Joanna Newsom e Josh T. Pearson a Ferrara


Ultima data del Ferrara sotto le Stelle 2011.

La fine di un’avventura libera qualcosa nell’aria.
È ciò che non sai definire, ma ti manca. Proprio perché è svanito col termine del percorso.

La sedicesima edizione del Ferrara sotto le Stelle è arrivata a conclusione, e si sta liberando qualcosa nell’aria. Ma incontra il soffitto del Teatro Comunale come ostacolo, quindi rimane in sala a impreziosire l’atmosfera.
Il cortile del castello estense ha dovuto cedere il passo al teatro, ed è proprio un peccato che il cielo minaccioso abbia coperto tutte le stelle: ricordo un meraviglioso Scott Matthew incantare il pubblico raccolto tra le protettive mura del castello. E il fatto che sia dietro le quinte mi fa rimpiangere il cortile ancora di più.

Foto di Luca Gavagna – www.leimmagini.it

Con una semplicità disarmante, Josh T. Pearson fa il suo ingresso sul palco. Porta con sé solamente la chitarra acustica e il suo talento. È un’essenzialità che lo rende nudo, se non fosse per la lunga barba dietro la quale sembra nascondersi.
Il modo straordinario di muovere le dita sulle corde della sua chitarra riesce a zittire un pubblico a tratti rumoroso. Come sotto l’effetto di un incantesimo, nel quale sembra cadere anche lui, dentro la sua stessa musica. E i momenti in cui succede sono i più alti del concerto.

Ci si fa cullare dalla note come si fa con le onde del mare. Ha una voce confortante, benchè parli di drammi, errori per cui chiedere scusa. Ma il “country gentlemandà il meglio nelle parti strumentali, rigorosamente senza plettro.
L’unico modo per tornare alla realtà sono le sue battute di spirito, perché nemmeno il
tributo a Boney M. in chiusura riesce a interrompere il sogno.

L’uomo dei boschi torna a rifugiarsi tra le sequoie, mentre un elfo grazioso fa la sua apparizione, come per magia.

Joanna Newsom si accomoda sullo sgabello abbracciando la sua arpa, e suona ‘81 tra il silenzio e la meraviglia generali. Ma con un po’ di attenzione, si riesce a intravedere Josh che segue il concerto da un lato del palco. Allora non ha mai abbandonato la scena, in realtà.

Foto di Luca Gavagna – www.leimmagini.it

Dopo il primo pezzo da sola, Joanna viene raggiunta dalla band – violinista, chitarrista e batterista – e lo show prosegue a livelli sempre più alti. Qualsiasi intervento da parte di uno dei musicisti arricchisce in maniera fondamentale e mai eccessiva l’archittettura arpistica.
La giovane si sposta con naturalezza e leggiadria tra arpa e pianoforte, senza scomporsi mai, muovendosi dai numerosi pezzi dell’ultimo disco ai lavori passati.
L’ossigeno si sta combinando con la maestria.

Joanna ha una voce così particolare che la risata di un bebè in sala le fa perfettamente da coro.
Quei due bambini che stanno dormendo sulle poltroncine della platea sono fortunati ad avere questo spettacolo come sottofondo musicale ai loro viaggi onirici. Calvalcare queste note può portarli in foreste sconosciute e luoghi fatati, per conoscere creature magiche e avverare desideri mai avuti prima.

Per i pochi adulti che stanno sentendo la palpebra pesante, il concerto purtoppo è una ninna nanna. La parte sporgente del palchetto tappezzata di velluto non è comoda quanto un cuscino.

Il concerto si conclude col “manifesto” Peach Plum Pear prima, e Colleen poi.

Il cielo cupo fuori dal teatro ci inumidsce i capelli per farci capire che la fine dell’avventura non rallegra neppure lui.
Il sole caldo del giorno successivo ci dà appuntamento al prossimo anno, sorridendo.

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