMT, che la giustifica sia dal punto di vista puramente teorico, con ragionamenti di tipo macroeconomico, sia dal punto di vista storico, ossia analizzando l’andamento delle economie di vari paesi (in particolare degli Stati Uniti), a partire, se non sbaglio, dalla seconda metà del XIX secolo.
    Stabilita questa correlazione, “you’re on the way home!”, come direbbe un matematico.
    Infatti, il peggioramento della situazione greca risulta essere, secondo questa interpretazione, conseguenza diretta della cura somministratale, e non per oscure ragioni ma proprio per una relazione di causa-effetto.
    Allo stesso modo, l’Italia e gli altri paesi europei, seguendo le medesime istanze promosse dalla troika, si avvieranno verso lo stesso drammatico epilogo. E’ solo questione di tempo.
    D’altronde, se non sbaglio, le rilevazioni indicano che l’Italia ha già intrapreso la via della recessione. E con il Fiscal Compact che entrerà in vigore il prossimo anno, la situazione peggiorerà esponenzialmente.

    Concludo con una riflessione.
    Come si è capito dal mio precedente commento, ho una opinione molto negativa degli organismi internazionali come FMI, Banca Mondiale, etc.
    Ritengo infatti che siano le politiche neoliberiste che essi promuovono ad aver di fatto schiavizzato i paesi del terzo mondo. Basta vedere a che livelli di miseria si è giunti, per esempio, in Lettonia e in Iraq (a seguito dell’ultimo conflitto), paesi dove le politiche nazionali si sono totalmente genuflesse alle istanze del libero mercato. Chiaramente è più complicato di così, nel senso che di mezzo c’è anche la politica espansionistica degli USA (in Iraq) e gli interessi della finanza e delle multinazionali (in Lettonia).
    Ma d’altronde, questi misteriosi organismi sovranazionali di cui non sappiamo nulla, di cui i mezzi d’informazione non parlano mai, i cui componenti non sono eletti da nessuno di noi, di chi crediamo che facciano gli interessi?

    Perciò, non so se i cittadini greci sapranno con chi prendersela una volta superato il presente segmento storico: sono consapevole che dopo il fallimento la vita sarà comunque durissima per diverso tempo.
    Questo però è dovuto al fatto che l’economia reale (imprese, industrie…) è ormai distrutta irrimediabilmente, situazione creatasi proprio perchè si è deciso di seguire la politica europea, rifiutandosi di intraprendere, a suo tempo, l’unica via d’uscita plausibile: uscire dall’Euro prima che i dettami europei sortissero questo disastroso effetto sull’economia reale.
    Se l’Italia farà le stesse scelte della Grecia, il destino è segnato: e purtroppo il genere umano è famoso per non riuscire ad imparare dai propri errori.

    Saluti vivissimi ad entrambi!
    (e scusate la grottesca modalità con cui ho dovuto postare questo commento, che doveva essere unico!)

  10. Leonardo Nini

    Ti ringrazio di nuovo per la volontà e la pazienza che hai avuto nell’esprimere in modo così chiaro ed esauriente il tuo punto di vista.

    Ribadisco inoltre la legittimità delle tue perplessità riguardo al ruolo ed alle effetive intenzione di organismi internazionali i cui esponenti, proprio per essere immuni dalle nefesta influenze della politica, non vengono eletti dai cittadini. Il loro compito dovrebbe essere quello di perseguire determinati obiettivi di medio-lungo termine, ma non sempre la strategia appare limpida: basta osservare il comportamento tenuto dalla Fed e dalle altre autorità americane nei primi anni del nuovo millennio riguardo alla regolamentazione del mercato mobiliare.

    Ripeto però che l’uscita dall’euro potrebbe non essere l’unica strada percorribile, e che dietro la recessione e la profonda crisi dell’economia reale si celano svariate cause.
    Riguardo alle critiche all’austerità, ad esempio, non possiamo dimenticare come le eccessive spese dello stato (in particolare in italia) spesso siano causate da sprechi e disfunzioni, dal peso eccessivo della burocrazia o dalla mancanza di efficienza delle aziende pubbliche. Se tagliare indiscriminatamente la spesa pubblica può avere il solo effetto di peggiorare la vita dei cittadini, è indubbio che le spesso citate “spending review” siano essenziali, perlomeno per evitare di sprecare il denaro dei contribuenti.
    I problemi potrebbero poi essere nella distribuzione della tassazione (aliquote troppo basse sulle rendite da capitale rispetto a quelle sul reddito, base imponibile più bassa per effetto di mancate dichiarazioni dei redditi) e nelle aconra troppo forti pressioni che certi gruppi di potere riescono ad esercitare sulla politica.

    Queste analisi superficiali andrebbero comunque approfondite molto, non dimendicando la finalità di equità che il sistema dovrebbe perseguire, a livello italiano ancor prima che europeo. Non è detto però che l’Italia ad oggi potrebbe cavarsela meglio da sola che all’interno di un’unione monetaria.

    Di nuovo grazie per i commenti e vivissimi saluti!

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