Spazio ai giovani: Verdena e poi…


Penso che oramai abbiate capito che per me musica e poesia non sono due discipline separate, ma corrono parallele e ci permettono di entrare nella metafisica, in un universo fatto di intuizioni e percezioni che vanno oltre all’esperienza sensoriale. Si fondono meravigliosamente fino a che non riusciamo nemmeno più a distinguerne i confini (non a caso nella mia top ten dei migliori poeti di ogni epoca il settimo posto è occupato da Fabrizio De André).

Quindi oggi si parla di musica.

E di poesia.

Ma, differentemente rispetto a quello che probabilmente state pensando, non analizzerò testi di Faber, né mi addentrerò fra i meravigliosi versi di Guccini, né nella polemica di Ivan Graziani, neppure nelle fiabesche trame di Branduardi e compagnia bella. Artisti di questo calibro e fama non hanno bisogno di spiegazioni, introduzioni, parole superflue. Bastano quelle delle loro poesie/canzoni. Oggi voglio trattare in particolare di tre gruppi, i quali, in modi diversi, sono riusciti ad accaparrarsi un posto negli i-pod e nei cuori di centinaia di migliaia di giovani (e non solo). Le caratteristiche che più o meno elevano queste band dall’oceano discografico e che le accomunano (oltre al fatto di essere -eccetto in poche occasioni- tutti terzetti) sono la sensibilità, lo spessore, l’immediatezza dei testi e degli argomenti trattati, l’ampio uso di figure retoriche, il tormento spesso e volentieri sfogato nelle musiche e nelle parole. Stiamo parlando dei Verdena, dei Baustelle e dei T.A.R.M. (Tre Allegri Ragazzi Morti). Soprattutto questi ultimi hanno compiuto una scelta non facile, che alcuni hanno definito “contro produttiva”: non utilizzare la loro immagine ad uso e consumo dei media, celando i loro volti  con maschere, anche durante i live, e con i lavori del leader Toffolo, disegnatore e fumettista. Per quanto riguarda i Verdena, si sono subito guadagnati il nomignolo “Nirvana italiani” (e nell’ultimo periodo sto avendo seri dubbi se questo titolo non sia forse troppo restrittivo). I Baustelle, invece, in un primo momento (a causa degli argomenti “strani” affrontati nei loro brani) non godettero dell’appoggio del pubblico, poiché la loro ispirazione più e più volte è giunta dai grandi della letteratura, distaccandosi dalla visione commerciale della musica.

Ho sottoposto moltissime persone (anche ultracinquantenni) all’ascolto di alcuni loro album: non è un caso, secondo me, se nemmeno una è rimasta impassibile dinanzi ad una poesia di così alto livello.

Enjoy!

 

 

Il suicidio del samurai (Verdena)

 

Questa è una goccia che evapora da sé

Questa gioia che ci illude avrà cura di noi

Affondo in Nora, affondo in Nora

Certo è che è la fine

La so distinguere

Più di ogni tua rinuncia che sa di polvere

Affondo in Nora, affondo in Nora.

 

 

Canzone Ostinata (Verdena)

 

Oh mio Dio
il mondo mi assopiva
poi ho trovato lei
Ne uscirò, ne uscirò

Ora c’è e parlerò di noi
come se fossimo ancora insieme

E’ fantastico ma è vero
ed io non so se tornerai, clorofilla
sui miei guai

Autobus, riportami vicino
a dove respira lei,
ne uscirò, ne uscirò

Sai quanto vale insistere tra noi,
come se fossimo ancora insieme.

 

Il Corvo Joe (Baustelle)

 

[…]Io sono il corvo Joe
faccio paura
state attenti lasciatemi stare
solo certi poeti del male mi sanno cantare!
Ma vi perdono
perchè in fondo portate nel cuore
sangue che è destinato a seccare vivete a morire

 

 

 

 

 

So che presto finirà (T.A.R.M.)

 

 

So che presto finirà

che potrai portarmi i fiori

Per la mia poca verità

la natura che mi manca

per la grazia che non ho

la volontà che mi manca

per la mia poca fantasia

per la mia poca libertà

per l’armonia che non ho

per la natura che mi manca

Di che cosa mi stai parlando?

di che cosa mi parli ancora?

è una vita danneggiata

la vita che facciamo ora

e non è il destino,

sei tu il tuo nemico

accendiamo una festa

e facciamo una festa

che non c’è lavoro,

che non c’è fatica

e non c’è lavoro

e non c’è fatica che

trova ragione fuori da sé

 

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